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Francesco Specchia per “Libero quotidiano”
Il sapore dell' infanzia perduta. In «Quarto potere» di Orson Welles lo snodo della trama, la chiave di tutto, era uno slittino con sovrimpressa la scritta usurata "Rosebud", abbandonato in un vasto e polveroso magazzino. Rappresentava l' infanzia perduta del protagonista. Ecco.
L' immagine finale dello slittino di Welles - con tanto di metafora infantile appiccicata- è quella che ora ci evoca la fotografia delle decine di banchi arancioni, nuovi di pacca, abbandonati in una scuola di Molfetta, in Puglia, che rappresentano l' efficienza perduta del governo (se mai ci fosse stata). Ma non è solo quello.
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Certamente, dal punto di vista mediatico, ha gioco facile Matteo Salvini, ora, a twittare la suddetta fotografia glossata dall' ennesima denuncia di spreco di quattrini. «Altri banchi a rotelle in arrivo», scrive il leader leghista, a commento «ma studenti in didattica a distanza.
DOMENICO ARCURI CON LA MASCHERINA CALATA SOTTO IL NASO
Uno spreco enorme, una montagna di denaro che poteva essere usata per tablet, computer e connessioni internet per le famiglie».
E certamente, non aiuta il fatto che altri 165 striminziti banchi a rotelle «idonei forse per l' asilo» siano arrivati, tempo prima, a Cadoneghe provincia di Padova, in una scuola media e superiore, suscitando l' ironia dialettale degli autoctoni: «No gavevi altri modi par spender i schei?», non si potevano sperperare i soldi altrimenti? E certamente non allieta le istituzioni neppure la notizia che un' altra partita di banchi semoventi sia giunta, tra gli applausi, a Mondovì; ma in una scuola purtroppo chiusa per lockdown.
LUCIA AZZOLINA
E certamente è sconsolante lo spettacolo di turbe di insegnanti di disegno tecnico (in un quarto delle scuole d' Italia) che, accortisi della lunghezza - anzi della cortezza- dei suddetti banchi, si disperano perché non sanno più dove allocare gli studenti armati di squadre, compassi e fogli. E, a chiosa di tutto questo, ci si mette la ministra Azzolina. La quale, in un' intervista a Repubblica, dichiara senza malizia: «No, i banchi nuovi non sono indispensabili. Sono molto migliorativi, però: sono più piccoli, funzionali, moderni. Favoriscono la didattica di gruppo, non frontale.
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Non ci trovi sotto il chewingum di tuo nonno. Arredi nuovi inducono a prendersene cura, come sempre si dovrebbe». Ma è proprio questo, in realtà, il problema: la cura. La cura delle cose e il rispetto delle persone.
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Perché non è più solo colpa della ministra dell' Istruzione, o del commissario all' emergenza Arcuri dai quali abbiamo ancora notizie nebulose su questi prodigiosi banchi-sedia (chi li ha forniti di preciso? È vero che abbiamo speso 247 euro a banco per un appalto che sembra aggirarsi attorno ai 44 milioni di euro? O è molto meno, o molto di più?).
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No, in fondo, non è più colpa loro. Non è colpa neanche di Conte. No. A meritare il J' accuse non sono soltanto la politica fuori tempo, le promesse non mantenute, o i 450mila banchi sulle ruote usati, nel migliore dei casi come go kart nelle gare di classe che adolescenti idioti filmano e postano su YouTube.
Qui, vale per i banchi lo stesso discorso dei vaccini antinfluenzali mai arrivati che alcuni ospedali lombardi, di straforo e senza clamori, sono costretti ad acquistare in Svizzera magari affittando ambulanze al posto degli spalloni.
Vale il discorso dei medici e degli infermieri che latitano; delle derrate di mascherine non funzionanti e comprate inutilmente; dei ristori di ogni tipo che non arrivano e non si sa come arriveranno, a detta degli stessi tecnici del bilancio del Senato.
LUCIA AZZOLINA
Qui la colpa è di noi tutti che ci siamo assuefatti all' approssimazione, alla dittatura della burocrazia, all' inedia di chi ci governa (che noi abbiamo democraticamente eletto), alla vaga protesta di piazza che termina in un sospiro o, al massimo nella telefonata al politico amico che possa risolverci il problema. La questione non è più politica, è filosofica.
Quei banchi di Molfetta non hanno bisogno di commenti. Sono davvero l' emblema dell' infanzia e - soprattutto - della nostra dignità perduta
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