ignazio la russa andrea joly

LA RETROMARCIA (SU ROMA) DI IGNAZIO LA RUSSA: “È VERO, A VOLTE SONO INCAUTO. SUL CRONISTA ANDREA JOLY MALMENATO DA CASAPOUND HO DETTO QUEL CHE PENSO, CHE NON FOSSE LI’ PER CASO. E’ STATA UN’AGGRESSIONE BRUTALE E LUI HA FATTO BENISSIMO A NON DICHIARARSI GIORNALISTA” – IL PRESIDENTE DEL SENATO, DOPO IL CASO JOLY, AVEVA DETTO: "I GIORNALISTI EVITINO INCURSIONI" - “PERCHE’ NON MI DICHIARO ANTIFASCISTA? HO FATTO GLI ANNI SETTANTA A MILANO, È QUALCOSA CHE TI SEGNA. MIO PADRE ERA FASCISTA. E C’È ANCHE IL PENSIERO PER I NOSTRI VECCHI MISSINI, GENTE CHE HA LOTTATO CINQUANT’ANNI PER IL PARTITO. IL BUSTO DI MUSSOLINI? NON È PIÙ A CASA MIA. L’HO DATO VIA”

Tommaso Ciriaco per repubblica.it - Estratti

 

la russa

Durante questa chiacchierata spuntano busti scomparsi e busti che invece ancora resistono. È un colloquio informale e itinerante, che inizia alla buvette del Senato e si conclude nello studio del Presidente. «Eccoli, i busti!». Di fronte alla scrivania di Ignazio La Russa c’è quello di Lenin in marmo nero, quello di Traiano e una statuetta di Alcide De Gasperi. Più in là, un cimelio dei Vietcong e un casco dell’esercito cinese. E il busto di Mussolini? «Non è più a casa mia. E comunque, quella storia bisognerebbe saperla tutta...».

 

Torniamo prima alla buvette, 10.30 del mattino (solo più tardi arriveranno le parole durissime di Sergio Mattarella). C’è La Russa che beve un caffè. Presidente, ma come è potuto venirle in mente di dire che il giornalista della Stampa malmenato da CasaPound non si era però dichiarato? «Guardi, prima cosa: è stata un’aggressione brutale, vergognosa, che io stesso ho condannato più volte. Fossi stato lì, avrei reagito per difendere quel giornalista.

andrea joly aggressione

 

Aggiungo: ha fatto benissimo a non dichiararsi giornalista». E ci mancherebbe, avrebbe rischiato di più. «Appunto, lo capisco benissimo. Però io intendevo dire un’altra cosa, e cioè: quell’atto odioso, proprio perché non si è dichiarato, rappresenta un’aggressione non al giornalista - e dunque alla stampa - ma a un cittadino, a un civile».

 

 

IGNAZIO LA RUSSA ALLA CERIMONIA DI CONSEGNA DEL VENTAGLIO

Eppure La Russa conosce benissimo i rischi di sostenere una tesi del genere, di distinguere quando basterebbe condannare. E dunque: perché? «Perché probabilmente non ho esplicitato fino in fondo quello che intendevo, magari quella frase poteva non essere compresa bene.

 

Da anni ho aperto la cerimonia del Ventaglio accettando le domande dei giornalisti. Una novità che ho introdotto io. Arrivo e mi fanno tre domande. La prima è su CasaPound e una foto del 2019. Forse mi sono anche un po’ infastidito. Le altre due, pure. Semmai…». Dica. «Mi ha colpito di non essere stato criticato per il passaggio precedente, quando ho detto: “Non credo che il giornalista fosse lì per caso”». La Russa, cosa sarebbe cambiato? «Nulla, resta un atto odioso, ma semplicemente ho sostenuto quello che penso: che non fosse lì per caso. Perché non dire che era lì per svolgere giustamente il suo lavoro? Questo sono io a non capirlo».

l aggressione al giornalista della stampa andrea joly 4

 

Andiamo oltre, inevitabilmente. Entriamo nel cuore del problema, con gli errori e i rischi e i calcoli e forse anche alcune ingenuità della seconda carica dello Stato. Perché La Russa sa bene, e vale la pena di chiederglielo, che scivoloni così gravi portano molti, anche nel suo mondo, a sostenere: dovesse rivincere la destra le elezioni, potrebbe giocarsi la partita per il prossimo Capo dello Stato , ma così sta sprecando tutto. È così? «È una cosa che non esiste e non è quello a cui miro, assolutamente. C’è una persona a me cara che mi dice spesso: “Perché non sei più cauto?”. Ma io sono così, dico quello che penso. Però, certo, capisco quando me lo dicono, mi interrogo, sono contrastato, a volte penso di sbagliare, poi però mi convinco che ho settantasette anni e davvero preferisco dire ciò che penso».

IGNAZIO LA RUSSA ALLA CERIMONIA DI CONSEGNA DEL VENTAGLIO

 

Eppure, essere presidente del Senato, il primo venuto dal Movimento sociale, imporrebbe il coraggio di chiudere col passato, di dimostrare di esserne capaci. Ad esempio: presidente, perché non volersi dire antifascista. 

 

(...) Ho fatto gli anni Settanta a Milano, è qualcosa che ti segna. Mio padre era fascista. Poi, dopo la guerra, non era certo per la restaurazione, semmai mi diceva: non ascoltate cosa dicono, non era solo ombre.

 

Poi leggo De Felice e penso: forse non era così assurdo quello che mi diceva papà. Ecco, forse questo continua a condizionarmi». Così alla fine la nostalgia torna sempre, come le frasi ambigue. Però, presidente: pensi agli eredi del Pci che non esitano certo a condannare la repressione d’Ungheria e Praga.

LA RUSSA VIGNETTA ELLEKAPPA

 

E comunque in Italia il Pci ha fatto la Resistenza e scritto la Costituzione, c’è un’enorme differenza. «Lei dice che hanno chiuso tutti i conti, io le rispondo: “Sì, ma a loro non puntano continuamente il dito chiedendo: questo lo condanni?”». C’è una enorme differenza, ripetiamo. Hanno fatto nascere la Repubblica e riportato la democrazia.

 

«Certo. E c’è la differenza che hanno vinto la guerra e la destra l’ha persa». Fortunatamente, presidente. «Certo». E allora, perché non dirsi antifascista? «Guardi, c’è anche forse il sentimento, il pensiero per i nostri vecchi missini, gente che ha lottato cinquant’anni per il partito, forse è anche giusto avere un po’ di, come dire, attenzione verso di loro. Forse, dico, non so». Lei ha anche detto che non le piace rispondere come una scimmietta ammaestrata: «È così, incide moltissimo. Però poi penso a quello che mi dice la persona cara, forse c’è anche lì della ragione, non so, ma io sono così».

 

meloni la russa

Torniamo al celebre busto. «Nessuno sa che quella intervista era di due anni prima che diventassi presidente del Senato. Pubblicata senza la storia del busto. Poi vengo eletto e va in onda con le immagini del busto». Ancora, presidente? «No, davvero: l’ho dato via».

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