Estratto dell’articolo di Lorenzo Forni per www.corriere.it
salari
Si è riavviato nelle ultime settimane un dibatto non nuovo, sulle ragioni della stagnazione dei salari reali in Italia. La questione è inequivocabile, specialmente nel confronto con gli altri paesi europei.
Si contrappongono due posizioni: quelli che ritengono che la ragione sia dovuta ad una compressione dei salari nominali resasi necessaria per contenere i costi di produzione e rafforzare la competitività estera del Paese successivamente all’ingresso nell’euro e quindi nell’impossibilità di fare svalutazioni competitive della moneta; e quelli che invece ritengono che la compressione dei salari reali sia il risultato di una bassa crescita della produttività del settore produttivo italiano. [...]
CHRISTINE LAGARDE - BCE - INFLAZIONE
I numeri confermano come le retribuzioni per dipendente siano cresciute poco negli ultimi 26 anni e come si sia registrato un significativo calo nel 2022 e 2023, quando l’inflazione ha rialzato la testa. Inoltre, la dinamica delle retribuzioni reali ricalca quella della produttività, misurata dal valore aggiunto per occupato.
Anche i servizi — che rappresentano circa i tre quarti dell’economia italiana e che sono attività a maggior contenuto di lavoro che si concentrano nella ristorazione, nel turismo e nell’assistenza — hanno avuto una crescita della produttività praticamente nulla, mentre l’industria— che rappresenta circa un quinto dell’economia — ha fatto registrare un progresso intorno al 20%, basso ma non nullo.
INFLAZIONE
Se allora la bassa crescita dei salari reali è da attribuire alla bassa crescita della produttività, che cosa c’è che non torna nel ragionamento in base al quale l’ingresso nell’euro ci ha costretto a contenere i salari nominali per non perdere competitività esterna in una situazione di cambio fisso in cui non si potevano più fare svalutazioni competitive?
La questione è che da quando siamo entrati nell’euro il costo del lavoro in termini nominali per unità di prodotto è cresciuto in linea con l’obiettivo di inflazione della Banca centrale europea, non di meno (circa il 70% negli ultimi 26 anni, il che corrisponde a circa il 2% all’anno). Questo ci dice che i salari nominali unitari sono cresciuti in Italia, oltre la crescita della produttività, più o meno per coprire l’inflazione. Quindi non c’è stata una compressione della crescita dei salari nominali.
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Inoltre, l’Italia non ha un problema di competitività estera, le esportazioni vanno bene e nella gran parte degli anni abbiamo raggiunto un avanzo delle partite correnti e non un disavanzo che potesse richiedere una svalutazione per essere corretto. [...]
salari in italia SALARI E POTERE D AQUISTO IN ITALIA