RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1. PREGLIASCO, DIFFICILE PREVEDERE IL PICCO DI CONTAGI IN ITALIA
Francesco Taranto per www.rtl.it
“Abbiamo timidi segnali, che evidenziano l’importanza di insistere con le misure di contenimento”, ci ha detto il direttore sanitario del Galeazzi di Milano
Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario del Galeazzi di Milano e virologo dell’Università degli Studi di Milano, per parlare dell'emergenza sanitaria per il coronavirus in Italia.
“È ancora presto per cantare vittoria, bisogna insistere, abbiamo dei timidi segnali che evidenziano che le misure restrittive a cui siamo sottoposti qualche effetto lo hanno”, ha spiegato in diretta a Non Stop News, il programma condotto da Pierluigi Diaco, Fulvio Giuliani e Giusi Legrenzi su Rtl 102.5. I segnali, ha sottolineato il virologo, sono testimonianza dell’importanza del continuare ad insistere con la collaborazione di tutti nel restare il più possibile a casa.
“Lo Stato ci deve aiutare a fare quello che è possibile per continuare con il distanziamento sociale”, ha affermato Pregliasco.
Il picco dei contagi in Italia si può prevedere?
“C’è però ancora un segnale terribile, che è quello dei decessi per coronavirus che continuano a salire. Si tratta di morti legati a infezioni pregresse, dopo un periodo di malattia”. Riguardo alla possibilità di prevedere quando avremo il picco di contagi di coronavirus in Italia, queste le parole di Pregliasco: “Bisognerebbe avere la sfera di cristallo, si spera di avere un risultato concreto dalle misure dopo una settimana, ma penso che non prima della metà di aprile si possa tirare un sospiro di sollievo. Il numero dei casi crescerà ancora e, purtroppo, arriverà a livelli più elevati”.
Riguardo al picco Pregliasco ha commentato in diretta quanto detto da Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri", il quale ha parlato di 30-40.000 casi previsti per la prossima settimana.
“Concordo con le considerazioni di Garattini, siamo già a 20.000 casi e quindi è probabile che il valore sia quello da lui indicato, o anche più alto. Dipenderà da quanto siamo bravi in termini numerici a rispettare le indicazioni”.
L’appello alle Regioni finora colpite più lievemente
Pregliasco ha lanciato un appello importante a livello nazionale, evidenziando come ciò che è capitato in Lombardia, che ha costretto la Regione a riorganizzarsi a livello ospedaliero, possa servire per le Regioni in cui la situazione non è ancora pesante. “Le strutture possono ancora prepararsi all’impatto e i cittadini possono contribuire al contenimento. È come negli incendi, quando è ancora piccolo si può contenere più facilmente”.
La curva dei contagiati under-50
Un ulteriore elemento a cui prestare attenzione è la crescita della curva dei contagiati al coronavirus under-50. “Si è visto purtroppo anche in Cina, con l’avanzare dell’età la quota di persone che necessitano di un’assistenza maggiore a livello ospedaliero sale vertiginosamente. Però purtroppo le epidemie possono colpire tutta la popolazione, i numeri sono sicuramente superiori a quelli notificati, perché anche nel caso di malattie più banali sono sottostimati”, ha spiegato Pregliasco. “Rispetto ad altri Paesi, l’Italia ha fatto scelte che proteggono di più la popolazione, anche tra gli under-50. Considerando che una quota di loro si trova in Ospedale”.
I soggetti che hanno manifestazioni cliniche meno rilevanti, ha spiegato inoltre il virologo, sono più a rischio. Sappiamo infatti che le persone che contagiano sono quelle sintomatiche, che emettono i cosiddetti “droplets”. Però, purtroppo, anche soggetti nella fase finale dell’incubazione, quando il virus si sta moltiplicando nel loro organismo, possono contagiare. “Bisogna guardarsi l’un l’altro, non in cagnesco, ma da lontano e tenersi controllati”, ha concluso Pregliasco.
2. L'ASSESSORE GALLERA IN TRINCEA «C'È UN DISPERATO BISOGNO DI INVERTIRE QUELLA CURVA»
Giampiero Rossi per il “Corriere della Sera”
«No, nessuna polemica, anzi, rispetto e collaborazione tra le istituzioni, però io ho il dovere di tutelare le persone che lavorano in prima linea». Fino a un mese fa Giulio Gallera era «soltanto» l' assessore al Welfare della Regione Lombardia. Da 24 giorni è il volto della risposta all' emergenza nel territorio epicentro dell' epidemia di coronavirus.
Sabato è stato protagonista di una plateale, quasi teatrale, protesta contro la Protezione civile per la fornitura di centinaia di migliaia di mascherine di qualità inadeguata. Ma il giorno dopo, al termine della seconda domenica di coprifuoco generale, manda un duplice messaggio: smorzare i toni della polemica e «tutto quel che si può fare lo facciamo anche da soli».
Assessore Gallera, si è arrabbiato davvero per quelle mascherine?
«No, senta, facciamo subito chiarezza: nessuna polemica.
Io sono cresciuto politicamente nella cultura del rispetto e della collaborazione tra le istituzioni. Quindi, niente polemiche».
Però lei ha definito quelle mascherine «carta igienica».
«Io ogni giorno incontro i direttori della sanità lombarda e ricevo raffiche di appelli: mancano i presidi sanitari essenziali, il personale che lavora in prima linea contro il virus ha bisogno di proteggersi con camici, guanti, mascherine, e io mi sento dire "abbiamo autonomia per un giorno, per due giorni...". Poi la Protezione civile ce ne manda 250 mila, noi le smistiamo immediatamente agli ospedali e poi, e in diretta durante una riunione mi sento dire "ma cosa ci avete mandato?".
Quindi nessuna polemica, ma io devo tutelare i miei medici e i miei infermieri. E allo stesso modo ho reagito quando si è detto che i medici dell' ospedale di Codogno hanno lavorato male. Era mio dovere».
Comunque, a che punto ci troviamo? C' è un orizzonte?
«Stiamo cercando di resistere, negli ospedali avviene quotidianamente il miracolo della moltiplicazione dei posti letto e degli strumenti per contrastare questa epidemia.
In questo fine settimana ho visto Milano vuota, niente a che vedere con le immagini di una settimana fa, quando i parchi erano pieni e io ho provato una grande frustrazione.
La gente ha capito e sta collaborando, questo ci incoraggia molto. Ma dobbiamo continuare».
Per quanto ancora?
«Impossibile dirlo ora. Diciamo che noi ci aspettiamo entro una settimana di vedere quella dannata curva dei contagi calare o almeno rallentare. Insomma, abbiamo disperato bisogno di un' inversione di tendenza, ma comunque questa battaglia non sarà finita lì. Sarà una maratona».
E la Lombardia come intende affrontare questa maratona? Da sola?
«No, le ripeto, io credo molto nella collaborazione tra soggetti istituzionali, però nello spirito di questa terra dico anche che noi andiamo avanti, tutto ciò che possiamo fare da soli lo facciamo».
È questo il senso del reclutamento di Guido Bertolaso. Pensate di recuperare materiali per conto vostro?
«Ogni amministrazione ha i suoi canali di approvvigionamento ordinari, poi ci si trova in situazioni di emergenza e bisogna fare di più. Bertolaso ha molta esperienza e contatti a livello internazionale, e noi abbiamo l' obiettivo di quell' ospedale da 500 posti negli spazi della Fiera, che potrà diventare una risorsa per l' intero Paese».
Quindi tirate dritto in modo autonomo?
«Facciamo tutto quello che possiamo, ma mai in alternativa ma in aggiunta agli sforzi compiuti da tutte le altre istituzioni».
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