RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Fabio Sindici per "La Stampa"
«Il Sars-CoV-2 ha agito come un potente catalizzatore e acceleratore della ricerca biomedica sui coronavirus. Tuttavia, molti di noi sono rimasti spiazzati dal fatto che a un livello più generale esso sia stato un amplificatore delle debolezze della comunità e dell'impresa scientifica moderna, che ha esposto in una luce impietosa».
Il senso del malessere della scienza, per Enrico Bucci, scienziato, divulgatore scientifico e polemista, è racchiuso nell'ambivalenza di queste due frasi, nel capitolo aggiunto all'edizione aggiornata del suo saggio Cattivi scienziati (prefazione di Elena Cattaneo, ADD editore). Il titolo del nuovo capitolo è esplicito: La pandemia della malascienza.
Come il virus si è dimostrato capace di penetrare l'organismo umano in aree diverse, dal sistema respiratorio a quello nervoso, così a livello politico e scientifico, mediatico e sociale, ha prodotto fenomeni che vanno dall'alterazione e dalla confusione dei dati ai teatrini dei virologi in tv, dalla moltiplicazione delle fake news al proliferare dei comitati tecnico-scientifici a loro volta generatori di altre notizie, non sempre sottoposte al metodo che ispira la loro ragion d'essere, quello scientifico.
Questi peccati si sono aggiunti a quelli già denunciati dal ricercatore nella prima edizione del libro nel 2015: frodi, consorterie, finanziamenti opachi, competizione estrema nelle pubblicazioni. Bucci non è un alfiere del pensiero antiscientifico. Tutt' altro. Biochimico e biologo molecolare, ha fondato una piccola azienda che si dedica alla verifica dell'integrità dei dati scientifici.
Coronavirus - Ospedale Sacco Laboratori di microbiologia e virologia
La sua, piuttosto, è una critica alla scienza impura. «Il coronavirus ha esposto un peccato capitale degli scienziati: il narcisismo. Non è una cosa nuova. Basta pensare alla polemica tra Leibniz e Newton sul calcolo differenziale, che risale a più di tre secoli fa. Ci ricorda oggi le battaglie di dati, previsioni e modelli matematici sull'espansione della pandemia. E, in Italia, le contraddizioni in seno agli stessi comitati scientifici. Dove ricercatori, virologi ed esperti vari hanno finito per fare da foglia di fico alle scelte della politica. Da parte degli scienziati coinvolti, l'ingenuità ha fatto specchio al narcisismo».
Non è mai stato tentato da uno dei tanti comitati che si sono formati, dai comuni al governo?
«Sono stato consultato e, nelle questioni dove avevo competenza, ho dato le mie opinioni. Mi sono tenuto alla larga dall'essere coinvolto in pianta stabile. Comitati e contro-comitati sono stati lo scenario di zuffe ed equivoci. Così abbiamo visto lotte nel fango tra virologi.
Scontri che andavano confinati nel camerino e non svolgersi sul palcoscenico mediatico. Rispetto all'epoca di Newton e Leibniz, l'amplificazione dei media è molto più potente. Il ridicolo porta discredito».
Clorochina sì, clorochina no. Mascherina sì, mascherina no. Suona come il refrain di una canzonetta..
«Quello della clorochina è un caso emblematico. Da una parte abbiamo ricerche-spazzatura su cui si basano le terapie di un medico mediatico quale è il francese Didier Raoult. Dall'altra abbiamo la comunità scientifica tradizionale che si chiude a riccio e dichiara la clorochina un farmaco a rischio per la salute.
Anche qui un'esagerazione. La scienza così si divide in squadre. E l'opinione pubblica in tifoserie. Per fortuna, c'è anche la buona ricerca che forse ci darà il vaccino per il prossimo anno. E ci ha già dato terapie sulle quali i numeri possono confermare l'efficacia. Un antivirale come il Remdesivir per esempio. O il Tocilizumab, un antireumatico che funziona come immunosoppressore».
C'è una scienza da laboratorio e una da palcoscenico?
«Purtroppo nella scienza moderna, soprattutto in campo medico, ma anche nell'ambiente, nella biologia e in altri settori, gli interessi finanziari sono molto forti. E la politica è invasiva. In Italia, si dovrebbe arrivare a un autogoverno degli organismi scientifici».
Non si rischiano le storture che abbiamo già visto con la magistratura, le divisioni in correnti politicizzate?
«Il rischio c'è. La scienza è divisa in bande. Ma oggi le nomine politiche nelle organizzazioni scientifiche, anche a livello internazionale, sono la peggiore zavorra per la comunità».
Una commistione che ha come risultato una buona dose di retorica pseudo-scientifica, non solo nella pandemia.
«La retorica porta opacità. Prendiamo gli Ogm. È vero che le multinazionali che li producono finanziano ricerche parziali. Ma è vero che pure i critici, i duri e puri della natura, hanno dietro forti interessi, come quello del settore biologico. Un'attivista come Vandana Shiva muove miliardi. Lo stesso vale per il riscaldamento globale. Credo che non si possano avere dubbi sul fattore antropico riguardo all'attuale global warming. Però anche qui ci sono stati dati falsati e male interpretati. In questo modo, ad avvantaggiarsi sono i negazionisti».
Lei ha paragonato alcuni scienziati a dei preti laici. Non c'è il rischio di creare santini, come l'immunologo americano Anthony Fauci, o l'adolescente attivista Greta Thunberg, una specie di Giovanna d'Arco dei nostri giorni?
«Quanto a Greta Thunberg, penso che le sia caduta sulle spalle una responsabilità più grande di quella che una ragazza dovrebbe portare. In realtà è la gente a creare santini, sulla base di simpatie ed antipatie, non di valutazioni obiettive. Pensiamo, sempre per il virus, alle fazioni sulla tracciabilità e alle app elettroniche. Non è tanto un problema di privacy, almeno in occidente.
Ma di tenuta del sistema sanitario. Se l'app mi segnala contatti potenzialmente contagiosi devo avere diritto a un tampone veloce, l'alternativa sono gli arresti domiciliari a tempo indeterminato. Altro problema è quello di acquistare generi alimentari per un lungo periodo.
Non si possono ordinare sempre i pasti tramite le app di consegna dal ristorante. In alcuni piccoli centri, come Ivrea, dove vivo, si sono formate catene di reciproco sostegno tra negozianti e consumatori dello stesso quartiere per rifornire chi è costretto tra le pareti di casa».
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