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Margherita De Bac per il "Corriere della Sera"
Sono i giorni del definitivo scatto in avanti. La variante Omicron sta per soppiantare la Delta, un tragitto durato appena due mesi, rapidissimo. Ma nonostante il cambio della guardia «le indicazioni per proteggersi e cercare di rallentare la diffusione del virus restano le stesse. Dobbiamo continuare a essere molto attenti. E questo vale anche per i guariti », esorta tutti con tono deciso Anna Teresa Palamara, responsabile del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. Il numero dei morti ci rimanda ai tempi bui.
Perché?
«È una notizia molto dolorosa che fa comprendere quanto il virus sia ancora pericoloso. Ora scontiamo l'esito delle infezioni delle scorse settimane. Questi pazienti sono stati portati in terapia intensiva circa quindici giorni fa e purtroppo non ce l'hanno fatta. Siate prudenti».
È in corso la terza indagine flash per misurare il grado di penetrazione in Italia dell'ultima variante. Cosa potrebbe rivelare?
«La crescita di Omicron è stata fulminea. Siamo passati dal 20% di prevalenza a metà dicembre all'80% del 3 gennaio, anche se con qualche variabilità fra le Regioni. Ci aspettiamo che il prossimo rapporto, fotografia della situazione del 17 gennaio, mostri un predominio pressoché totale di questa variante sulla Delta, la cui capacità di trasmissione era già alta».
Negli ospedali abbiamo lo stesso quadro? I pazienti in terapia intensiva e ricoverati nei reparti di medicina da quale virus sono stati infettati?
«Attualmente da noi, come in tutto il mondo, è difficile avere una fotografia puntuale dei dati che evolvono di giorno in giorno. Alcune stime fatte dall'Istituto superiore di sanità da novembre a oggi - cioè nei mesi di passaggio da Delta a Omicron - indicano che Omicron sia collegata in misura inferiore a una evoluzione severa della malattia rispetto a Delta, confermando alcuni report internazionali che vanno nello stesso senso. Bisogna considerare però che in un quadro in cui il numero dei contagiati è molto elevato, anche un indice di severità inferiore può mettere in difficoltà gli ospedali».
Ha ragione chi afferma che prima o poi saremo tutti contagiati?
«Sicuramente quasi tutti verremo a contatto con il virus, poi la protezione fornita dalla risposta immunitaria indotta dai vaccini e dall'infezione naturale contribuirà a fare da barriera per la sua circolazione. Non possiamo predire quanti si infetteranno, ma il nostro compito è fare il possibile per attenuare i rischi che continuano a esistere per le persone fragili e il sovraccarico del sistema sanitario».
I guariti sviluppano un'immunità più solida rispetto ai vaccinati?
«L'immunità data dall'infezione naturale ha una durata limitata nel tempo, come mostrano i dati sulle reinfezioni che fino a dicembre erano quantificabili nell'1% dei casi settimanali. Omicron ha portato questa quota al 3,3%. Anche questo fattore contribuisce a mantenere alta la circolazione del virus».
Il governo di Cipro recentemente ha annunciato di aver individuato una variante nuova. Un misto di Delta e Omicron? Che fine ha fatto quella notizia?
«Non è stata confermata da analisi approfondite sulle sequenze. Bisogna essere molto cauti nel diffondere allarmi».
Lei dice che sul piano delle misure di prevenzione non cambia niente se abbiamo a che fare con Omicron o Delta. Allora a cosa serve disporre di una rete di sequenziamento dei virus?
«Certo a livello individuale non cambia molto, ma mantenere la rete di sequenziamento è molto importante per seguire l'evoluzione della pandemia e disegnare le strategie di contrasto. Individuare precocemente un nuovo ceppo e monitorare la sua presenza sul territorio ci permette anche di studiarne le caratteristiche e di verificare la loro sensibilità ai vaccini».
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