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Corrado Fontana per "Valori"
L’obesità è l’ennesimo capitolo di un sistema globale del cibo sempre più distorto. Un capitolo che, sul modello delle economie più ricche, si diffonde anche e soprattutto in Africa, nei Paesi in via di sviluppo e nelle economie in crescita (Cina in primis). E così le multinazionali del farmaco battono cassa: per loro, che sulla cura dell’obesità puntano moltissimo, le prospettive di mercato sono enormi.
L’obesità è infatti riconosciuta come una patologia cronica, con genesi spesso multifattoriale. È definita come la condizione clinica caratterizzata da un indice di massa corporea (IMC o, in inglese, BMI) uguale o superiore a 30 (kg/m2). E in base al BMI può essere distinta in obesità di I grado (BMI 30-35), di II grado (BMI 35-40) o di III grado (severa, BMI>40).
Secondo uno studio del 2015, dal 1980 la prevalenza dell’obesità è raddoppiata in più di 70 paesi. Il numero di persone obese è pressoché triplicato dal 1975. E nel 2016 più di 1,9 miliardi di adulti, dai 18 anni in su, erano sovrappeso (ovvero con IMC compreso tra 25 e 29,99). Di questi oltre 650 milioni erano obesi. Già oggi sarebbero però oltre 700 milioni. E anche l’obesità infantile è in aumento.
la dieta serve anche agli obesi allenati
Uno scenario globale preoccupante visto che la persona obesa ha un rischio più elevato di sviluppare malattie croniche come il cancro al seno, dell’endometrio, del colon, il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e soffrire di disturbi muscoloscheletrici. Un problema per l’individuo, naturalmente, ma anche per la collettività, se si pensa che secondo l’American Heart Association solo gli USA spendono circa 190 miliardi di dollari l’anno in spese mediche legate al peso.
Tant’è che diverse grandi aziende farmaceutiche stanno sviluppando nuovi farmaci anti-obesità. Cioè sostanze o associazioni di sostanze che aiutano a ridurre la massa corporea, perlopiù inibendo il senso di fame o aumentando il consumo di calorie. Secondo la società di analisi del mercato GlobalData sarebbero ben 253 quelli nelle varie fasi di sviluppo.
E i giganti di Big Pharma dovrebbero lanciarne sei entro il 2026 sugli otto mercati principali, ovvero gli Stati Uniti, i “magnifici cinque” in Europa (Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito), il Giappone e la Cina.
Attualmente i farmaci approvati dai principali organismi autorizzativi competenti non sarebbero che una manciata: sei dalla FDA (Food and Drug Administration) sul mercato statunitense, due dall’EMA(European Medicines Agency), uno solo dalla Pharmaceuticals and Medical Devices Agency in Giappone e due farmaci dalla China Food and Drug Administration.
Dal punto di vista economico, si parla di previsioni di crescita che – sempre per quanto riguarda i mercati principali – vedrebbero un incremento straordinario del valore delle vendite. Da poco più di 400 milioni di dollari l’anno nel 2012 a una stima vicina agli 8,5 miliardi di dollari nel 2022.
Stando alle analisi del rapporto di previsione 2017-2023 di Analytical Research Cognizance, il mercato globale dei farmaci contro l’obesità registrerà un tasso annuo di crescita composto (CAGR) del 20,9%. Una corsa al profitto con i soliti noti a spartirsi la torta: Sanofi, AstraZeneca, F. Hoffmann La Roche, GlaxoSmith Kline, Orexigen Therapeutics, Boehringer Ingelheim, Merck & Co, Novo Nordisk, Pfizer.
Ma come nasce un farmaco? La molecola chimica che aspira a diventare un medicinale è sottoposta a una lunga serie di studi, condotti prima in laboratorio e su animali e poi sull’uomo. Queste ricerche, la cui durata oscilla in genere tra i sette e i dieci anni, sono a carico del “proprietario” del farmaco (il più delle volte un’industria farmaceutica) e si articolano in diverse fasi: studi “in vitro” e “in vivo” sugli animali (sperimentazione preclinica) e studi cosiddetti di fase 1, di fase 2 e di fase 3 eseguiti sull’uomo (sperimentazione clinica).
La fase 1 della sperimentazione del principio attivo sull’uomo ha lo scopo di fornire una prima valutazione della sicurezza e tollerabilità del medicinale.
Nella fase 2 (terapeutico-esplorativa) comincia a essere indagata l’attività terapeutica del potenziale farmaco, cioè la sua capacità di produrre sull’organismo umano gli effetti curativi desiderati.
Lo studio di fase 3 (o terapeutico-confermatorio) si svolge su centinaia o migliaia di pazienti “arruolati” e mira a valutare l’efficacia del farmaco sui sintomi, sulla qualità della vita o sulla sopravvivenza, in confronto con un placebo (sostanza priva di efficacia terapeutica), con altri farmaci già in uso, o con nessun trattamento.
Se la sostanza supera tutte le fasi precedenti è possibile richiederne la registrazione e l’autorizzazione alla commercializzazione.
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