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Francesco Rigatelli per “la Stampa”
«Da aprile tutti i parametri ci dicono che la situazione epidemiologica è in continuo miglioramento, ma non possiamo dimenticare che questo è il risultato di mesi di sacrifici, chiusure e zone rosse. A forza di riaperture ora c' è la possibilità di un colpo di coda del virus». Fabrizio Pregliasco, ricercatore di Virologia all' Università Statale di Milano e direttore sanitario dell' Ospedale Galeazzi, non è preoccupato per i prossimi mesi, ma non se la sente neppure di dire che sia tutto finito.
Il colpo di coda che non è arrivato a maggio potrebbe presentarsi a giugno?
«Sì, in giro ci sono almeno 240 mila positivi accertati, che potrebbero essere anche il doppio. Mezzo milione di infetti continuano a rappresentare un pericolo per chi non è ancora vaccinato e, in ogni caso, mantengono alta la catena dei contagi. Solo ieri ci sono stati 2.483 nuovi casi e si è visto in Inghilterra che varianti e rallentamento della seconda dose possono complicare la situazione».
Insomma, non è finita?
«No, però grazie alla vaccinazione non ci saranno più tanti ricoveri e morti. Una differenza non da poco».
Perché questo colpo di coda arriverebbe così in ritardo?
«La vita all' aperto ci protegge dal virus più del previsto, ma pian piano il contagio si diffonde. Sarebbe importante in questa fase rilanciare il tracciamento per contrastare e monitorare meglio la diffusione del virus».
Anche in vista dell' autunno?
«Sì, anche se la vaccinazione a quel punto dovrebbe aver coperto gran parte della popolazione. Mentre ora che aumentano gli incontri e i contagi bisognerebbe fare più tamponi e vaccinare chiunque lo desideri, ripescando poi eventualmente chi è rimasto indietro perché si è rifiutato o ha avuto paura».
L' immunità di gregge resterà una chimera?
«Senza scendere sotto i 12 anni sarà irraggiungibile, ma ci si potrà avvicinare. Non è così importante però, si tratta solo di un modello matematico. Il virus rimarrà endemico per almeno due o tre anni e ciò che conterà sarà rivaccinare le categorie a rischio per tenerle lontano dai guai».
E gli altri?
«La praticità suggerirà di non vaccinarli, così come avviene per l' influenza. L' anno prossimo si coprirà solo chi ne avrà più bisogno e con vaccini aggiornati per tutte le varianti».
La variante indiana diventerà prevalente in Italia?
«È possibile, di certo è più contagiosa dell' inglese e infastidisce non gravemente anche i vaccinati con una dose. Ciò che accade in Inghilterra è come l' anteprima del nostro film».
C' è una reale differenza tra un vaccino e l' altro rispetto alle varianti?
«Alcuni studi affrontano questo tema, in particolare relativamente a una debolezza di AstraZeneca e Johnson&Johnson verso la variante sudafricana, ma non emergono grandi differenze. La vaccinazione è questione di copertura della popolazione più che del singolo individuo».
L' efficacia di Johnson&Johnson a una dose si conferma duratura?
«Sì, funziona come gli altri».
Sarà difficile vaccinare i ragazzi?
«Un po', perché su di loro l' impatto della malattia è minimo. Va ricordato però che sono forti diffusori del virus verso i famigliari e che coprirli significa proteggere il funzionamento delle scuole e aiutare l' immunità di gregge».
Come convincere loro e le famiglie?
«I vaccini per loro sono ancora più sicuri e così si liberano dal problema di contagiare i parenti».
Che però saranno vaccinati
«C' è sempre un minimo rischio di inefficacia dei vaccini, senza contare i nonni no vax».
Quest' estate potremo togliere le mascherine?
«Ci sono diverse teorie in merito, secondo me l' idea migliore è aspettare che si raggiunta il 50 per cento di vaccinati con due dosi per toglierla all' aperto. Entro luglio dovremmo farcela».
A quel punto potranno toglierla anche i non vaccinati?
«Sì, anche perché non sarà possibile riconoscere per la strada chi non lo sarà».
E la quarta ondata?
«È il colpo di coda di cui siamo in attesa. Il virus rimarrà tra noi, ma con conseguenze minori grazie ai vaccini».
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