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    SALVATE I SELFIE DAGLI ARTISTI! - LA ''MOBILE PHOTOGRAPHY'' È LA FORMA SIMBOLICA DEL TERZO MILLENNIO, E I FURBETTI DELL'ARTE SE NE APPROPRIANO, DA AI WEIWEI ALLA NATIONAL GALLERY - PRO: I SELFIE NON SONO SELFISH, SONO FATTI PER ESSERE CONDIVISI. CONTRO: UN NARCISISMO CHE UCCIDE LA VITA AFFETTIVA


     
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    L’ESTETICA DEL SELFIE

    Michele Smargiassi per “la Repubblica

     

    kim kardashian cover libro kim kardashian cover libro

    Perché la Venere di Milo ha quell’espressione malinconica? Perché essendo priva di braccia non può farsi un selfie. A differenza delle sue colleghe, statue greco- romane dei musei di tutto il mondo, che una virale e folle campagna fotografica lanciata sul web-giornale Reddit ha trasformato in allegre autoscattiste: basta piazzare la macchina in fondo al braccio di marmo, distraendo i guardiani, e clic, la posa selfie vien da sola.

     

    ai weiwei lapo elkann ai weiwei lapo elkann

    E il bello è che, direbbero i ragazzini, “ci sta”. Funziona. Come se non stessero aspettando altro da duemila anni. Il selfie sembra diventato il destino ultimo dell’arte, non solo occidentale. Il coreano Kim Dong-Kyu sta ridipingendo tutti i ritratti classici della pittura occidentale mettendo uno smartphone in mano ai protagonisti. Una statua in bronzo di un principe ottomano nell’atto di farsi un selfie è stata eretta nell’antica città turca di Amasya. Per l’ultima festa di Ganesh Chaturthi, in India, ha sfilato una statua del più simpatico degli dei, Ganapati dalla testa d’elefante, mentre si fa un selfie, anzi un groufie (il selfie di gruppo) con mamma Parvati e papà Shiva entusiasti.

    selfie con il principe selfie con il principe

     

    Altro che “peste visuale”, altro che “demenza di massa”, i selfie divertono la gente comune, e fanno impazzire invece gli artisti. Che se la sognano, un’estetica così fulmineamente popolare, che si mangiano le mani per non averla inventata loro, e allora la rincorrono, la imitano, cercano di cavalcarla in un impeto tardo-pop. «L’artselfie contiene semiotica esclusiva e risolve un mucchio di problemi», ha ironizzato un dissacratore culturale come Douglas Coupland.

    FUNERALI DI NELSON MANDELA IL SELFIE TRA BARACK OBAMA DAVID CAMERON E HELLE THORNING SCHMIDT FUNERALI DI NELSON MANDELA IL SELFIE TRA BARACK OBAMA DAVID CAMERON E HELLE THORNING SCHMIDT

     

    Il selfie è entrato a braccio teso nel campo dell’arte, e sembra volerci rimanere. Concorsi per selfie d’autore ne trovate in decine di programmi estivi degli assessorati alla cultura, mostre idem, i giornali d’arte compilano raccolte. Il critico americano Patrick Lichty ha lanciato un call per selfie-artisti e ha dovuto fermarsi a cinquanta. Tra le post-femministe il selfie è la nuova bandiera, Richard Prince il grande “appropriatore” postmoderno ha fatto una scorribanda sui loro profili Twitter e ha stampato e rivenduto i loro selfie per 90 mila dollari l’uno, facendole infuriare.

    Il pi grande selfie di tutti i tempi Il pi grande selfie di tutti i tempi

     

    Anche le porte auguste del tempio della figura umana, la National Portrait Gallery di Londra, si sono spalancate due anni fa per una collettiva di diciannove “artisti che interpretano il selfie”. Ai Weiwei, il più celebre tra gli artisti di cui nessuno saprebbe citare un’opera, è ormai un selfista compulsivo. Anche chi si ribella, come l’olandese Melanie Bonajo coi suoi Antiselfie o Alec Soth con i suoi Unselfie dove si mostra coprendosi il volto, ne celebra la potenza.

    Il selfie di Oreshkin Il selfie di Oreshkin

     

    Sembrano tutti convinti che il selfie sia (scomodiamo Panofsky) la “forma simbolica” del terzo millennio, e magari hanno ragione. Se ne rintracciano i precursori lontani (Parmigianino? Rembrandt?) e vicini (Escher? Warhol? Kahlo?), se ne stilano genealogie bizzarre e imprecise, perché il selfie non è l’autoritratto e non è neppure l’autoscatto, è davvero una novità assoluta fra i generi dell’immagine, leggere l’utilissimo iRevolution di Irene Alison, bella introduzione alla storia della mobile photography fresca di stampa da Postcart, per approfondire.

     

    IL SELFIE DI RENZI CON UN SOSTENITORE IL SELFIE DI RENZI CON UN SOSTENITORE

    Il selfie non ha padri nobili, non si inserisce educatamente in nessuna tradizione. Neppure in quella dell’autoritratto fotografico, di cui non rispetta nulla, le regole di composizione, le proporzioni, le presunzioni: leggete le guide al selfie perfetto (da agosto è nelle edicole italiane anche una rivista specializzata, dal titolo – indovinate – Selfie): punto di ripresa molto in alto, o molto in basso, testa inclinata, i primi fotofonini con obiettivi grandangolari in affanno producevano distorsioni quasi comiche ma il selfie ha avuto successo anche per quello; e poi quel braccio, inevitabile, in primissimo piano, sfocato, che esce dall’inquadratura perché deve reggere il telefonino, ma sembra un cazzotto in faccia all’osservatore (peggio ancora il selfiestick, la protesi, uno spiedo nell’occhio), tutte cose che farebbero venire la nausea al gotha dei ritrattisti, da Nadar ad Avedon, e invece eccoli lì, i selfie “sbagliati” ma felici, scambiati a milioni (solo in Gran Bretagna, l’autorità delle comunicazioni ne stima la produzione in 12 miliardi l’anno).

    IL SELFIE AGLI OSCAR CON ELLEN IL SELFIE AGLI OSCAR CON ELLEN

     

    Perché il selfie è un’immagine che richiede uno sforzo consapevole di costruzione (non sono mai foto casuali) senza volere essere arte, e in fondo senza neppure voler essere bella. E questo, un sacco di gente colta non riesce a mandarlo giù.

     

    IL SELFIE HORROR DI ELLEN DEGENERES E LIZA MINNELLI IL SELFIE HORROR DI ELLEN DEGENERES E LIZA MINNELLI

    Ma soprattutto: il selfie è una neofoto a pieno titolo, un oggetto iconico non identificato, non solo per la sua tecnica retroversa e la sua estetica pasticciona (quante anti- estetiche sono poi diventate ufficiali…?), ma per una capitale differenza da qualsiasi ritratto precedente: il selfie è un’immagine disseminata, simultanea, senza passato e senza futuro, un’immagine di flusso e non di deposito, è un’immagine a perdere.

     

    Ed è, fortissimamente, un’immagine relazionale. Chi pensa che la sua cifra antropologica sia il narcisismo non conosce la mitologia classica: Narciso trascura la seducente Eco per perdersi nella propria immagine, accessibile solo a lui, e infine morirne solitario, mentre il selfie esiste solo e soltanto per essere condiviso, caricato immediatamente in Rete, sparso al vento del web. Aspettando poi i like di ritorno. Narciso non aspettava like. Lo avrebbero distratto.

    Il selfie da Oscar secondo i Simpsons Il selfie da Oscar secondo i Simpsons

     

    Sì, certo, una narcisa moderna come Kim Kardashian, eroina dei reality, ha venduto 40 mila copie in tre mesi del suo noiosissimo album Selfish (e sarà la prima statua di cera di Madame Tussaud in posa da selfie) ma questo è solo marketing furbetto, una versione aggiornata dei calendari pin-up, il selfie vero non è affatto selfish, non è egocentrico, al contrario, è una imprevedibile estensione della tastiera dei nostri messaggi sociali, un nuovo formidabile repertorio della semiotica relazionale che si aggiunge e s’intreccia alle parole, alla mimica, ai gesti, all’abbigliamento, al make-up, al tono della voce.

     

    Selfie del Top Gun danese Selfie del Top Gun danese

    È un nuovo attrezzo della vita quotidiana come rappresentazione che avrebbe entusiasmato Erving Goffman, è la segnaletica inedita di quella conversazione permanente e ubiqua in cui la Rete ci ha avvolto: anche le smorfiette, le linguacce, le duckface, le boccucce a cul-di-gallina, non sono infantilismi, sono lettere di un alfabeto iconico intercalare, complementare, svolgono la stessa funzione delle “faccine” delle emoji nei messaggini Whatsapp, ossia introdurre nel dialogo quegli accenti emotivi, quei toni, quegli stati d’animo che con le parole non riusciamo a esprimere: solo che in più lo fanno con la nostra faccia.

    SELFIE BARBARA D URSO MENTRE VA A BALLARE SELFIE BARBARA D URSO MENTRE VA A BALLARE

     

    Il vero rischio del selfie semmai è il suo eccessivo successo, il selfie potrebbe morire di saturazione da selfie, come profetizza sarcastico un grande fotografo, Ferdinando Scianna: «Nessuno può guardare con interesse qualcuno che sta perennemente in posa, soprattutto se è a sua volta occupato a stare in posa pure lui». Di tutto questo, gli artisti affascinati dal selfie non si curano, forse non ne sanno nulla, comunque la loro appropriazione quasi sempre è solo formale, di maniera, quando non di pura convenienza cavalca- onda.

     

    Il selfie sta cambiando il nostro rapporto con la nostra maschera sociale, è un fenomeno antropologico profondo, è una cosa troppo seria per lasciarla in mano agli artisti. Tenete i selfie fuori dai musei, non metteteli in gabbia, non fateli morire in cattività, per favore.

     

     

    EMMA MARRONE SELFIE EMMA MARRONE SELFIE

    2. IL PERICOLO CHE NARCISO SUPERI LA REALTÀ

    Mario Perniola per “la Repubblica

     

    selfie selfie

    Carlo Levi nel suo libro Cristo si è fermato ad Eboli racconta di una sua cameriera, la Giulia, che era disposta a qualsiasi servigio, ma non voleva assolutamente essere ritratta. Questa ripugnanza aveva una ragione magica che essa confermò. Scrive Levi: «Un ritratto sottrae qualcosa alla persona ritratta, un’immagine: e, per questa sottrazione, il pittore acquista un potere assoluto su chi ha posato per lui. È questa la ragione inconsapevole per cui molta gente ripugna anche dal farsi fotografare».

     

    La scorsa estate, ho ritrovato la stessa ostilità nei confronti della rappresentazione della propria immagine in una bella ragazza cubana che solo, dopo molte insistenze, acconsentì a farsi fotografare dicendo che il percorso di iniziazione alla santeria, che aveva intrapreso, le proibiva di essere ritratta.

    La moda del selfie Sellotape La moda del selfie Sellotape

     

    Questa ritrosia nei confronti dell’immagine è qualcosa che non concerne soltanto il mondo magico; essa appartiene anche all’ebraismo, all’islam e ad alcune sette protestanti. Del resto sono molti i teorici della fotografia che hanno considerato l’inquadratura fotografica come una specie di “imbalsamazione”, di “reificazione”, di “micro-esperienza della morte”.

     

    GLI STUDENTI E IL SELFIE CON ANGELA MERKEL GLI STUDENTI E IL SELFIE CON ANGELA MERKEL

    Il recente dilagare della moda dei selfie ha riportato l’attenzione degli studiosi sugli aspetti psicologici che stanno alla base del fenomeno opposto: la tendenza compulsiva agli autoscatti. Un fotografo e psicologo americano John Suler sta pubblicando un libro Psychology of the Digital Age (Cambridge University Press, in corso di stampa) in cui sostiene che il selfie è per lo più connesso con una mancanza di fiducia in se stessi e ad una scarsa autostima.

     

    AFTERSEX SELFIE AFTERSEX SELFIE

    Viene così ripreso un dibattito sul narcisismo che risale alla fine del Novecento: gli psicoanalisti Heinz Kohut e Alexander Lowen col sociologo Chistopher Lasch avevano sottolineato che lo spostamento dell’interesse libidico verso la propria immagine avviene a prezzo di un completo annullamento dal proprio sé reale.

     

    Il narcisismo contemporaneo, di cui il selfie è l’ultima manifestazione, implica una totale negazione della propria identità sentimentale. Nel narcisista manca la capacità di provare emozioni.

     

    piroso semi selfie con scalfari piroso semi selfie con scalfari

    La sua vita affettiva è vuota. L’impossibilità di trovare un serio interesse nella vita, che caratterizza il modo di essere narcisistico, è perciò proprio il contrario della cura di sé. L’amplificazione iperbolica dell’immagine dell’io, a scapito della realtà di questo, comporta un annientamento dell’esperienza. Tutto ciò causa la rimozione del passato e del futuro, la perdita della continuità storica, la scomparsa del senso di appartenenza ad una successione di generazioni, l’appiattimento del vissuto diacronico sull’attualità.

    SELFIE A PORTA A PORTA GRILLO VESPA SELFIE A PORTA A PORTA GRILLO VESPA

     

    Perciò la problematica aperta dalla mobile photography non sembra rappresentare una inversione di tendenza rispetto al video-narcisismo degli anni Novanta: essa si inserisce in un dibattito più ampio sull’estetica della fotografia. Si tratta di una discussione aperta nel 1981 da Roger Scruton, che opponeva la fotografia intesa come “copia esatta” alla pittura, attribuendo solo a quest’ultima la dignità di rappresentazione interpretativa. Per chi volesse avere un quadro articolato ed esaustivo di tale controversia resta fondamentale il numero speciale di The Journal of Aesthetics and Art Criticism (volume 70, Numero 1, Inverno 2012) intitolato The Media of Photography.

    SELFIE STICK SELFIE STICK

     

    Per quanto riguarda la supposta socialità che la pratica della mobile photography instaura attraverso le reti sociali è lecito nutrire più di un ragionevole dubbio sulla consistenza dei rapporti sociali che essa crea. Anche in questo caso ritorna il problema da cui la sociologia ha avuto inizio: la questione del legame sociale. Che cosa tiene insieme gli individui? Da quando le relazioni tradizionali basate sull’appartenenza alla famiglia, alla condivisione di una ideologia, alla partecipazione ad un campo professionale, si sono affievolite, possiamo pensare che la condivisione di immagini costituisca un sostituto che abbia una consistenza anche soltanto minima?

    fedez selfie col bidet fedez selfie col bidet

     

    Infine, per quanto riguarda una considerazione artistica di tali prodotti, vale purtroppo il principio dell’impatto emozionale che le immagini suscitano. Sono quelle più agghiaccianti e raccapriccianti ad imporsi.

     

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