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    SALVINI HA APERTO LA SUA TRATTATIVA CON DRAGHI: VUOLE PER SE' IL MINISTERO DELL'INTERNO PER PORTARE MARIOPIO AL COLLE - IL PASSAGGIO E' UN RIMPASTONE DI GOVERNO, MAGARI CON QUELL'ESECUTIVO DEI LEADER SDOGANATO ANCHE DA RENZI - UNA SOLUZIONE AL RIBASSO  (CASELLATI, "MESTIZIA" MORATTI O MARCELLO PERA) SAREBBE TROPPO DIVISIVA PER LA MAGGIORANZA E POTREBBE AVERE UN CONTRACCOLPO FATALE SUL GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE…


     
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    Ilario Lombardo per "la Stampa"

     

    MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI

    Mario Draghi non sta facendo l'unica cosa che gli chiedono i partiti, che rassicurerebbe i parlamentari, e lusingherebbe i leader. Parlare di quale governo potrebbe nascere dalle ceneri della sua esperienza a Palazzo Chigi, se e quando dovesse trasferirsi al Quirinale. Nelle stanze della presidenza del Consiglio sono molto accorti a scegliere le parole, per commentare l'ennesima mossa di Matteo Salvini. Non lo chiamano «ricatto», ma girano intorno a questo che è l'unico termine che sottintende ogni commento.

     

    Non possono farlo per diplomazia, convinti che vada tenuto in piedi un equilibrio che ogni giorno appare più instabile. Ma ai collaboratori di Draghi è evidente il messaggio che ieri ha mandato Salvini quando si è presentato davanti alle telecamere per ribadire il suo piano: lasciare perdere il prima possibile Silvio Berlusconi, puntare su un candidato di centrodestra alternativo e credibile, poi su questa proposta intavolare una trattativa con il premier sul governo del dopo.

     

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    L'idea dell'esecutivo dei leader, sostenuta da Matteo Renzi, è la prima mossa di una strategia che punta a costruire la campagna elettorale perfetta per il 2023. Salvini vuole per sé il ministero dell'Interno. Questo non significa che per forza dovrà essere lui a guidarlo, ma il Viminale deve tornare a essere il perno della sua narrazione, il palcoscenico che, come avvenuto nel 2019, gli permetterà di risalire i sondaggi e sfidare l'amica-nemica di sovranismo Giorgia Meloni.

     

    SALVINI DRAGHI SALVINI DRAGHI

    Salvini esige questo da Draghi quando, chiedendo apertamente il rimpasto, elenca tutti i problemi sul tavolo della ministra Luciana Lamorgese che, a suo dire, sono rimasti irrisolti. È evidente che Pd e M5S si opporrebbero in tutti i modi, di fatto lasciando naufragare sul nascere questa possibilità. Ma agli occhi di Salvini, Draghi, se ha davvero intenzione di andare al Colle, deve farsi garante dell'esigenza della Lega, perché sarebbe lui, una volta eletto Capo dello Stato, ad avere la responsabilità di indicare i ministri e dare una forma al governo, accettando o respingendo i veti dei partiti. Lo schema di gioco prevede però un passaggio precedente.

     

    SALVINI DRAGHI SALVINI DRAGHI

    Come confermano dal M5S e dal Pd, non passa giorno che Salvini non ripeta loro di credere davvero di riuscire a strappare un nome di centrodestra per il Quirinale. Nelle ultime ore è tornato a sondare Giuseppe Conte su Letizia Moratti, ma non esclude né Marcello Pera, né Pierferdinando Casini. Sa benissimo che una qualsiasi soluzione di questo genere, troppo divisiva, potrebbe avere un contraccolpo fatale sul governo di unità nazionale.

     

    salvini renzi salvini renzi

    Draghi potrebbe dimettersi e lasciare la legislatura in mare aperto, spalancando uno scenario da incubo per i parlamentari. Le elezioni anticipate sono un rischio che, però, il leghista è pronto a correre e sul quale, come detto, intende negoziare con il premier sulla base di precise condizioni politiche. Secondo un fidatissimo del segretario, Salvini non si vuole rassegnare al silenzio imposto da Draghi: «Se vuole andare al Quirinale - è il suo ragionamento - deve parlare con noi leader, non può rifiutare il rapporto con i partiti che hanno in mano la decisione sul prossimo presidente della Repubblica».

     

    salvini renzi verdini salvini renzi verdini

    Nell'entourage e tra i parlamentari più vicini al leghista si fatica a trattenere l'irritazione verso l'ex numero uno della Banca centrale europea. In queste ultime due settimane, Salvini ha invocato più volte un incontro urgente con il presidente del Consiglio sul caro energia e sull'immigrazione, senza ricevere risposta. Vista da Palazzo Chigi, la storia sembra un po' diversa. Se arrivasse una richiesta ufficiale, dicono, Draghi accetterebbe di incontrare Salvini, anche a rischio di aprire una passerella con tutti gli altri leader. È vero, però, che il capo del governo sta evitando mercanteggiamenti con i partiti e, giurano nel suo staff, continuerà su questa strada.

     

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    Draghi si sta sottraendo a ogni ragionamento sul governo che nascerebbe dopo il suo addio, perché anche nella forma intende mantenere la dialettica istituzionale prescritta dalla Costituzione. Sarà nel potere del futuro inquilino del Colle costruire un governo, sulle indicazioni delle forze parlamentari e sulla base di una maggioranza chiara. Draghi lo farà solo se sarà chiamato a indossare i panni del presidente della Repubblica.

     

    Una precisazione quasi banale, utile però a spegnere ogni fiammata di rivendicazione dei leader. Ma dall'osservatorio della presidenza del Consiglio intravedono anche altro nelle parole messe in fila ieri da Salvini. Un'intenzione che in qualche modo sgraverebbe il destino di Draghi dall'incognita Berlusconi. Il segretario della Lega non si fida del presidente di Forza Italia e teme le manovre del suo braccio destro Gianni Letta, ricevuto dal capo di gabinetto del premier con tanto di agenzie sapientemente veicolate.

     

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    Salvini non crede nei numeri di Berlusconi e si è convinto che al momento giusto gli sfilerà il ruolo di kingmaker mettendo i suoi voti a disposizione di Draghi, o di Sergio Mattarella, per il bis, come sperano ai vertici del Pd. Ecco perché, nel governo, tra i dem e i ministri di M5S e Fi, non temono di usare il termine «ricatto». Un «duplice ricatto»: uno rivolto a Berlusconi, l'altro a Draghi.

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