Giovanni Bianconi per corriere.it
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Trentacinque voli di Stato già considerati «illegittimi» dalla Corte dei conti diventano un possibile «abuso d’ufficio» contestato all’ex vicepremier ed ex titolare del Viminale Matteo Salvini, indagato dalla Procura di Roma che ha trasmesso gli atti al tribunale dei ministri. Senza chiedere l’archiviazione dell’accusa, come avviene per i casi in cui non si ravvisano ipotesi di reato (come avvenuto per il permesso di sbarco negato alla nave Alan Kurdi), ma proponendo di svolgere approfondimenti.
Bisogna verificare, attraverso l’acquisizione di documenti e testimonianze, se l’illegitimmità rivelata dalla magistratura contabile ha un rilievo penale, ma la legge prevede che il fascicolo venga inviato al collegio per i reati ministeriali «omessa ogni indagine». Che invece dev’essere svolta dall’apposita sezione del tribunale, per verificare se si trattò di un abuso, di un eventuale peculato, oppure niente che possa mandare il leader leghista sotto processo.
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La vicenda prende spunto da un’inchiesta del quotidiano «la Repubblica» sugli abbinamenti di molti appuntamenti istituzionali di Salvini, in giro per l’Italia, con comizi o altri manifestazioni di partito nella stessa zona, subito prima o subito dopo; sfruttando così gli impegni governativi per svolgere propaganda elettorale. Muovendosi, ogni volta, con aerei o elicotteri del Dipartimento della Pubblica sicurezza o dei Vigili del fuoco. Come quando, il 4 gennaio scorso, l’allora ministro volò da Milano a Pescara per un vertice sulla sicurezza che coincideva con l’apertura della campagna elettorale in Abruzzo. O quando, tra il 10 e l’11 maggio, si mosse da Roma a Reggio Calabria e poi a Platì per una cerimonia antimafia, trasferendosi poi a Catanzaro dove tenne un comizio, quindi a Napoli per una conferenza stampa su alcuni arresti e infine a Milano per l’adunata degli Alpini.
matteo salvini all'internazionale sovranista di anversa 2
La Corte dei conti ha svolto le proprie verifiche e, nel settembre scorso, ha archiviato la pratica perché i costi sostenuti per l’utilizzo degli apparecchi «non appaiono essere palesemente superiori a quelli che l’Amministrazione avrebbe sostenuto per il legittimo utilizzo di voli di linea da parte del ministro e di tutto il personale trasportato al suo seguito». Nessun danno erariale, quindi. Tuttavia l’uso di quegli aerei ed elicotteri fu considerato illegittimo perché secondo decreti e regolamenti i mezzi della polizia e dei pompieri sono riservati «allo svolgimento di compiti istituzionali o di addestramento, e non ai cosiddetti “voli di Stato”». Per i quali vige un’altra normativa che ne restringe l’uso alle cinque alte e cariche dello Stato (presidente della Repubblica, delle due Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale), «salvo eccezioni che debbono essere specificamente autorizzate».
matteo salvini all'internazionale sovranista di anversa 4
Nei caso dei 20 voli con l’aereo P.180 e dei 14 con un elicottero del Dipartimento di Ps, più uno sul P.180 dei Vigili del fuoco, non risulta alcuna autorizzazione. E gli apparecchi usati da Salvini «sono stati acquistati per finalità prettamente operative, non per il trasporto di autorità e neanche per agevolate lo svolgimento della loro attività istituzionale». Di qui, secondo la magistratura contabile, «l’illegittima scelta di consentire l’uso dei menzionati velivoli per la finalità del trasporto del ministro dell’Interno e del personale al seguito». E la trasmissione del fascicolo alla procura di Roma.
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A prescindere dalla difficoltà di sindacare sull’agenda di un ministro, e quindi dalla reale possibilità di verificare se gli appuntamenti istituzionali di Salvini fossero funzionali a quelli di partito o viceversa, gli accertamenti sollecitati dai pm coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo riguardano soprattutto le prassi normalmente seguite nell’uso degli aerei delle forze di polizia. Per stabilire se con l’utilizzo di quei mezzi il leader leghista abbia provocato un ingiusto danno a qualcuno (a parte quello economico per lo Stato, già escluso) o un ingiusto vantaggio per sé.
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