DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Claudia Catalli per “La Stampa” - Estratti
gabriele muccino call my agent italia 2.
Lavora nel cinema dal '97 e da allora si è ben guardato dal frequentare salotti politici e incappare in dinamiche di partito. Per questo il regista Gabriele Muccino, 57 anni, all'indomani dell'intervento di Nanni Moretti a Venezia sulla «nuova pessima legge sul cinema», ha pubblicato un lungo post su Instagram in cui definisce la stessa legge «pretestuosa, confusa, incompleta e cavillosa».
Muccino, è stato Moretti a ispirarle il post?
«Volevo farlo da un paio di giorni, poi Moretti ha aperto la strada e mi sono detto "Va bene. Andiamo"».
alessandro giuli gennaro sangiuliano
Perché si è esposto solo Moretti finora?
«Perché questo governo porta moltissimi artisti e liberi pensatori all'autocensura, abbiamo visto troppe epurazioni di persone scomode, prima di parlare ci si pensa due volte. Io non ho timori: se non mi facessero più fare film in Italia, andrei a Parigi, in Spagna o in Grecia. Ma le troupe non sarebbero italiane, è questo il punto. Io non parlo per me stesso, ma per un cinema di cui sono appassionato, perché voglio vederlo splendere come merita».
Cosa non va in questa legge?
«Fondamentalmente sopra una certa cifra – troppo incongruente, visto quello che prendono attori e autori affermati – limita fortemente l'accesso al tax credit per tutto ciò che nel budget è indicato come "sopra la linea" (i costi degli autori, registi e attori, ndr).
In pratica con quel tetto lì, se dovessi fare un film in Italia con attori americani, i produttori potrebbero scaricare in Italia ben poco del loro compenso, il che comporterebbe andare a girare il film altrove in Europa, con tutti i vantaggi che c'erano in Italia fino a un anno fa».
Vantaggi introdotti da un governo di sinistra, allora era ministro Franceschini. C'erano già delle falle?
«C'erano, era troppo larga la manica di attribuzione del tax credit a produttori "parvenu" che accedevano ai fondi senza avere a cuore l'esito del film, ma solo il maxi ricavo. In altre parole al film lasciavano una minima quota, il resto se lo intascavano. Per questi dieci ladri di galline - i soliti furbetti che arrivano ovunque giri il denaro - hanno deciso di punire l'intero settore. Compresi i cineasti con passione e prestigio internazionale, come dimostrano i premi che continuiamo a ricevere nei festival».
Una legge migliorativa, comunque, andava fatta?
alessandro giuli gennaro sangiuliano
«Era nell'aria, l'avrebbe fatta qualunque ministro di buon senso. Sangiuliano si è dimostrato un uomo dalle piccole qualità, in ogni espressione che toccasse l'arte e la cultura, di cui il nostro Paese è da secoli il maggior produttore al mondo. L'ha gestita calpestando tutto con arroganza.
Da un'occupazione altissima - non si erano mai visti così tanti set come negli ultimi quattro anni, le major americane si erano trasferite in Italia - a una disoccupazione altissima. Oggi le grandi produzioni scelgono di andare in altri Paesi – penso a Uma Thurman che ha dovuto finire di girare il suo film iniziato a Cinecittà in Canada – ed è un grande danno a tutta la filiera italiana e tutti coloro che ci lavorano, e sono tanti».
Sangiuliano la citò nella lista dei registi italiani con maggiori guadagni.
«La sua battaglia è stata fortemente ideologica. Quella lista era quasi di proscrizione, il mio nome tra l'altro era legato a una serie di due stagioni e 18 episodi, senza contare che e se mi danno una certa cifra è perché lavoro dal '97 con grandi risultati. Il mio cachet, come quello di colleghi illustri, da Luca Guadagnino ad altri, è da leggere in questo senso».
Che cosa chiederebbe al nuovo ministro Giuli?
«Una lungimiranza, uno sguardo costruttivo verso il Paese. Dobbiamo ricostruire un'industria che dà impiego a migliaia di lavoratori che con i loro contributi pagano le tasse e genera un'economia importante anche nelle singole regioni. Basterebbe migliorare la legge Francechini: il 40% del tax credit era molto invitante, in Spagna sono arrivati al 50%, non c'è paese europeo – dalla Grecia all'Ungheria – che non abbia copiato quella struttura di finanziamento perché il ritorno era esponenzialmente maggiore dell'investimento».
Muccino, lei parla così perché è un regista di sinistra?
gabriele muccino foto di bacco
«No, non sono né di sinistra, né di destra. Ci tengo a mantenermi super partes e dialogare con Giuli, e con il governo Meloni, senza essere a priori etichettato come antitetico ideologicamente, perché sono sempre stato fuori dai salotti e dalle dinamiche di partito. E perché solo così si costruiscono i ponti, il cinema va salvato».
Si sente libero come autore nell'Italia di oggi?
«Vivo una libertà che mi sono conquistato con i miei film, fidelizzando un pubblico che mi è vicino emotivamente e lavorando con produttori che mi hanno sempre permesso di esprimermi liberamente».
gabriele muccino e will smith 3
(...) Oggi invece si respira un clima diverso, l'autocensura viene spontanea, ma io credo nella democrazia, quindi dopo aver visto un ministro come Sangiuliano inciampare in modo così incommentabile prendo un respiro e dico quello che volevo dire da mesi: Sangiuliano ha messo in ginocchio il cinema italiano. Spero che domani sia un altro giorno».
gabriele muccino foto mezzelani gmt 014LE DIMISSIONI DI GENNARO SANGIULIANO - VIGNETTA BY VUKIC GENNARO SANGIULIANO - MARIA ROSARIA BOCCIA gennaro sangiuliano esce da palazzo chigigabriele muccino foto mezzelani gmt 015
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