Mario Ajello per “il Messaggero”
TEATRO ARISTON
Non è la carica dei 101, o in versione Walt Disney o in versione splatter come nel caso di Prodi azzoppato sulla via del Colle. Stavolta non sono un centinaio ma sei volte di più - almeno 634 secondo i calcoli che girano - i protagonisti Rai dell'assalto al festival di Sanremo. Vado all'Ariston perché sono fratello di, sorella di, cognato e genero o generone di, ma anche moglie o ex moglie o nonna di, cliente di, vassallo o valvassore o valvassino del sottocapo tal de' tali, dell'amico dell'amico dell'ad o del dg o del galoppino Usigrai o di chiunque abbia uno strapuntino o abbia avuto uno antenato o vanta un discendente tra Viale Mazzini e Saxa Rubra.
TEATRO ARISTON
La carica dei 600 è una commedia all'italianissima. Che era molto semplice da spoilerare guardando il festival degli sprechi. Con le telecamere aziendali impazzite e più concentrate sulla folla di famiglie e famigli che sui cantati in gara. Più vogliose di glorificare l'apparato dirigenzial-amicale di potere sotto il palco, sicuro della propria impunità come è tipico di ogni nomenklatura, che attente a ciò che accadeva sulla presunta scena principale.
FABRIZIO SALINI
E comunque: è sceso ora in campo il collegio sindacale della Rai - composto da un ispettore capo della Ragioneria generale come presidente e da due alti funzionari del ministero del Tesoro - e ha deciso di fare le pulci all'amministratore delegato Salini per l'esorbitante partecipazione dei 600.
Risultati in eccesso perfino in un festival monstre dove tutto s'è gonfiato anche con qualche trucchetto (l'interminabile ultima serata in favore del picco di share) e in cui la lievitazione dei partecipanti extra cerimoniale ha raggiunto il record storico: mai così tanti e oltre 100 in più rispetto allo scorso anno. Ma chi ha pagato? Perché famiglie e famigli e staff e sotto staff o pseudostaff erano lì nelle poltronissime? E a fare che cosa oltre che a pavoneggiarsi in un status indebito o farlocco?
elena capparelli fiorello fabrizio salini
INCHIESTA
Il Tesoro vuole vederci chiaro. Non gli basta la risposta arrivata dal Settimo Piano giorni fa, quando gli spettatori più attenti e più sensibili ai soldi pubblici e alla decenza nazionale avevano avanzato dei dubbi: non è che avete esagerato imbarcando tutti all'Ariston? Macché, paga ognuno di tasca propria: questa la replica di Viale Mazzini.
Lacunosa o depistante, evidentemente. I fari contabili adesso si sono accesi, e già l'ad Rai è nel mirino del ministro Gualtieri - i due si sono visti di recente e Salini deve elargire qualche poltrona importante al Pd, sennò rischia - e questa ennesima tegola se la sarebbe volentieri risparmiata. Ma la gestione del festival è stata come minimo pasticciata e gli ascolti non bastano a ricoprire di zucchero un evento le cui criticità in pochi hanno avuto voglia di vedere perché - ma basta con questa litania! - Sanremo è Sanremo.
roberto gualtieri si congratula con giuseppe conte per l'informativa sul mes
La carica dei 600 è avvenuta oltretutto a scapito di un'azienda che già non se la passa bene, considerando i 65 milioni di perdite previste nel 2020. Il 21 febbraio, nel prossimo Cda, quello delle nomine importanti, all'ad toccherà dimostrare che gli imbucati non sono imbucati. Un problemaccio quasi più difficile che scegliere il prossimo direttore lottizzato del Tg1 e certamente più a rischio impopolarità.