Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”
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È stato ucciso dalla madre, a tre mesi, Lorenzo. Scaraventato più volte a terra. Fino a spaccargli il cranio. Una creatura rimasta immobile, con gli occhi sgranati come punti interrogativi, ai piedi del lettone. In casa, nel luogo dove avrebbe dovuto trovare la massima protezione e il massimo affetto.
Tutto negato da una sventurata che questo esserino non lo voleva, come ripeteva quando rimase incinta e il convivente si dileguò dalla modesta casa di un popolare quartiere di Catania. E lei, Valentina Ferlauto, 26 anni appena compiuti, rosa da una depressione post partum ma incapace di chiedere aiuto, pure lei vittima di se stessa, ha finito per macchiarsi del peccato più grande.
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Provando a farla franca, a non ammettere l' orrore, a sostenere il 14 novembre, il giorno della tragedia, che il piccolo era scivolato, che s' era fatto male da solo. Senza convincere poliziotti, magistrati e soprattutto i medici. Come hanno accertato esami e radiografie, consulenze e perizie ordinate dall' ufficio del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo.
Offrendo una verità agghiacciante, infine confermata da questa giovane donna da ieri in carcere per omicidio volontario: «Sì, io ho lanciato il bambino a terra nella stanza da letto, io ero in piedi ai piedi del letto e l' ho lanciato lì, di fronte, con forza... L' ho fatto perché mi si è oscurata la mente, non ho visto più, non riesco nemmeno a spiegare cosa mi è successo... Non volevo ucciderlo».
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Ma a questa vaga attenuante di una ragazza introversa, rimasta orfana all' età di undici anni e cresciuta con la nonna, si oppone il giudice che ha fatto scattare le manette, una donna, Giuseppina Montuori, convinta del contrario: «Ha agito di certo al fine di ucciderlo. Non può in nessun modo ritenersi corrispondente al vero neppure l' assenza di volontà omicida ai danni del neonato».
Raccapriccianti l' ammissione e il ricordo: «In quel momento mi è venuto di lanciarlo per nervosismo, lui non stava nemmeno piangendo, ma io quel giorno non stavo proprio bene, avevo giramenti di testa, avevo un forte mal di testa...».
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E non ricorda quanti minuti siano trascorsi prima di chiedere aiuto alla nonna, Onofria Piana, ignara in cucina. Il tempo si dilata e si restringe. La madre non sa: «Lorenzo a terra non perdeva sangue, aveva però gonfia la parte laterale del cranio, forse quella sinistra o quella destra...». In un lampo di lucidità grida e alla nonna che accorre consegna la prima bugia: «È scivolato». Poco dopo si ripete davanti al padre, Antonio Ferlauto, sgomento: «Cosa hai fatto al bambino?».
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La vedeva strana da giorni. Le aveva pure fissato una visita psicologia alla Asl. Ma lei non c' era andata, chiusa in sé, come ha ricostruito: «Mi sentivo sempre stanca, pensavo sempre a lui che non voleva vivere con me vicino alla mia famiglia».
Lui è Francesco Blundo, l' uomo che quattro anni fa si innamorò di Valentina ma che lo scorso inverno decise di mollarla cambiando città, voltando le spalle alla donna già incinta.
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È questo lo scenario che esplode nello sconforto di un figlio non voluto, con questa madre assassina che alle vicine di casa ripeteva frasi adesso evocate: «Mi lega le mani...». E si dannava nonna Onofria con le vicine, da Patrizia Samiceli ad Antonia Torrisi, pronte a sostituirsi alla «pazza» che strattonava la creatura, senza nemmeno cambiare il pannolino, insofferente al pianto, alle innocenti esigenze di Lorenzo, il bimbo che la mamma non voleva.