Federico Rampini per “la Repubblica”
SPIKE LEE
«È razzismo contro i bianchi». È Charlotte Rampling a lanciare la “bomba”, l’attacco al
politically correct, dissociandosi dalla campagna di boicottaggio degli Oscar promossa da star afroamericane.
La parola d’ordine del boicottaggio contro la cerimonia degli Academy Awards è scattata dopo che per il secondo anno consecutivo nessun attore o attrice nera è finita nella rosa delle nomination. E l’Academy accoglie le ragioni della protesta: annuncia che «raddoppierà entro il 2020 la rappresentanza di minoranze etniche e donne nelle giurie degli Oscar».
RAMPLING
Ma la Rampling non ci sta e lo dice senza cautele diplomatiche in un’intervista alla radio francese Europe 1. Racisme anti- blanc, è l’espressione che ha usato l’attrice, perfettamente bilingue, un’icona degli anni Sessanta:
resa celebre al suo esordio da film come La caduta degli dèi di Luchino Visconti e Portiere di notte di Liliana Cavani. «Perché classificarci in questo modo?», si chiede la settantenne attrice inglese, lei stessa candidata all’Oscar come migliore protagonista per il suo ruolo in 45 Years.
La Rampling liquida come anacronistiche le accuse di razzismo: «Di questi tempi tutti sono più o meno accettati. Ci sarà qualcuno che obietta: quello lì non è abbastanza bello, o è troppo nero, o è troppo bianco. Ma non è una ragione per concludere che dobbiamo imporre minoranze dappertutto».
È un attacco che non passa inosservato in America perché sembra rivolto ben oltre gli Oscar a tutte le politiche di affirmative action che hanno cercato di promuovere le minoranze etniche, in certi casi con delle quote a loro riservate. Proprio quelle quote che vengono “reintrodotte” di fatto nella riforma delle giurie appena annunciata dall’Academy.
SPIKE LEE 1
L’uscita della Rampling infiamma una polemica che già divampa da una settimana. L’annuncio dei candidati agli Oscar è del 14 gennaio. Due giorni dopo protesta Jada Pinkett Smith, cantante e attrice nera, moglie dell’attore Will Smith. «Alla cerimonia degli Oscar — dice la Smith — noi persone di colore siamo invitate a fare da intrattenitori, magari a consegnare i premi, ma raramente i nostri meriti artistici sono riconosciuti. Non dovremo rifiutarci di andare?».
Il 18 gennaio, festa commemorativa di Martin Luther King, la stessa Smith lancia il boicottaggio: «L’Accademia ha il diritto di premiare chi vuole ma noi non abbiamo bisogno di chiedere inviti. Riconosciamo il potere che ci siamo conquistati. Appartiene a noi operare il cambiamento”. Nasce l’hashtag #OscarsSoWhite per denunciare i premi “così bianchi”.
sean connery e charlotte rampling in zardoz
Si unisce il regista Spike Lee: annuncia che quest’anno diserterà la cerimonia. La protesta diventa internazionale, fra le star straniere che aderiscono al boicottaggio c’è il nero inglese David Oyelowo che interpreta Martin Luther King in “Selma”, il film sulla marcia per i diritti civili del 1965.
E ci sono anche alcuni attori bianchi di provata fede progressista come George Clooney, che in un’intervista a Variety si dice sdegnato: «L’Academy si comportava meglio 10 anni fa, all’epoca c’erano più afroamericani nominati. E non è solo un problema di nomination, bisogna chiedersi anche quante opportunità di lavorare nel cinema vengono offerte agli artisti delle minoranze etniche».
SPIKE LEE OSCAR
Non poteva mancare, dulcis in fundo, il personaggio dello spettacolo più in vista del momento. Donald Trump non si è fatto pregare. Ha ricordato che esiste un canale tv dedicato agli afroamericani, Black Entertainment: «Lì non premiano mai i bianchi».
2. MA A PAGARE ALLA FINE RISCHIA DI ESSERE LA QUALITÀ DEI FILM
Antonio Monda per “la Repubblica”
La polemica riguardo alla scelta dell’Academy di non candidare alcun artista di colore continua a crescere, e la presa di posizione di Charlotte Rampling, secondo cui la difesa ad ogni costo della diversità rivela in realtà una forma di razzismo, ha suscitato nuove reazioni furibonde.
antonio monda
La controversia va ben oltre la semplice serata degli Oscar: si scontrano due concezioni opposte della cultura americana. Da una parte coloro che reagiscono alle abominevoli discriminazioni del passato con la creazione di quote dall’altra coloro quanti ritengono che questa tendenza sia ormai superata dalla storia e abbia creato delle insopportabili degenerazioni di correttezza politica.
Ma ci sono due dati che non si possono ignorare: se è vero che il 95 per cento dei votanti dell’Academy è composto da bianchi, molti dei quali non giovanissimi, è anche vero che - con la possibile eccezione di Samuel Jackson - quest’anno non ci sono performance di assoluta grandezza da parte di neri.
SPIKE LEE RAMPLING OSCAR
La polemica attraversa inevitabilmente anche il mondo dei divi bianchi: alla dichiarazione a sorpresa della Rampling fa da contraltare George Clooney, per il quale si sta andando «nella direzione sbagliata». Ciò che rischia di essere sconfitta è l’autentica qualità delle scelte, e mentre i tabloid cominciano a reagire con ironia (l’avvento di una tempesta di neve su New York è stata titolata dal New York Post come «più bianca degli Oscar»), c’è chi ricorda la battuta di Albert Einstein che, alla richiesta all’arrivo in America di specificare di quale razza fosse, rispose semplicemente: «Umana».