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    SCHIANTO A MILANO: UN SUV TRAVOLGE ALL’ALBA L’AUTO DI UN 57ENNE –IL GUIDATORE RESTA INTRAPPOLATO TRA LE LAMIERE E MUORE IN OSPEDALE MENTRE IL PIRATA DELLA STRADA SCAPPA A PIEDI – DOPO UNA FUGA DI 12 ORE SI COSTITUISCE – LE ACCUSE NEI SUOI CONFRONTI POTREBBERO AGGRAVARSI SE GLI ESAMI DOVESSERO CONFERMARE CHE ERA UBRIACO O DROGATO - VIDEO


     
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    Cesare Giuzzi per corriere.it

     

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    Livio ha resistito per più di un’ora e mezza, finché i pompieri non sono riusciti a liberare il suo corpo dalle lamiere e tirarlo fuori da quella macchina, ormai ridotta a un cubo di ferro, dopo essersi rigirata su se stessa per quasi cinquanta metri. Quando l’ambulanza è arrivata alla clinica Città Studi, Livio Chiericati, da Cornaredo, 57 anni, padre di due figlie, respirava ancora. Era un esperto di informatica, aveva lavorato a lungo alla Memorex Telex, ora era amministratore delegato di una società di software nel centro di Milano. Ma soprattutto era un batterista.

     

    Con la foto in bianco e nero da bambino accanto a piatti e rullante, con l’immagine in maglietta insieme agli amici dei Rotten Groove, piccolo gruppo con il quale suonava la musica degli anni Settanta («la musica che ci piace») senza la pretesa di diventare famosi, solo con la voglia di stare insieme, in quella sala prove che fa da sfondo a una foto dove Livio sorride dietro la batteria e fissa l’obiettivo. La stessa immagine che gli amici condividono ora sui social network, perché Livio è morto, spazzato via da un pirata della strada che gli è piombato addosso a tutta velocità.

     

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    Lui, vittima casuale nell’alba di una domenica assonnata e deserta. Chi lo ha travolto, mentre viaggiava forse a più di cento all’ora su un Suv Audi Q7, dopo lo schianto ha aperto la portiera ed è sceso scappando in una corsa incerta. Ma senza voltarsi, come hanno raccontato i testimoni. Senza neanche guardare Livio Chiericati mentre moriva. Erano le 6.55.

     

     

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    La fuga di Franko D. T., 33 anni, padre italiano e madre serba, una lunga fila di precedenti penali, è durata meno di dieci ore. È finita nel primo pomeriggio quando s’è presentato all’ospedale di Rho, alle porte di Milano, dicendo di aver avuto un incidente. Ma il suo nome era già stato segnalato ai pronto soccorso di mezza Lombardia, perché gli investigatori erano sicuri che il 33enne fosse rimasto ferito. E certi che alla guida di quel Q7, rimasto di traverso sullo spartitraffico che separa le carreggiate di viale Monza all’angolo con via Popoli Uniti, ci fosse proprio lui. L’auto è intestata alla moglie, non risultava rubata, e le immagini delle telecamere, seppure non chiarissime, hanno confermato che dopo l’impatto è la sagoma di un uomo che scende dal fuoristrada e si allontana.

     

     

    Quando s’è presentato in ospedale i vigili di Milano erano già a casa sua in via Adamello, 27 a Nerviano, e già avevano scoperto i vestiti sporchi di sangue che aveva avuto il tempo di cambiare nella speranza di riuscire a fuggire. Quando ha visto arrivare i poliziotti del commissariato di Rho, avvertiti dai medici, ha preso il telefono e ha chiamato la moglie: sono qui, volevo costituirmi. Ma per il pm Francesco Cajani quello altro non era che un modo, maldestro, di sfuggire all’arresto. Perché secondo gli investigatori, solo il dolore per le ferite, comunque non gravi, gli ha impedito di fuggire ancora.

     

    Ora è piantonato in ospedale, in arresto per omicidio stradale aggravato dall’omissione di soccorso. Accuse che potrebbero aggravarsi se gli esami dovessero confermare che il 33enne era ubriaco o drogato. «Con la nuova legge sull’omicidio stradale — ammette l’assessore comunale alla Sicurezza Carmela Rozza — continuiamo a registrare un aumento delle omissioni di soccorso, piccole e grandi, e questo deve farci riflettere».

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