Gianni Santucci per corriere.it
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Il colore che domina la scena è il grigio, tonalità neutre e sbiadite che riempiono per intero il campo visivo: dall’asfalto, alle facciate dei palazzi, al biancastro del cielo mattutino e nuvoloso, tutto impastato dalla luce spenta della più tipica mattinata invernale milanese. Eccola, la visuale dell’autista del bus 91 che alle 8.08 e 31 secondi di sabato scorso ha «bruciato» un semaforo rosso in viale Bezzi e s’è scontrato con un camion dell’Amsa.
È la visuale su un quadrante stradale senza traffico, quasi deserto, su un tratto di strada rettilineo e soprattutto, quel che più conta, con visibilità piena. Soltanto un elemento spicca, molto evidente: la luce rossa del semaforo (ripetuta tra l’altro da un secondo semaforo, che per chi percorre viale Bezzi in direzione Sud sulla corsia preferenziale si trova sulla sinistra).
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Il fermo immagine che il Corriere può riprodurre in questa pagina ha permesso al Nucleo radiomobile della Polizia locale (dove lavorano alcuni dei più esperti investigatori italiani nell’«infortunistica stradale») di mettere un punto fermo nella dinamica dell’incidente che ha provocato 12 feriti e la morte di Shirley Ortega, 49 anni.
Filmati incrociati
Tutte le immagini sono state acquisite dagli uomini della Locale. L’incrocio dei filmati (quello «frontale» di una azienda farmaceutica, quello «posteriore» della residenza per anziani «Bezzi», più quelli registrati dalle telecamere interne dell’autobus) definisce un quadro perfettamente chiaro dal punto di vista della «colpa». È l’autista che passa con il rosso e il mezzo Amsa con il verde.
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Le immagini consentono anche di affinare le valutazioni sulle velocità, pur se in questo caso non è un aspetto decisivo: al contrario di quel che sembrava dalla visione della telecamera dell’azienda su viale Bezzi (per quanto accertato dal Corriere attraverso fonti investigative), i mezzi avanzavano molto più lentamente, l’autobus sotto i 50 all’ora, probabilmente anche più vicino ai 40 (l’Atm ha anche un limitatore di velocità sui mezzi di superficie che impedisce di oltrepassare il limite dei 50 orari).
Il malore
Tutte le certezze acquisite finora sulla dinamica dell’impatto non permettono però al momento di avere un’analoga chiarezza sul perché l’autista abbia «bruciato» il semaforo rosso che in maniera così evidente campeggiava nella sua visuale, inquadrato proprio nel vetro frontale che dopo l’urto è andato in frantumi, quando l’autobus ha perso la traiettoria, ha abbattuto due semafori e d è finito nella carreggiata in senso opposto.
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Ieri il legale Salvatore Leotta, che segue il conducente, ha ribadito la versione del suo assistito: «Mi si è appannata la vista, ho avuto un mancamento improvviso, non sono più riuscito a controllare il mezzo». È una versione che l’uomo, 28 anni, in Atm dal maggio scorso, ripeterà durante l’interrogatorio che affronterà nei prossimi giorni nella posizione di indagato per «omicidio stradale aggravato» (anche il guidatore del camion è indagato per la stessa ipotesi di reato).
Le ipotesi
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Quella versione sarà sottoposta a tutte le verifiche da parte degli investigatori e del pm Rosaria Stagnaro. Un lavoro molto ampio che punta ad accertare se invece l’autista si sia distratto perché stava usando il cellulare durante la guida o se abbia staccato gli occhi dalla strada per firmare alcuni documenti. In questi accertamenti rientra anche l’ascolto di tutti i testimoni, sia passeggeri, sia passanti, che hanno assistito all’incidente. Si tratta di almeno una dozzina di persone e si sta cercando di capire se il loro racconto possa portare qualche contributo alle indagini. Oggi verrà fatta l’autopsia sul corpo della donna rimasta uccisa. Era in piedi davanti alla porta centrale del bus (che si è frantumata) ed è stata sbalzata fuori dal mezzo.
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