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    SCISSIONE! SCISSIONE! RENZI RANDELLA ANCORA LA MINORANZA PD: “CERCANO ARGOMENTI PER LITIGARE, MA IL RISCHIO E’ DI TRASFORMARSI AGLI OCCHI DELLA NOSTRA GENTE COME BERTINOTTI E D’ALEMA NEL ’98. HO FATTO DI TUTTO PER TENERLI DENTRO. ORA CHE DEVOO FARE, FUSTIGARE UNO CHE ALLA LEOPOLDA HA URLATO "FUORI"?”


     
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    Francesca Schianchi per “la Stampa”

     

    DALEMA RENZI DALEMA RENZI

    «La minoranza è alla ricerca di argomenti per litigare, non rendendosi conto che il rischio è di trasformarsi agli occhi della nostra gente come Bertinotti e D' Alema nel '98». Il primo comizio della settimana è appena terminato. Cinquecento militanti e fan si sono pigiati in un cinema di periferia al grido di «Basta un sì» per ascoltare, toccare, fotografare il segretario-premier. Ha fatto appena in tempo a iniziare il suo discorso, volando alto tra Stati Uniti, Mosul e Bruxelles, che arriva il primo urlo: «Manda a casa D' Alema».

     

    RENZI DALEMA TOTTI RENZI DALEMA TOTTI

    Manco dieci minuti, e di nuovo una voce: «Cacciali tutti». Qui, Renzi, maniche di camicia e cravatta bordeaux, alza lo sguardo verso il signore che ha strillato: «Buoni, buoni, noi non cacciamo nessuno». Parole significative, nel giorno in cui il segretario del Pd è sotto attacco per quel coro «Fuori-fuori» che si è alzato domenica dalla Leopolda.

     

    A Firenze ha dato il via al coro un contestatore isolato, seguito da pochissimi, sono certi dall'entourage di Renzi, portando come prova un tweet di Claudio Velardi con un video che riproduce il momento «incriminato». E lui, Renzi, dal palco ha reagito come fa spesso Obama: «Don't boo: vote», nella versione italiana «Non urlate e fate i comitati per il sì». Nessuno scandalo, insomma, considera il segretario-premier, nessuna volontà di cacciare nessuno, solo un errore di valutazione nel racconto della giornata: «Ho attaccato duro sul tema degli scontri e a questo è stato riservato meno spazio rispetto a uno che ha urlato…».

    IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI

     

    Il punto vero, secondo lui, però, è un altro: che la base del partito, la «nostra gente» - sia la Leopolda o l' affollato cinema di Frosinone - è arrabbiata con i vari Bersani, D' Alema, Speranza. Non li capisce, non li segue, li critica, ragiona con i suoi. Come dimostrerebbero i sondaggi riservati in mano al Pd, secondo cui il numero degli elettori grillini che voteranno sì al referendum è più alto di quello dei democratici che voteranno no, cioè delle truppe della minoranza.

    bersani renzi bersani renzi

     

    Dalle agenzie, il segretario del Pd legge le accuse che gli vengono rivolte - l' arroganza, la sudditanza. Il fantasma della scissione torna ad aleggiare su un partito inquieto, ma lui parlando con alcuni suoi collaboratori, in auto mentre fila verso un altro comizio, declina ogni responsabilità: «Per tenerli dentro abbiamo fatto tutto il possibile: abbiamo cambiato la riforma costituzionale, abbiamo accettato di cambiare la legge elettorale, ora per non votare lo stesso la buttano sull' arroganza di Renzi… Che dobbiamo fare, fustigare uno che alla Leopolda ha urlato "Fuori"?».

     

    BERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA BERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA

    Il problema vero, ragiona lui prima di infilarsi in un cinema di Latina per motivare altri elettori al voto del 4 dicembre, è che la minoranza del Pd sta infliggendo una «ferita profonda al centrosinistra»: li paragona a Bertinotti e D' Alema, alludendo alla responsabilità di aver messo fine al sogno del primo governo dell' Ulivo.

     

    «E' paradossale, nel momento in cui nel mondo siamo un punto di riferimento della sinistra, e lo è ancora di più dopo l' accordo sulla legge elettorale». Non ci crede alla buona fede, non ci crede che il punto vero sia cambiare la riforma o l' Italicum: «I leader del fronte del no usano l' appuntamento del 4 dicembre per tentare la spallata al governo».

     

    È gente che «non sopporta l' idea che qualcuno riesca dove loro hanno fallito». E qualcuno di loro, si dice certo, lo fa per ragioni personali: «D' Alema venne da me e mi chiese il posto della Mogherini», racconta nel libro di Vespa anticipato ieri.

    «Io non avrei avuto niente in contrario, ma ho dovuto constatare che nel Pse non lo voleva nessuno».

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