Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
sampaoli
C' è sempre ai Mondiali un momento in cui si comincia a credere che la Croazia possa vincerli. Di solito è questo, alla seconda o terza partita, quando gli altri hanno gambe di legno e la Croazia scivola via dentro il suo calcio matematico. Non importa chi sia l' avversario, stavolta era l' Argentina di Messi e Dybala, perché la Croazia quando gioca bene sa farlo spesso meglio di chiunque. C' è sempre però dopo una partita di fiacca improvvisa, qualcosa di irriconoscibile, come il bisogno di buttarsi via per non volere la responsabilità di guardarsi, in cui la Croazia porta tutto nel vento e si cancella.
L' ha fatto tante volte da quando è diventata una nazione e con Boban, Suker e Prosinecki arrivò terza ai Mondiali 20 anni fa. È come se fossero campioni incompiuti, una nazione troppo piccola per poter vincere il torneo di tutti. I croati sono 5 milioni, quanto i toscani, la metà dei lombardi, si sentono più mitteleuropei che slavi, hanno inventato la cravatta e le cinque giornate di Milano.
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Erano loro la guardia austriaca di Radetzky che provocava fumando sigari in faccia ai milanesi nei giorni dello sciopero del fumo. Sono sempre stati sul confine della storia, i croati, ma adesso hanno qualcosa di più, hanno il miglior centrocampo del mondo, Rakitic-Brozovic-Modric. Insieme fanno una differenza che può difenderli dalla vecchia indolenza che arriverà a ondate. Non c' è stata l' Argentina, non c' è stato Messi, non c' è stato un progetto di calcio. L' Argentina di Sampaoli, per essere diversa, non riesce ad avere un' idea, ha scelto di non averne nessuna.
Non ha un ruolo reale Messi.
Dovrebbe partire a una trentina di metri dalla porta per cercare lo scambio con uno dei fantasisti e poi finire nel tiro.
sampaoli
Ma finisce per fare lui la sponda di tutti. Così arretra di altri dieci metri, cercando di diventare quello che non sarà mai, un centrocampista. Forse è esausto, forse è stanco anche di rappresentare una Nazionale che non si forma mai, di sicuro è un equivoco straordinario, un fascio di nervi soffocato dall' abitudine a gestirli, un fuoriclasse inutile. Intanto torna in campo il Brasile: ha i suoi guai ma non tanti e non gravi come quelli dell' Argentina.
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Abbiamo tutti parlato molto della sua attitudine all' anarchia. Più nello specifico sta mancandogli un riferimento centrale in attacco. Gabriel Jesus è giovane, non segna molto nemmeno in stagione, è molto bravo ma non dà ancora carisma a un ruolo fondamentale per lasciare spazio a Neymar. Tutti nel Brasile arrivano ai limiti dell' area e cercano l' ultimo dribbling, nessuno cerca il centravanti. È un vizio vecchio dei brasiliani che quasi considerano «volgare» il ruolo, ma oggi diventa un danno serio anche per l' arte.
La Costa Rica sa difendersi molto bene, questo farà della partita qualcosa di vero. È l' occasione per cominciare a trovare una squadra che sappia realmente dominare questo Mondiale fin troppo eccentrico.
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