Antonio Riello per Dagospia
ANTONIO RIELLO
Questa settimana i membri (complessivamente circa 3000 persone) della Regent House della Cambridge University dovranno votare una mozione, presentata in Giugno dall' Univerity Council capeggiato dal vice-cancelliere Stephen Toope.
Sembra una delle tante regole che da sempre le istituzioni accademiche si pongono per definire i propri codici di comportamento. Cose che in genere suonano come "decoro" e "buona educazione", e che spesso hanno a che fare con abbigliamento e tradizioni.
Quando si è invitati ad insegnare per qualche seminario in una Università Britannica c'è sempre qualche premuroso collega che, pensando sia la tua prima volta, cerca sinteticamente di comunicarti le usanze locali, almeno quelle fondamentali ed inderogabili.
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In genere sono cose del tipo: "Ricordati bene di non metter la cravatta quando insegni (solo alle riunioni con i colleghi), mai sederti al tavolo del tè dei professori anziani (a meno che tu non sia stato espressamente invitato) e mai - mai! - parcheggiare l'auto troppo vicino alla casa del Dean (Preside)".
Tutto il resto è in pratica concesso (sesso, droga e rock 'n roll - a basso volume - compresi). Basta che avvenga con la dovuta discrezione: l'unico problema è non scatenare fastidiosi scandaletti. Sono insomma delle realtà che, a parte certi curiosi aspetti formali, hanno sempre goduto di una estrema autonomia in termini intellettuali e non solo.
UNIVERSITA' DI CAMBRIDGE
Anzi l'eccentricità è in genere premiata. Per un PhD (un dottorato) tanto più il tema è improbabile e bizzarro tanto più ha probabilità di essere accettato. Hanno molto successo ricerche come "L'allevamento dei cammelli albini nella penisola scandinava", "La vis comica di Hegel", "il Ricamo a punto croce come questione Geopolitica", "Fenomenologia della torta nuziale" e via così. Con molta facilità anche la sorrentiniana "suora-nana-che-fuma-di-gusto-il-sigaro" sarà già stata oggetto di numerose tesi.
qanon 1
Ma quello che si andrà prossimamente a votare, per la prima volta nella lunga storia di questo Ateneo (fondato nel 1209, conta complessivamente circa 22.000 studenti), potrebbe gettare un'ombra su questa consolidata aura di libertà.
La faccenda è basata sul concetto sottile di "Respect" a cui sarebbero strettamente tenuti sia gli insegnanti che gli ospiti (visiting professors) in qualsiasi loro forma di esternazione pubblica. Le intenzioni sembrano sulla carta le migliori possibili: proteggere gruppi emarginati, come ad esempio potrebbero essere le comunità Rom, da affermazioni poco riguardose o pregiudiziali. Una evoluzione istituzionale e potenziata del "politicamente corretto". Un atteggiamento che verrebbe comunque allargato, in questa prospettiva, anche ai portatori di opinioni eterodosse in qualsiasi campo: politico, scientifico, morale.
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Con il termine "rispetto" qui si intende, in pratica, questo: nell' ambito universitario qualsiasi affermazione pubblica che vada, in qualche maniera, contro l'opinione-identità di una qualsiasi "minoranza" (infatti poco importa che siano dei complottisti stile QAnon, dei fautori della legittimità della pedofilia, degli ingenui sostenitori della "Terra Piatta", dei "semplici" negazionisti della Shoah, degli jihadisti fanatici, o degli "antivax" di qualche tipo) potrebbe essere censurata in quanto appunto irrispettosa verso tale specifica comunità. In realtà, come scenario finale si configura una sorta di effettiva auto-censura del pensiero nel corpo docente. In altre parole un eclatante, inopportuno ed infelice trionfo dell'ipocrisia: la libertà di parola sarebbe, di fatto, in scacco. Qualcuno di certo finirà per far clandestinamente lezione da Fitzbillies (la nota pasticceria del luogo, celebre per i suoi cinnamon buns) dove potrà finalmente dire ciò che pensa.
Stephen Fry
Più di un centinaio di professori (ma sono in rapido aumento) stanno spingendo con energia per una mozione alternativa dove il termine "respect" sia cambiato con "tolerance". Non è un fatto meramente lessicale. E' invece sostanziale. Infatti sposterebbe la questione verso un impegno più vago.
Sarebbe evitata fermamente ogni forma di disprezzo/pregiudizio, ma nel contempo si lascerebbe comunque al singolo docente la possibilità di dissenso/disaccordo o anche, se è il caso, di una satira bonaria. A quest'ultima posizione si sono allineati personaggi come Stephen Fry, insegnante a Cambridge e anche scrittore, amato personaggio televisivo, attore e regista. Diane Coyle (economista di fama), Sir David Spiegelhalter (citatissimo statistico), Selina Todd (storica e femminista). Molti altri eminenti dons (come vengono chiamati gli insegnanti) sono dello stesso parere.
IL QUADRO RIMOSSO DA CAMBRIDGE DOPO LE PROTESTE DEI VEGANI
Tutta la stampa sta monitorando la cosa da vicino. Le polemiche sono tante e si trascineranno a lungo. Quello che succede nei college di Cambridge in questo momento ha un sapore quasi surreale per l'opinione pubblica londinese che vive stretta tra le ansie del momento. Non siamo, in ogni caso, di fronte alla solita bega accademica fine a se stessa (altrimenti ecchissenefrega!).
universita' di cambridge
Cambridge è considerata, a ragione o a torto, un modello e un esempio in tutto il mondo, quello che succede da queste parti ha influenze imprevedibilmente vaste. Le tendenze (quelle belle e quelle meno belle) di solito arrivavano dall'Inghilterra al resto del continente Europeo nel giro di qualche mese, adesso possono bastare addirittura poche settimane.
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Boicottaggi, inquietudini, contestazioni, (perlopiù legate a visioni politiche antisionistiche spesso al limite dell'antisemitismo) hanno già agitato le Università italiane. Vedi gli episodi nel 2009 e nel 2016 alla Sapienza di Roma. Un brutto giorno potrebbe essere importata ed adottata l'autocensura universitaria preventiva. Di sicuro, a queste latitudini, con autocertificazione inclusa.
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