Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
MEME DI SALVINI SOTTO CASA DI CASSESE
«Non ci credo, è in preda alla sindrome da citofono». Ai piani alti del Pd, quando sui terminali delle agenzie si materializza il lancio dell'Agi sull'incontro tra Matteo Salvini e Franco Frattini, qualcuno si presenta da Enrico Letta e lo relaziona sull'ennesimo candidato del leader leghista che sembra destinato a essere «bruciato».
Il segretario del Pd aveva perso le tracce del pari grado del Carroccio da qualche ora; e anche quelle di Giuseppe Conte, al punto che si iniziava a spargere la voce che le due vecchie punte di diamante del governo gialloverde fossero andate insieme a caccia di candidati per il Quirinale (circostanza poi negata dai 5 Stelle).
SALVINI CASELLATI
È stato in quel momento, siamo nel tardo pomeriggio, che - forse per stemperare la tensione - ai vertici della cerchia lettiana qualcuno ha tirato fuori la «sindrome del citofono», ricordando quella sera della campagna elettorale delle elezioni regionali dell'Emilia-Romagna in cui Salvini si era presentato al portone di un condominio di periferia e aveva citofonato a un sospetto spacciatore. «Il meccanismo è lo stesso ma la domanda è diversa: scusi, lei si candida al Quirinale?».
Nel perimetro temporale di sole quattro votazioni, e trascurando il lavorio delle settimane precedenti, la mano di Salvini ha toccato o semplicemente sfiorato una lista indefinita di «quirinabili», regalando loro (per ora) l'atroce destino di candidature che hanno fatto giri immensi senza mai essere tornate alla base.
matteo salvini guido crosetto foto di bacco
Donne e uomini, freschi sessantenni e quasi novantenni, accademici di grido e politici consumati e alte cariche dello Stato del presente e del passato remoto, sotto l'ombrello salviniano - in un gioco di terzine comunicate in conferenza stampa, chiacchierate riservate e visite a sorpresa, spifferi confermati o smentiti - hanno sfilato in ordine sparso Marcello Pera e Letizia Moratti, Carlo Nordio e Sabino Cassese, Giampiero Massolo ed Elisabetta Belloni, Pier Ferdinando Casini, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Franco Frattini.
matteo salvini foto di bacco (9)
E la lista è incompleta se è vero, com' è vero, che l'ufficio stampa leghista ha confermato altri incontri con «avvocati e docenti universitari», quasi a dare la misura di un casting senza fine. «Siamo a X-Factor», si lamentava ieri sera Matteo Renzi, che pure per una lunga finestra temporale di questa campagna quirinalizia è stato per l'omonimo leghista un compagno di viaggio a metà strada tra il confidente e il suggeritore («Mesi fa gli mandai dei video di Cassese alla Leopolda, lui non lo conosceva», ha spifferato il leader di Italia viva).
MATTEO SALVINI ARRIVA ALLA CAMERA PER L'ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Il caso di Elisabetta Belloni, che sta ai vertici dei servizi segreti, ha fatto infuriare più d'uno, a cominciare dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Per qualche ora, ieri mattina, Salvini aveva lasciato intendere che «su questo nome si può ragionare». Salvo poi, dopo l'apertura di Giorgia Meloni, cambiare idea, ingranando una pericolosa retromarcia. Già, perché Salvini è alla ricerca di un sogno all'apparenza impossibile.
belloni
Una candidatura tirata fuori dal suo cilindro che lo copra con la maggioranza e che non lasci margini di protesta a Fratelli d'Italia. L'ha imparato a proprie spese Pier Ferdinando Casini, che nella notte tra lunedì e martedì è andato a dormire avvertendo tra le mani la consistenza di una larga investitura quirinalizia che poi gli è scivolata come un'anguilla. «Salvini aveva fatto capire che ci rifletteva ma poi ha cambiato idea, spaventato dalla prova di forza della Meloni con la candidatura di bandiera di Guido Crosetto», ha confessato in giornata uno degli amici più stretti dell'ex presidente della Camera.
umberto bossi e matteo salvini
Giancarlo Giorgetti, nel frattempo, ha memorizzato nelle note dello smartphone una risposta fotocopia a tutti i messaggi che gli arrivano e che gli chiedono conto della prossima mossa di Salvini. «Sono ottimista» è il testo copiato e incollato a beneficio di decine di destinatari. Qualcuno lo interpreta come il segnale che, alla fine di un lungo giro, il dito salviniano andrà a toccare il citofono di Palazzo Chigi, alla ricerca di Mario Draghi. Il doppio forno del segretario leghista, con Conte&Letta e con la Meloni, è sempre più attivo. Ma le candidature che ci sono finite dentro ne sono uscite bruciate. Per ora.