Graziella Melina per “Il Messaggero”
terapie intensive
Durante la pandemia sono morte per Covid 746.146 persone. L'equivalente degli abitanti di circa sette città come Napoli, Novara, Arezzo, Udine. La mortalità del 2020 in Italia è stata la più alta mai registrata dal Dopoguerra in poi.
Ben 100.526 persone decedute in più rispetto alla media del 2015-2019 (con un 15,6% di eccesso). Ma il rischio di decesso per Covid si riduce del 95% a partire dalla settima settimana dopo la somministrazione della prima dose di vaccino.
terapie intensive
Come evidenza il rapporto dell'Istat realizzato insieme all'Istituto Superiore di Sanità, le regioni dove c'è stato un aumento significativo di lutti sono Piemonte, Valle D'Aosta, Lombardia e la Provincia autonoma di Trento.
Il picco più alto di decessi giornalieri si è registrato l'anno scorso: il 28 marzo ci sono state 928 vittime; mentre il 19 novembre, durante la seconda ondata, non ce l'hanno fatta altre 805 persone.
terapie intensive
A perdere la vita soprattutto gli uomini; l'incidenza maggiore di decessi per Covid sui morti totali è stata tra i 65 e 79 anni (uno su cinque). La situazione di sofferenza e dolore vissuta da migliaia di famiglie italiane emerge anche dai dati del XVIII Rapporto Osservasalute, curato dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell'Università Cattolica.
ventilatori terapie intensive
Tra le regioni dove si sono registrati maggiori decessi, la Valle d'Aosta (246,1 per 100mila abitanti) e la Lombardia (208,6 per 100mila). Una mortalità più bassa c'è stata in Toscana, Abruzzo e Marche; e poi in Campania (64,3 per 100mila), Puglia (59,7 per 100mila) e Lazio (56,5 per 100mila). In Calabria 23,3 morti per 100mila abitanti.
Gli esperti hanno osservato un aumento di decessi anche per altre patologie: per demenze (+49%), cardiopatie ipertensive (+40,2%), diabete (+40,7%) e per altri sintomi e malattie mal definite (+43,1%).
I PIÙ VULNERABILI
ventilatori terapie intensive
Secondo Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell'Osservatorio, «probabilmente questa emergenza ha rallentato i processi di cura. In altri casi, forse, potrebbe avere accelerato il decesso».
La pandemia ha insomma reso ancora più vulnerabili le persone già affette da altre patologie. «Molti pazienti non si sono sottoposti agli screening, ai percorsi di prevenzione e la malattia in molti casi è degenerata velocemente. Anche la fragilità degli anziani si è acuita, purtroppo molti non hanno ricevuto cure con tempestività».
coronavirus vaccinazioni a fiumicino
Un indicatore che può aiutare gli esperti a comprendere come mai si sia arrivati a un numero così drammatico di morti è senz'altro il numero dei ricoveri.
Nella prima fase della pandemia (dal 24 febbraio al 14 luglio 2020), le regioni che hanno ospedalizzato maggiormente sono state Valle d'Aosta (40,8%), Lazio (30,5%) e Umbria (28,2%); quelle con la quota più elevata nelle terapie intensive sono state Umbria (6%), Toscana (2,6%) e Lazio (2,3%).
Nelle due fasi successive, Piemonte (10,3%), Liguria (9,5%) e Valle d'Aosta (7,4%) hanno avuto maggiore ospedalizzazione. «Il Lazio e la Sicilia, pur essendo le regioni con il più basso numero di contagi - osserva Solipaca - sono fra quelle che hanno ospedalizzato molto. Il Veneto, al contrario, pur essendo una regione sotto pressione, ha ospedalizzato poco. Segno evidentemente di una cattiva performance della sanità territoriale delle prime due. La presa in carico è stata tardiva e le persone si sono aggravate».
vaccinazioni anti covid
Il numero totale dei morti per Covid, però, potrebbe addirittura essere sottostimato. «Abbiamo osservato che è aumentata moltissimo la mortalità per influenze e polmoniti. In realtà, molti di questi decessi sono dovuti al Covid, ma sono stati annoverati come morti per influenza. I decessi di polmonite e influenza, per esempio, sono stati sette volte superiori in Lombardia e in Emilia Romagna rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Direi che si tratta di un dato poco credibile».