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    SE DAVOS VENDE FUFFA, NON È CHE I SUOI ''RIVALI'' SIANO MEGLIO - OXFAM COME OGNI ANNO LANCIA L'ALLARME SULLE DISUGUAGLIANZE ECONOMICHE, MA ''IL FOGLIO'' SMONTA LA ONG: IN 20 ANNI 1,2 MILIARDI DI PERSONE SONO USCITE DALLA POVERTÀ, E LA DISEGUAGLIANZA IN REALTÀ È IN CALO. LO MOSTRA IL RAPPORTO CREDIT SUISSE (LA FONTE USATA DA OXFAM): LA QUOTA DI RICCHEZZA IN MANO AL TOP 10% E AL TOP 5% È IN CONTINUO CALO. E LA MAGGIOR PARTE DELLA POPOLAZIONE HA MIGLIORATO LA SUA POSIZIONE RELATIVA


     
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    1. OXFAM, LE DISEGUAGLIANZE SI ACCENTUANO. DUEMILA PAPERONI PIÙ RICCHI DI 4,6 MILIARDI DI PERSONE

    Barbara Ardù per https://www.repubblica.it/economia/

     

    Mark Goldring Mark Goldring

    Jeff Bezos, patron di Amazon, nel 2018 perse per un po' lo scettro di uomo più ricco del mondo, riconquistandolo poco dopo. Tutto riconducibile a un sali e scendi delle azioni in Borsa. Se non fosse per questa variabile, prontamente registrata dai media, il quadro delle diseguaglianze di ricchezza e reddito nel mondo non è che sia cambiato di molto da un anno all'altro, anzi forse è peggiorato e peggiora per le nuove generazioni. Ce lo ricorda puntuale come ogni anno Oxfam alla vigilia del meeting annuale del World economic Forum a Davos dove si incontreranno a giorni gli uomini più ricchi o più potenti del pianeta. Un antidoto, quello di Oxfam, al rischio di una assuefazione di massa alle diseguaglianze.  

     

    oxfam alla conferenza sul clima di parigi oxfam alla conferenza sul clima di parigi

    E sì, perché a scorrere i numeri i Paperoni di Forbes son sempre lì. In 2153, forti di un patrimonio di 2.019 miliardi (dati di metà 2019), vantano  una ricchezza superiore a quella complessiva di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione mondiale.

     

    Una ricchezza quindi tutta concentrata al vertice della piramide sociale. Un esempio? Tutte le donne del continente africano messe insieme, hanno più o meno la ricchezza dei 22 uomini più ricchi del mondo. Numeri spaziali. Perché se il patrimonio di una delle persone più ricche del mondo fosse impilato con banconote da 100 dollari bucherebbe lo spazio suborbitale terrestre, superando i cento chilometri d'altezza.

     

    Immagini forti che tali rimangono perché negli ultimi tre decenni la crescita economica su scala globale che pur c'è stata, non ha avuto affatto un carattere inclusivo. Reddito e ricchezza salivano, ma si fermavano al top della piramide. Non solo. Appena il 4% degli introiti fiscali deriva da forme di tassazione della ricchezza. Ben diversa da quella sul reddito. E' un po' pochino. Certo le cose cambiano da Paese a Paese, ma che la redistribuzione sia lontana da un livello equo è evidente.

     

    OXFAM HAITI OXFAM HAITI

    E in Italia? Esistono e persistono diseguaglianze. Ecco i dati. A metà 2019 la quota di ricchezza in possesso dell'1% più ricco superava la quota di ricchezza complessiva detenuta dal 70% degli italiani più poveri sotto il profilo patrimoniale. Ricchi e poveri. Ma ciò che colpisce è che nell'ultimo ventennio la ricchezza dei più facoltosi è salita del 7,6%, quella del 50% dei più poveri si è ridotta del 36,6%. Una redistribuzione al contrario. E non è che in fatto di reddito le cose stiano diversamente. D'altra parte le retribuzioni in media son tutt'altro che salite (anche se non tutte). Tant'è che nel 2018 l'indice di Gini, che misura le diseguaglianze, collocava l'Italia al 23° posto nella Ue a 28. Paese ineguale insomma.

     

    E a pagare queste nuove diseguaglianze, questo ci mostra Oxfam ma in parte lo vediamo tutti i giorni, sono le nuove generazioni. E le donne. Più povere in fatto di ricchezza, retrtibuzioni e pensioni. Perché? Perché l'Italia è caratterizzata da una peristenza delle condizioni economiche da una generazione a quella successiva. Un Paese immobile, anche sotto il profilo patrimoniale. Come dire che l'ascensore sociale è rotto. E per ora non è in riparazione. Il figlio di un dirigente ha un reddito annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato anche se hanno avuto gli stessi percorsi formativi. Sempre che a scuola e all'università quest'ultimo ci arrivi, perché il fenomeno degli abbandoni scolastici è in crescita da due anni dopo un decennio di discesa. Peggio di noi in Europa fanno solo Spagna, Malta e Romania.  

     

    rich kids 8 rich kids 8

    "Siamo indietro rispetto all'Europa - sostiene Elisa Bacciotti, direttrice campagne Oxfam Italia- le famiglie a basso reddito in Italia non possono supportare e sostenere un figlio nel percorso scolastico soprattutto quando si presenta un intoppo, un problema. Non ci sono supporti scolastici pubblici capaci di occuparsene sostenendo le famiglie. Ecco perché l'abbandono scolastico è così alto e perché abbiamo un così alto numero di giovani che non studiano e non lavorano. O se lavorano, e questo è un altro problema, lavorano per una paga risibile e meditano di partire in cerca di un futuro migliore. Oltre il 30% dei giovani occupati guadagna meno di 800 euro al mese mentre il 13% degli under 29 versa in condizioni di povertà lavorativa". Poi ci si stupisce che il tasso di natalità in Italia sia così basso. 

     

     

    2. LA DISEGUAGLIANZA NON È COME DICE OXFAM - L'USO DISTORTO DEI DATI CREA NUOVI ALLARMI FARLOCCHI. COME SMONTARLI

    Luciano Capone e Carlo Stagnaro per ''il Foglio''

     

    La diseguaglianza economica è fuori controllo. Nel 2019 i miliardari del mondo, appena 2.153 persone, possedevano più ricchezze di 4,6 miliardi di persone". Si apre così il consueto rapporto che Oxfam presenta in concomitanza con il World Economic Forum di Davos.

    rich kids 11 rich kids 11

    Anche quest' anno, tutto sembra andare male.

     

    Per capire quanto sia infondato l' approccio scandalistico di questa associazione che ogni anno conquista i titoli dei principali media del mondo come una specie di Codacons globale, basterebbe riprendere gli slogan delle edizioni passate: nel 2017 si denunciava che solo 8 miliardari possedevano la stessa ricchezza di mezzo mondo (3,6 miliardi di persone); nel 2018, per pareggiare la ricchezza della metà più povera, di miliardari ce ne volevano 42; l' anno scorso 26. Quest' anno circa 2 mila.

     

    Quindi, secondo lo standard di Oxfam, le cose dovrebbero essere nettamente migliorate. Nonostante il "sistema economico difettoso e sessista", le distanze tra i fortunati e i più miseri sembrano essersi accorciate: la ricchezza in mano ai miliardari è scesa da 9,2 mila miliardi di dollari nel 2018 a 8,7 nel 2019 (-6 per cento).

     

    Questo dato non viene enfatizzato, al contrario di quanto fatto in passato di fronte a cambiamenti di segno opposto. Perché ogni anno Oxfam si sceglie gli indici che preferisce, per dipingere sempre la stessa realtà. Pertanto, bisogna dirla tutta: il rapporto è pensato per lanciare messaggi sconvolgenti su una dinamica delle divaricazioni sociali che, in realtà, è un fenomeno molto più sfaccettato e complesso di quanto appaia.

     

    povertà povertà

    Intanto, ancora una volta Oxfam insiste nell' utilizzo di una metodologia che inizialmente poteva essere ritenuta disinvolta, ma ormai - dopo le sempre più intense e frequenti critiche (sul Foglio lo ripetiamo ogni anno) da parte di economisti che si occupano e seriamente del tema - va definita per quello che è, cioè scorretta. Sono principalmente due i limiti dell' analisi di Oxfam. In primo luogo, per stimare la ricchezza dei miliardari, usa la classifica di Forbes, che la esprime in dollari correnti, quindi senza tenere conto dei movimenti valutari né del potere d' acquisto nei diversi contesti nazionali.

     

    Il secondo e fondamentale problema è che la ricchezza a livello globale è desunta dallo studio di Credit Suisse che, tuttavia, ne stima il valore netto: cioè tenendo conto sia degli attivi, sia dei passivi nel bilancio delle famiglie. Così, un rampollo della middle class americana che ha fatto un mutuo per studiare a Harvard appare più povero di un suo coetaneo contadino nel Laos che, pur non avendo nulla, non ha neppure debiti. Per esempio, in Europa il 38,2 per cento della popolazione avrebbe una ricchezza netta inferiore a 10 mila dollari: molto più che in Cina (dove sono il 24,6 per cento!).

     

    L' ultimo decile della distribuzione globale della ricchezza, quello più povero, dove ci sarebbe addirittura una ricchezza negativa, è composto quasi per il 20 per cento da cittadini nordamericani ed europei: una quota analoga a quella di africani (22 per cento), Asia e Pacifico (20), indiani (22) e latino-americani (19 per cento); non c' è però nessun cinese (0 per cento). La scelta di confrontare mele con pere - i dati Forbes con quelli Credit Suisse - e trattare entrambe come se fossero arance, conduce così a esiti paradossali.

    povert povert

     

    Non c' è dubbio che la diseguaglianza sia un importante problema, proprio per questo motivo andrebbe trattato seriamente (considerando anche reddito e consumi) e non alla carlona come fa Oxfam. Fortunatamente, a livello globale, la diseguaglianza non sembra crescere né tanto meno appare fuori controllo, anzi. Lo mostra sempre il rapporto Credit Suisse - cioè la fonte usata da Oxfam per le sue elaborazioni- secondo cui l' indice di Gini sulla diseguaglianza della ricchezza, a livello globale, è in continuo calo: la quota di ricchezza in mano al top 10 per cento e al top 5 per cento è in riduzione sostanziale da almeno vent' anni. Anche per quanto riguarda il top 1 per cento, la quota di ricchezza netta posseduta è in leggera flessione dal 2000.

     

    Al contrario, la maggior parte della popolazione ha migliorato la sua posizione relativa, visto che la fetta della torta in mano al 90 per cento più povero (o meno ricco) della popolazione mondiale è quasi raddoppiata: dal 10 per cento nel 2000 al 18,3 per cento nel 2019.

     

    Coerentemente, "la conclusione da trarre è che la diseguaglianza globale della ricchezza si è generalmente ridotta negli ultimi due decenni", scrive Credit Suisse. Insomma: Oxfam usa una metodologia discutibile per lanciare un allarme che la sua stessa fonte nega. Questo non significa che povertà e diseguaglianze non siano questioni drammatiche - lo sono eccome.

     

    Ma se grazie alla globalizzazione e al capitalismo le cose sono migliorate, dovremmo interrogarci su come progredire ulteriormente rispetto ai trend in atto, anziché rottamarli negandone i risultati. Il risultato più eclatante di questi decenni - e forse della storia - è che la povertà globale si è ridotta drasticamente e con essa anche la diseguaglianza mondiale dei redditi e della ricchezza: e tutto questo mentre la popolazione mondiale cresceva, soprattutto nei paesi più poveri.

     

    tihomir trichkov fotografa un orfano in un quartiere povero di mombasa in kenya per raccogliere fondi tihomir trichkov fotografa un orfano in un quartiere povero di mombasa in kenya per raccogliere fondi

    La sezione italiana di Oxfam dedica anche uno speciale alla diseguaglianza nel nostro paese. Per cominciare, si vede che anche in Italia da alcuni anni la quota della ricchezza del top 10 per cento è in continua riduzione: dal picco del 56 per cento nel 2016 siamo scesi al 53,6 per cento nel 2019. Oltretutto, si è perfino ridotto il numero di milionari, sceso da 1.516 del 2018 a 1.496 del 2019: forse una buona notizia per Oxfam, ma un pessimo segnale per chiunque abbia l' accortezza di rintracciarvi l' ennesimo indizio di un' economia stagnante.

     

    Ciò nonostante, i dati italiani sono tutt' altro che preoccupanti, almeno sotto il profilo delle disparità patrimoniali: sempre dallo studio Credit Suisse, la fonte di Oxfam, si desume che l' indice di Gini per la ricchezza è pari al 66,9 per cento, inferiore non solo a Germania (81,6 per cento) e Regno Unito (74,6 per cento), ma anche ai mitizzati paesi scandinavi: in Danimarca è dell' 83,8 per cento, in Finlandia 74,2 per cento, in Svezia 86,7 per cento.

     

    L' operazione di Oxfam è un grande successo mediatico da diversi anni, proprio perché si basa su un uso distorto dei dati e sulla diffusione di messaggi allarmistici o fuorvianti che creano l' impressione di un' emergenza e alimentano le paure. Un meccanismo efficace e ben noto ai leader populisti, ma che serve più a speculare sui problemi che a risolverli.

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