Luigi Garlando per “la Gazzetta dello Sport”
gabriele gravina e roberto mancini
Comunque vada, non sarà un'Apocalisse. Nessuno potrà toglierci ciò che abbiamo ballato. Abbiamo festeggiato nelle strade un titolo europeo che aspettavamo da 53 anni. Siamo stati incoronati nella cattedrale di Wembley e abbiamo raccolto con orgoglio i complimenti del mondo per la bellezza e il coraggio del nostro gioco. Ci siamo emozionati per l'abbraccio tra Mancini e Vialli. Abbiamo trascorso quattro anni con la palla al piede, attaccando tutti, anche quelli più forti di noi. I ragazzi di Roberto Mancini hanno strappato al Brasile il record mondiale di imbattibilità (37 partite). Hanno perso solo 3 delle 46 partite giocate. Il c.t. di Jesi è il primo nella storia azzurra per media punti.
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roberto mancini 2
Ma, soprattutto, comunque vada, non sarà un'Apocalisse, perché una malaugurata eliminazione non lascerebbe macerie tecniche, come accaduto dopo l'incubo svedese del 2017. La lezione del Mancio che, sulla base del nostro magistero difensivo, ha costruito un gioco nuovo, rivolto al futuro e all'Europa, fatto di tecnica, possesso e spirito offensivo, è un solco profondo che resterà comunque. Gli Scamacca e i Raspadori sono i segnali di un discorso che continua. Ma non solo.
mancini gravina
L'effetto a cascata sul movimento Il Rinascimento di Mancini è stato raccolto dal campionato, l'esempio vincente della Nazionale ha dato coraggio a tanti tecnici che hanno osato progetti ambiziosi, rinunciando alla nostra tradizione speculativa. Squadre, anche di non primissima fila, che ricercano il risultato attraverso un gioco propositivo, di qualità, come Sassuolo, Verona, Fiorentina, Torino... sono figlie del Rinascimento.
roberto mancini 3
L'Atalanta di Gasperini lo faceva già per conto suo. In testa al campionato, non a caso, c'è la squadra che più assomiglia alla Nazionale: il Milan. Stefano Pioli, come Mancini, ha raccolto una squadra giovane e avvilita. E come Mancini, per ridarle coraggio e autostima, ha chiesto ai suoi giocatori di divertirsi con il pallone e di correre sempre in avanti, anche a palla persa. Il Milan si appoggia tanto su Theo Hernandez, come l'Italia su Spinazzola.
Comunque vada, non sarà un'Apocalisse, perché la stagione di Roberto Mancini, a suo modo, è stata un Genesi: ha fatto nascere qualcosa di nuovo che durerà nel tempo. Il sonno della ragione in parte è cominciato Detto questo, va riconosciuto con estrema onestà, che un eventuale eliminazione dal Mondiale non sarebbe un'Apocalisse, ma ci sprofonderebbe in un nuovo Medioevo che in parte è già cominciato.
ROBERTO MANCINI
È tipico del Medioevo il sonno della ragione che porta degli umani a ululare come bestie contro giocatori di colore, come successo sabato sera a Cagliari, o a stendere striscioni vergognosi come a Verona. Siamo ancora a questo livello nei nostri stadi, che restano, in gran parte, i più arretrati d'Europa. Tanti progetti fantascientifici ballano sui tavoli e lì restano.
È vero, come detto, che in molte piazze, specie di provincia, fermenta un calcio moderno, ma è anche vero che tutte le nostre squadre di Champions sono state spazzate via prima della primavera, nonostante investimenti faraonici. Stiamo attraversando una stagione arbitrale traballante come un ponte tibetano, che ha visto la definitiva perdita d'innocenza del Var. Tra nostalgie di Superlega, presidenti perennemente in lotta, progetti come la Coppa Italia, tarata per i grandi club e per i ricavi, a danno della logica sportiva, neppure la politica offre appigli sicuri.
ROBERTO MANCINI
Aggiungiamoci una cultura di campo (simulazioni, proteste perenni, perdite di tempo scientifiche a danno del tempo effettivo) inferiore a ciò che incontriamo all'estero ed eccoci nel Medioevo di cui sopra. Ogni 4 anni tutti uniti per la maglia azzurra In questo scenario, la Nazionale vincente e divertente di Roberto Mancini è stata una foglia di fico.
Dovesse fallire l'approdo in Qatar, ci sentiremmo nudi. Quanto verrebbe declassato il nostro calcio, incapace di qualificarsi per due volte consecutive a un Mondiale? Mai successo. Quanti si metterebbero in fila per acquistare i diritti del nostro campionato? Quanto verrebbero declassati quei diritti? Le stelle, che già ci pensano due volte prima di scegliere un club italiano, ci penserebbero quattro volte. Ma non è solamente un fatto sportivo. È anche una questione sociale. Non qualificarsi, vorrebbe dire dilatare uno spazio minimo di 12 anni (2014-2026) senza l'Italia in un Mondiale.
ROBERTO MANCINI
Un bambino che era in prima elementare nel 2015, rischia di ritrovarsi al liceo senza mai aver provato l'emozione di vedere la Nazionale azzurra giocare al Mondiale. Un Mondiale è una mano di colla passata sull'Italia dei campanili, pronta a dividersi su tutto, dalla politica in giù. Ogni quattro anni si ricompatta davanti alla televisione o, se va bene, in strada a far festa. Comunque, tutti per davvero fratelli di Italia, con lo stesso orgoglio e la stessa maglietta azzurra addosso.
roberto mancini premiato foto di bacco
Dopo gli anni di Covid e di isolamento, saltare l'empatia di un Mondiale farebbe ancora più male. È con tutte queste responsabilità sulla schiena che l'Italia di Mancini ha cominciato a lavorare ieri a Coverciano. Giovedì sera affronterà a Palermo la Macedonia del Nord, poi, se tutto andrà bene, con ogni probabilità, il Portogallo di Cristiano Ronaldo (martedì 29 marzo fuori casa), appena diventato il più grande bomber della storia. Una squadra di giocolieri (Bernardo Silva, Bruno Fernandes, Leao...) sulla carta più forte di noi. Vogliamo bene alla nostra Nazionale. Anche solo per gratitudine, per tutto quello che ci ha fatto ballare. Non ne ha mai avuto così bisogno. Mai come in questi giorni, sportivamente: l'Italia chiamò.