SALVINI PUTIN CONTE DI MAIO
1 - SE IL MOVIMENTO SI RICONSEGNA ALL'ESTREMISMO ANTI-NATO
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
Lo smarcamento era in incubazione. Quasi in sincronia con i distinguo del leader leghista Matteo Salvini, l'ex premier del M5S Giuseppe Conte aveva cominciato da giorni a sottolineare la sua preoccupazione «per le bollette degli italiani» rispetto all'aumento delle spese militari.
putin biden
Due malumori simmetrici, destinati a dividere la maggioranza che sostiene il governo di Mario Draghi; a riesumare un «asse populista» e tendenzialmente filorusso, per quanto litigioso, che sembrava sepolto dopo l'esecutivo giallo-verde; e a ripresentare all'Europa il lato ambiguo dell'Italia politica. Il voto contro un aumento delle spese militari, confermato ieri da Conte, rischia di avere effetti destabilizzanti.
mario draghi giuseppe conteu
A rendere sconcertante lo scarto è il fatto che avvenga proprio nel giorno della riunione della Nato a Bruxelles con il presidente Usa, Joe Biden; e dopo il discorso di Draghi e del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Parlamento italiano. Lo smarcamento dell'ex premier grillino fa riemergere tutti i sospetti sull'evoluzione atlantista dei Cinque Stelle; ma anche sugli angoli oscuri dei legami tra la Russia e alcune componenti dell'esecutivo.
Viene da chiedersi se sia soltanto una mossa contro Draghi, o l'indizio di un tentativo di delegittimare Palazzo Chigi nel bel mezzo del conflitto provocato da Vladimir Putin. Ieri Conte ha ribadito che «non saremmo all'altezza della nostra Costituzione se scegliessimo interventi massici in spese militari. Per noi è una scelta inaccettabile...».
conte salvini
L'aspetto paradossale è che mentre la prima forza del governo scivola ai suoi margini, la destra d'opposizione di Giorgia Meloni chiede di aumentare quelle spese fino al 2 per cento del Pil: la richiesta della Nato. L'insistenza di Conte rende la sua dissociazione ancora più grave. Segna un contrasto anche rispetto al Quirinale, perché il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ieri ha ripetuto parole inequivocabili sul conflitto.
E ha tra gli effetti collaterali quello di mettere in mora agli occhi del M5S il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, schierato con Draghi e con la Nato sull'aumento delle spese militari. In più dilata l'incognita dei rapporti col Pd di Enrico Letta, da sempre su una linea coerente contro l'aggressione della Russia all'Ucraina e dunque preoccupato per il governo.
di battista di maio
Il risultato è un allineamento di fatto del vertice del Movimento alle componenti estremiste, anti-Nato e anti-Draghi, dei Cinque Stelle: le stesse che da mesi invocano l'uscita dalla maggioranza e una crisi. E si registra in coincidenza con l'audizione dell'ex premier al Copasir, il Comitato parlamentare che controlla l'attività dei servizi segreti. L'audizione riguarda proprio l'azione di Conte a Palazzo Chigi, quando autorizzò una missione medico-militare russa durante la pandemia: una storia dai contorni opachi.
2 - SE LA GUERRA INVESTE IL CAMPO LARGO
Stefano Folli per “la Repubblica”
Come è ormai evidente, la guerra di Putin è destinata ad avere conseguenze stabili sulle relazioni internazionali, sul mondo fino a ieri globalizzato, sull'Europa e persino sulla nostra politica domestica. Il centrodestra merita un discorso a parte, ma il tono piuttosto sprezzante con cui Giorgia Meloni, dall'alto del suo 21,5 per cento scandito dall'ultimo sondaggio, ha risposto a Berlusconi e a Salvini, a proposito di "leadership", lascia intendere che parecchie cose stanno cambiando in quel recinto.
giuseppe conte minaccia di far cadere il governo draghi sulle spese militari
Invece è più interessante guardare nel campo del centrosinistra dove Enrico Letta ha preso una posizione molto chiara sulla guerra, a costo di scontentare una certa parte della sinistra in cui resta forte il sentimento anti-americano e quindi anti-Nato. Come ha spiegato nella recente intervista a Repubblica , Letta tira dritto con decisione, sia per la sua cultura politica sia perché questo ci si attende da un partito che non solo è il principale sostegno del governo Draghi, ma oggi aspira a essere, diciamo così, l'asse del sistema.
Tuttavia anche il Pd, al pari di FdI, è accreditato del 21,5 per cento nei sondaggi. Un dato lusinghiero, ma ancora insufficiente per una forza che voglia essere l'architrave del governo oggi e soprattutto domani. Come è noto, l'idea del "campo largo", cioè una rete di alleanze, serve proprio a compensare tale insufficienza.
letta meloni
Del resto, finora Letta è stato molto freddo - a dir poco - sull'ipotesi di una legge elettorale proporzionale. Anche in questo caso, sembra pensarla più o meno come Giorgia Meloni. Se ne ricava che nel centrosinistra il "campo largo" deve coincidere con una salda egemonia - per usare un termine antico del Pd sugli alleati.
Siamo usciti dalla fase in cui tutto ruotava intorno all'intesa privilegiata con i Cinque Stelle e Conte era "il punto di riferimento dei progressisti", ossia il vero leader dell'alleanza. Ora il Pd ha girato pagina, anche perché il declino dei 5S e la frattura tra Conte e Di Maio rendono irrealistico il vecchio scenario. Eppure ciò che resta dei "grillini" è ancora essenziale per le fortune del centrosinistra: una loro eccessiva debolezza rischia di compromettere la strategia a medio termine di Letta.
conte di maio
Qui interviene il tema tragico della guerra. La quale ha già mostrato quanto sia profondo il fossato tra il Pd atlantista e l'arcipelago grillino-populista suggestionato da Putin, ma soprattutto animato da uno spirito anti-occidentale subito riemerso con i suoi vecchi pregiudizi, a cominciare dalle spese militari.
Se il conflitto si esaurirà in tempi brevi, tali distinguo, benché rilevanti, potrebbero essere riassorbiti senza pregiudicare più di tanto la prospettiva del "campo largo" lettiano. Se viceversa lo scontro dovesse inasprirsi e proseguire nel tempo, come molti temono, allora la spaccatura potrebbe farsi insanabile. Peraltro la politica estera e di difesa rappresenta in ogni tempo il substrato dei governi.
MELONI LETTA
Per ragioni interne e internazionali, è del tutto escluso che un futuro esecutivo, il cui perno fosse il centrosinistra, possa mai prendere forma con un'ambiguità del genere. Peraltro Conte è ambiguo proprio perché in quella fascia di opinione anti-atlantica e anti-Draghi (i due aspetti si sovrappongono) egli pesca il suo residuo consenso. Già oggi ci si muove lungo un sottile crinale: basta poco perché la contraddizione diventi insostenibile. Come dire che la guerra nell'Est sta decidendo anche il senso della nostra politica interna.
virginia raggi giuseppe conte luigi di maio foto di bacco (2)