Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
pogba in milan juventus
Scudetto numero 32, quinto consecutivo, con tre turni d’anticipo. Se la ripetizione illimitata del godimento è pornografia, la Juventus è pornografia allo stato puro. Replica indifferenziata e meccanica della scena. Gemito androide. Cambiano i corpi ma non cambia il risultato. La coazione all’orgasmo multiplo. Ma anche un modello calcistico insuperabile, destinato ad allargare la forbice tra sé e il resto d’Italia.
milan juventus
Il che significa che, salvo eventi imponderabile, i bianconeri vinceranno il sesto e poi il settimo e ottavo di tricolore. Almeno. In panchina ci puoi mettere anche Nonna Papera. Cinque sono i fattori che, assommati, spiegano lo scudetto di quest’anno. In ordine d’importanza.
Fattore J. Come Juventus. Lo scrive Marco Tardelli nella sua autobiografia in questi giorni nelle librerie: “Nella Juventus non vincere è considerato peccato”. Arrivano alla Juve che sono delle anime tremule e diventano bestie affamate. Prendi Allegri. Era un simpatico bambacione, oggi è un orango cattivo. Da Gianni ad Andrea Agnelli il concetto non cambia. Il primo diceva: “Dobbiamo vincere, non stravincere, per evitare di risultare troppo antipatici”.
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A naso, il secondo sembra infischiarsene dell’antipatia. La forza della società determina tutto il resto. La grandezza di un club la si vede quando le vacche sono magre. Nel 2006 decide di retrocedere in B pur di liberarsi di Giraudo e soci e iniziare un nuovo ciclo. Amputarsi una gamba per disfarsi della cancrena. Di gambe ne sono ricresciute almeno due. In attesa di prendersi anche l’Europa.
Fattore B. Come Buffon, Barzagli e Bonucci. Impressionante Gigi. A 38 anni archivia la sua stagione più eclatante da portiere. Migliore al mondo quest’anno come rendimento, davanti a Neuer e a tutti gli altri. Una volta non parava i rigori. Ora prende anche quelli (vedi ieri sera a Firenze). Aggiungi la personalità dominante. Leader assoluto. Aggiungi Ilaria. Si capisce che para, parla, strapara e straparla per lei e con lei.
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Barzagli e Bonucci. Il primo è uno dei più grandi affari calcistici della storia del calcio. Preso per 300 mila euro nel gennaio del 2011 dal Wolfsburg, trentenne, infila cinque campionati consecutivi perfetti. Bonucci, quando arriva, sembra il parente povero di Ranocchia. Oggi lo vuole anche Guardiola. Segnare un gol alla Juve è più complicato che farsi pagare un caffè da Paolo Bonolis.
Fattore M. Come Mercato. Non sbagliano un colpo. Quando partono Tevez e Vidal, è tutto un pianto. Sembra la fine. “Faremo un campionato di transizione”, piagnucolano i poveri di fede. Transizione, un corno! Arriva Dybala. Ricorda Omar Sivori e dimentica Tevez. Chi è Tevez? Arrivano anche Mandzukic e Zaza.
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Due belve. Morata c’è già e conferma le stimmate. Per non parlare di Pogba. Fenomeno. Arrivano Alex Sandro e Khedira. Il primo è talento puro, il secondo è certezza. Bene anche Cuadrado, Lemina e Rugani. Avrà un “occhio solo”, Marotta, ma ci vede benissimo. E anche Berardi è loro.
Fattore S. Come Stadio. Inaugurato nel 2011, lo Juventus Stadium è diventato subito un fattore. Quello che più marca la distanza con il poverume del resto d’Italia. Una propria casa moderna, senza barriere architettoniche, e sempre stipata di anime appassionate. Risultato sotto gli occhi di tutti: forte identità e casse sempre piene. Una festa permanente.
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Fattore A. Come Arbitri. Da sempre in soccorso permanente della Madama, anche quando non ne ha bisogno. Quest’anno neanche tanto. Il potere del bianconero è talmente infiltrato nelle fragili menti degli uomini col fischio che agisce su di loro, sul loro eventuale subconscio, come un imperativo ipnotico. Nel dubbio, fischiano Juve.
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Capita anche a Rizzoli, uno dei tre migliori arbitri al mondo. Sono talmente oltre alla Juve che vincono anche senza, ma sapere di poter contare su di loro nella cattiva sorte ti rende definitivamente invulnerabile. Ebbrezza che ogni calciatore juventino ha provato almeno una volta nella vita.