Luca Monticelli per "La Stampa"
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Part time e a termine. Sono tra le forme di contratto più usate per far lavorare le donne, soprattutto giovani e al Sud. Anche molti uomini sono colpiti dal boom del part time "involontario", cioè non scelto dal dipendente ma imposto dall'azienda.
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Su 3,3 milioni di contratti attivati nei primi sei mesi di quest'anno, il 35,7% (1 milione e 187 mila) - uno su tre - è stato, appunto, part time. Il dato arriva dal rapporto dell'Inapp che lancia l'allarme sull'aumento delle differenze di genere.
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Quasi la metà (il 49,6%) delle nuove assunzioni femminili è a tempo parziale contro il 26,6% degli uomini. Il 42% di questi contratti rivolti alle donne associa al regime orario ridotto pure una forma contrattuale a termine o discontinua, penalizzazione che invece riguarda solo il 22% della nuova occupazione maschile.
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L'essere under 30 e vivere al Sud, rileva l'Inapp - l'Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche, un tempo chiamato Isfol - «continua a rappresentare una condizione di svantaggio ulteriore».
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La lettura di questi dati, sottolinea Sebastiano Fadda, presidente dell'Inapp, «ci dice che la ripresa dell'occupazione in Italia rischia di non essere strutturale perché sta puntando troppo sulla riduzione dei costi tramite il calo delle ore lavorate».
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La prudenza delle imprese, quindi, potrebbe «incrementare la fascia di lavoratori poveri». Invece di beneficiare del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che presenta clausole di condizionalità a favore di donne e giovani, si assiste ancora allo squilibrio di genere che diventa più marcato nel Mezzogiorno.
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In Sicilia, Calabria e Molise, ad esempio, la percentuale di part time femminile è intorno al 70%. Inoltre, gli incentivi economici e contributivi non hanno prodotto un'inversione di tendenza. Lo studio dell'Inapp evidenzia come nel primo semestre del 2021 le assunzioni con diversi tipi di sgravi siano state complessivamente 780 mila, corrispondenti al 23,5% del totale.
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Delle 291 mila assunzioni agevolate di donne, quasi il 60% sono state part time. Per gli uomini la percentuale è poco più del 32%. Il numero di nuove attivazioni per le donne è inferiore a quello degli uomini, ma con un'incidenza del part time molto più consistente.
Questa situazione si registra in tutte le tipologie. Sul totale dei nuovi contratti alle donne, sono part time: il 54,5% nel tempo indeterminato, il 64% in quello determinato, il 44% nell'apprendistato, il 46% dello stagionale e il 42% in somministrazione.
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Se in Italia ci sono circa 250 mila figure professionali che le aziende non riescono a trovare sul mercato, il rapporto Inapp non può che far riflettere. Forse il fenomeno dei posti vacanti è legato anche un problema salariale: i candidati mancano perché non sempre le condizioni offerte sono adeguate.
La Fondazione Di Vittorio della Cgil stima 2,7 milioni di part time "involontari" in Italia, il cui stipendio è più basso di oltre il 10% rispetto alla media dell'Eurozona.