christina moser maurizio arcieri krisma
CHRISTINA MOSER (1952-2022)
Da “Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell’Arti”
Cantante e compositrice svizzera-milanese. Cofondatrice, assieme al marito
Maurizio Arcieri, del duo musicale Krisma, la band italiana che di fatto ha inventato l'elettropop negli anni 70. «Ragazzina, si era innamorata del bel cantante dei New Dada, una delle tante band del beat all'italiana.
Di cui Maurizio si stufò per dirigersi, un decennio dopo, verso tutt'altri lidi, quelli appunto dell'elettronica. Lui motore, lei volto e voce, i Krisma diventarono subito un marchio di culto.
carlo massarini
Forse troppo per il nostro provincialismo, tanto che i due volarono a New York nella Factory di Andy Warhol all'inizio degli ‘80. E se il mito cresceva fino in Giappone, da noi venivano pian piano dimenticati, se non per un'incursione tv da Chiambretti nel 2009, Ma il culto, eccome, rimarrà» [Cruccu, CdS]. È scomparsa a 71 anni nella sua Lugano, dopo una lunga malattia.
ADDIO A CRISTINA DEI KRIS-MA
Dalla pagina Facebook di Carlo Massarini
Sette anni dopo Maurizio se n’è andata anche Cristina. I Kris-Ma rimarranno nei nostri ricordi come artisti innovatori, provocatori, sfacciatamente originali (in tutto e per tutto, dalla musica alla loro televisione satellitare), ostinatamente personali. Karis-Matici.
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Nel loro momento di splendore tanto belli, sexy e innamorati quanto vulcanici, sempre in movimento fra le capitali del mondo, sempre pronti a stare sulla frontiera in attesa di segnali da raccogliere.
Paolo Giaccio li mandò a Bali (truccando il foglio trasferta Rai con ‘Bari’) a girare i loro video ‘acquatici’ da ‘Clandestine Anticipations’ per Mister Fantasy, e dopo mille traversie finirono alla Maldive, Piccio Raffanini regista e Mario Convertino art-director. Sapete quelle cose, quei periodi in cui funziona tutto anche se un inciampo tira l’altro? Quando c’è la classe…tutto si può fare. Ciao Cristina, buon viaggio: di nuovo insieme, e non c’era cosa che desideraste di più.
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ADDIO A CRISTINA DEI KRIS-MA/2
Dalla pagina Facebook di Carlo Massarini
L'anno scorso, quando pubblicavo ogni sabato la rubrica de Linkiesta sui grandi album, avevo sfruttato un best dei Krisma per tracciare il loro percorso, così avanti nei loro tempi, così moderni ancora adesso. In direzione ostinata e contraria per vocazione. Pionieri della new wave italiana dannatamente originali, così uniti da essere davvero un nome solo. Gente libera di pensare e fare quello che gli pareva, non esattamente quello che succede adesso. Ciao Cris, e salutaci Maurizio, che ti aspettava da sempre.
Il fascino alternativo e incompreso dei Krisma
Carlo Massarini per www.linkiesta.it
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I Krisma sono una delle coppie più singolari, creative, innovative mai apparse sulla scena artistica italiana. Belli, irresistibilmente cool e sfrontati, anticonvenzionali fino all’estremo, pesci fuor d’acqua in una scena italiana che non li ha mai capiti, figurarsi accettati, quindi inevitabilmente costretti (e ben volentieri, peraltro) a cercare le loro strade al di fuori dei nostri confini. Eclettici abbastanza per bruciare tutte le loro carte musicali in un lustro, forse due, e riconvertirsi poi a un mondo mediatico d’avanguardia fra programmi di culto e tv satellitari quali la loro Krisma.tv.
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Seguire i Krisma voleva dire entrare in una bizzarra dimensione parallela fatta di sonorità inedite e sessualità esuberante ed esplicita, molto ammiccante e parecchio fetish, stilosità a la page nel vestire, nel farsi fotografare e nei videoclip, globalizzazione antelitteram e contatti ai massimi livelli con musicisti e produttori americani ed europei sulla loro lunghezza d’onda.
Lontani dalle sonorità italiane degli anni 70 e primi 80, e non a caso riscoperti o integrati anni dopo da coloro che quelle ricerche le avevano condivise (Battiato, insieme su “10 Stratagemmi”) o che le avevano apprezzate successivamente (Subsonica su ’Nuova Ossessione’).
La loro vocazione alternative ogni tanto ha incrociato le hit parade, e quello che rimane in eredità, ora che Maurizio Arcieri non c’è più, è una manciata di album nel periodo punk/new wave/techno pioneristici per l’Italia e perfettamente allineati ai tempi stranieri della sperimentazione elettronica prima e digitale poi, che i Krisma hanno cavalcato con fantasia fuori del comune: la sperimentazione di Maurizio nel mondo delle tecnologie applicate alla musica è stata davvero extra-ordinaria.
maurizio arcieri 70
Visto che quasi tutti questi album (i migliori, quantomeno, cioè i primi quattro) sono fuori catalogo, scelgo per raccontare la loro traiettoria un “Best” che, con parecchie scelte discutibili (valga per tutte la mancanza della strepitosa ‘Black Silk Stocking’, ma come si fa…), assembla alcuni momenti memorabili. I primi tre album, e ne vale la pena, li potete trovare per intero su Spotify. (Chinese Restaurant del 1977, Hibernation del 1979 e Cathode Mamma del 1980).
Ma questo momento sulla frontiera dell’esplorazione sonora è una seconda fase di Maurizio Arcieri e Christina Moser, milanese teen idol lui, cresciuto nel beat degli anni 60, lussuriosa bellezza bionda lei, ricca ereditiera svizzera decisamente non votata alla vita borghese e di società. Arcieri, prima con i New Dada, uno dei tanti complessi beat che inondano la penisola sulla scia della British Invasion, e poi da solo, arriva fino a metà anni 70 vivendo un po’ di rendita sulla sua bella faccia, un superclassico (’5 Minuti e poi’), e una serie di cover: Hit Parade, Cantagiro, copertine dei magazine giovanili, fotoromanzi, musicarelli, insomma tutta la trafila pop di quegli anni.
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Un giorno del ’66, al party di compleanno della figlia di Leo Wechter, l’impresario che aveva chiamato i New Dada ad aprire i concerti dei Beatles al Vigorelli a Milano, arriva lei, 14enne di quelle che non diresti mai che, e su quel 24enne dal capello mechato biondo e lo sguardo birichino colpo lo fa eccome.
Cristina ricorda l’incontro: «Ha lasciato quattro palle del flipper per starmi dietro. A 14 anni sono cose estremamente romantiche». Fu l’istantaneo decollo di una di quelle storie ai confini della realtà, 46 anni tutti i giorni insieme, casa e bottega, «eravamo una sorta di due mezza mela. E quando litigavamo era rigorosamente in inglese».
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Il matrimonio arriva nel ’72, e il takeoff insieme come Chrisma nel 1976 è una sorta di disco-sexy-pop, canzoni languide e spacchi di gonna da eccitazione istantanea, singoli con l’inequivocabile titolo di ’Amore’ prima (comunque con una base percussiva mica male, cortesia degli Osibisa, pionieri dell’afro-funk), e ’U’ l’anno dopo. Sorta di concept alla ’Love To Love You Baby’, per chi c’era basta la parola.
Però occhio a chi sta dietro a questi due singoli: la musica del primo e la prima versione del secondo sono di Vangelis Papathanassiou, ex Aphrodite’s Child, pochi anni prima sensazione pop greca con ’Rain And Tears’, e destinato alla gloria come compositore da Oscar a Hollywood. La produzione è del fratello Niko, ed entrambi rimarranno con loro in tutta la prima fase elettronica. E non va dimenticato il supporto di Alain Trossat, discografico italo-francese a capo della Polygram, loro mentore e supporter, non la più scontata delle intuizioni.
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Poi arriva il punk, e nel giro di tre mesi (!) nulla sarà come prima. Cambia l’estetica, e cambia la musica. Perché se da una parte, nel periodo iconoclasta dei Pistols e discepoli, cominciano a frequentare e a vestirsi alla londinese, la musica non ha nulla a che vedere col punk due-accordi-sulla chitarra-e-spacco-tutto.
Tutt’altro. Neanche con i Velvet Underground, per la verità, a cui li paragona un giornalista inglese. La matrice è dichiaratamente teutonica, scuola Neu! e Bowie berlinese, un paragone possibile con i Suicide di Alan Vega e gli Ultravox prima maniera, quelli con John Foxx, o forse Siouxsie and the Banshees: il trash dell’amore-sound gettato via, si inoltrano in un’elettronica dark e atmosferica, sintetica e poco giocosa (almeno all’inizio), europea più che americana. Hanno una loro visione e, va detto, non sono epigoni o derivativi, quanto contemporanei dei nomi più innovativi sulla scena.
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“Chinese Restaraunt” esce alla fine del ’77, ed è magnifico, oltreché sorprendente: aperto da ’Thank You’, un lento incedere di funk ammantato di synth che in chiusura, stesso titolo, diventa un lunghissimo elenco di ringraziamenti, voce trattata ovviamente, che partono dal proprietario del ristorante cinese e attraversano la storia del r’n’r, del glam e dell’elettronica.
Le radici, insomma, anche se di Buddy Holly e degli Sha-Na-Na, per dire, ci si può chiedere il grado di parentela, più comprensibili Hendrix, Neu! e Roxy Music. Cristina: «Per me una cosa da bambini, tutto stupendo, come il primo tramonto, la sensazione che sarebbe stato un successo».
christina moser maurizio arcieri
È la porta d’ingresso a un mondo esplosivo quanto quella ’Black Silk Stocking’, ritmo ossessivo new wave e una chitarra distorta e cattiva, che un pomeriggio della domenica di Rai1 portano nel ’78 nel Piccolo Slam di Stefania Rotolo e Sammy Barbot.
Luca Frazzi, nelle note di “CHyberNation’, booklet esaustivo + disco tributo di vari giovani artisti, racconta di come abbia potuto stravolgere la vita di 12enne impreparato alla apparizione: «Lei vestita come un trans molesto (sul canale democristiano), lui con uno sguardo alieno che è il segnale definitivo: azzeriamo tutto, si riparte. Punk! Il 12enne esce turbato da quell’esperienza, non pensava che la tv potesse essere così pericolosa». Più o meno, mutatis mutandis, Elvis alla tv americana nel ’56 o i Pistols alla tv inglese l’anno prima. A quell’età, la folgorazione è sempre dietro l’angolo.
Ma ci sono molti altri brani che hanno quel tiro new wavish che puoi trovare alla fine dei ’70 nei club delle metropoli occidentali: ’Wanderlust’, ’What For’, e la irresistibile ’C.Rock’, un giro di Do (C, in inglese, appunto) con twang di chitarra trattata come linea melodica, gran giro di basso e batteria sui 150 bpm, ottimo per un training di aerobica, sopra un mantra ripetuto all’infinito «let’s rocking! go back rocking!».
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È uno dei tre brani dell’album (troppo pochi!) inseriti nel “Best”, dove c’è naturalmente anche quello che doveva essere il loro pezzo per Sanremo, se solo lo avessero tradotto in italiano, il tango elettronico ’Lola’.
«Forse l’unico errore che abbiamo fatto, anche se il concetto di Saremo non era per noi. Ma avremmo avuto molto più successo, che ci avrebbe consentito di fare molte più cose». Fascinoso davvero, con i synth che disegnano atmosfere notturne mittleuropee, una chitarra flamenco che aggiunge una carezza calda, Cristina che nel suo stile un po’ cantato un po’ parlato racconta la storia di questa donna misteriosa e sfuggente, «occhi a mandorla e fascino profondo», una prostituta? Una spia? O meglio, solo una detective privata, che ogni notte al ristorante cinese seduce e finge, «agisce per una causa e cerca informazioni». L come La Vendetta:
christina moser
«Al Cinese, Lola
Ha ucciso tutti coloro che le hanno fatto del male
La sua anima è in fiamme,
Una bramosia di sangue
Senza che nessuno si ribelli…».
’Mandoia’ è un’altra tentazione, orientale di gusto, forse da qualche parte in Indonesia, morbida e avvolgente, synth che circolano intorno, sempre batteria veloce e chitarra acustica con quel «so schön you can komm», così bello che puoi venire, significhi quel che si vuole, che viene ripetuto come ad attirarti dentro nel mondo esotico dell’Hotel Chrisma.
E infine, ’Lycee’, fuori dalla compilation ma notevole nel suo alone onirico e oppiaceo, drammatico e struggente, una morte per eroina:
dago massarini giaccio
«Guardavo attraverso il vetro, lacrime di pioggia colavano giù
Una vista sfocata così brutta, in qualche modo mi fa paura
L’ho sentita urlare, echi di follia
È caduta al suolo, la mano protesa inutilmente.
Giovane, Lycee era giovane
Ma eccola lì per terra, chi chiamerà il suo nome?
Vittima di una fiammata rossa
Lei, un sole vivente, non tornerà più indietro».
Maurizio ricorda che collaborando con Vangelis spesso i punti di vista non coincidevano, «non capiva perché volessimo essere così sintetici e rifiutassimo suoni più pomposi ed orchestrali.
Ma su ’Lycee’, a un brano che avevo composto con una semplice tastiera Roland CR-5000, ha voluto aggiungere quei suoni ad accordo pieno, ed aveva ragione lui».
krisma.
Cristina ricorda le serate a mangiare nel bistrot sotto lo studio Nemo, Maurizio e il grande tastierista greco a scrivere sulla carta del tavolo il brano ’Suffocation’ (nel solo di Vangelis “See You Later” e poi nei primi 15’ della colonna sonora -firmata da Vangelis- di Blade Runner), ispirata dalla tragedia di Seveso, annunci drammatici di Maurizio in sottofondo, prima dell’arrivo della voce celestiale di Jon Anderson degli Yes: «Non erano due da conservatorio, anche se uno suonava dieci tastiere e l’altro due computer, ma si divertivano a disegnare, invece che un pentagramma, delle linee diverse, in tutte le direzioni, che per loro era la musica del brano».
Siamo nel 1978, il tour promozionale parte in un contesto che è proibitivo per le band estere, ma pericoloso anche per quelle italiane.
Chi non è allineato politicamente rischia contestazioni. In una delle prime date, a Reggiolo, gli autonomi/autoriduttori irrompono in sala. In una lunga, approfondita intervista di Joyello pubblicata sempre in “ChyberNation”, Cristina ricorda: «A noi non andava di cantare di fabbriche e problemi sociali ma a quei tempi se non dimostravi impegno politico nelle canzoni venivi immediatamente escluso da certi ambienti».
Giaccio, Massarini, Fegiz - Per voi giovani (1971)
Maurizio continua: «Noi avevamo un’iconografica punk, vestivamo spesso di nero e gli autonomi, che non capivano l’estetica e nemmeno i nostri testi, ci prendevano per filo-nazisti. A Reggiolo arrivarono in massa lanciando sassi e molotov con slogan inviperiti. In quel momento, decisi di usare il coltello con cui scenograficamente tagliavo i bottoni della giacca per tagliarmi un dito e poi, come gesto di sfida, lo infilai in bocca a uno del pubblico».
maurizio arcieri christina moser krisma
Devo dire mica male come coup de theatre, chissà che ricordo ne ha l’inditato. Aldilà della corsa in ospedale e dei due punti di sutura, Maurizio si prende una denuncia di autolesionismo, una quintalata di stampa non proprio a favore, il tour salta e i Chrisma si riparano nella più accogliente Inghilterra.
maurizio arcieri christina moser krisma
Con lo stesso team, incluso Vangelis che non appare «perché voleva fare il compositore, puntava alla Dutsche Grammophone, ed era meglio non essere identificato con gruppi pop», non a caso avrebbe raccolto Oscar col le sue musiche da film, cominciano a lavorare al successivo “Hybernation”, 1979, sicuramente più evoluto nei suoni e negli arrangiamenti. «Più pensato», ricorda Cristina, «l’idea delle ibernazione bellissima, dalla copertina argentea alla musica glaciale».
Si apre con ’Calling’, acida e distorta, incalzante e dissonante, segue la magnifica ’Aurora B.’, seduttiva nella sua melodia al pianoforte che anticipa qualcosa di bowiano (’Ashes To Ashes’), le melodie e gli arrangiamenti che richiamano il Battiato che verrà; condotta da una fisarmonica (o è un synth che la replica? Vai a sapere), ma l’effetto è molto romantico:
christina moser
«Al buio sediamo vicini, un caldo tremolante dentro di me
Pareti di cuscini di plastica lucida
La notte è giovane e così siamo noi
Le mie labbra calde e assetate
Vorrei bere del vino rosso freddo
Sento le sue dita sulla mia schiena nuda
Il mio nome è Aurora B., lui lo chiamano Jimmy Afterglow
E manda scintille giù per la mia spina dorsale…»
’Gott Gott Electron’, dio dio elettrone, è il primo assaggio di quel tecno-pop che arriverà con ’Many Kisses’, il duetto fra Maurizio e Cristina e i coretti ’My life! My life!’ deliziosi, cugini di Blondie e B-52’s, con quel riff sotto che pulsa e non smette mai. La quarta presente sul “Best” è ’Lover’, rimane fuori ’Hybernated Nazi’, che ricorda come le cose si ripetano, e che quello che è stato ibernato, «rimandato alla casella di partenza», rimosso dalla coscienza, si possa risvegliare, e ’Vetra Plaz’, pop apocalittico, dedicata a quella piazza di Milano (Piazza Vetra) pervasa di gente normale di giorno, dark e disperata di emarginazione la notte.
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Il successivo “Chathode Mamma”, 1980, riflessione estetica-concettuale sulla sempre più invadente presenza della televisione nella nostra vita (e quel ’mamma’ sa tanto di Rai, a quei tempi ancora l’unica emittente nazionale), è il passo decisivo verso l’accessibilità: «Il successo, all over the world. Big cartoons with our faces».
Cambia il look, dal nome mutato in Krisma ai capelli corti punkish di Cristina, e come collaboratore arriva quel giovane genietto, tecnico dei Trident Studios londinesi, Hans Zimmer, che un giorno farà vela per Hollywood e i suoi Oscar (’Re Leone’, notare quanti premi Oscar sian passati attraverso i Krisma, non sarà un caso).
Meno influenza elettronica e più tecno-pop, in pieno accordo con i suoni che trovi nelle discoteche new wave, a partire dalla introduttiva title-track, a seguire con quello che è uno strepitoso singolo, col quale Krisma e Hit Parade coincidono in tutta Europa. Giro di basso strepitoso, ritmica pompata e sbaciucchiamento con quel triplo smack! di Cristina campionato, una circolarità che riparte sempre daccapo e non ti molla più, ’Many Kisses’ è la sintesi perfetta fra ricerca e classifica.
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Incomprensibile come il Direttore Artistico della Polydor di allora, Claudio Fabi, sia scettico sul possibile successo, bastano dieci secondi per capire che quei baci asfalteranno qualsiasi cosa e persona troveranno sulla loro strada, dalla radio alla pista da ballo.
Ma, a posteriori, è interessante notare come Claudio, musicista colto e che ha prodotto cantautori e il prog della PFM, rappresenti un mondo intuitivamente lontano dalla musica digitale che negli anni 80 diventerà onnipervasiva: si sta aprendo un mondo nuovo, destinato a spaccarsi fra 70 e 80, a livello musicale, culturale, estetico.
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Nel “Best” oltre a queste due c’è anche ’Rien Va Plus’, sorta di canzone punk suonata con strumenti d’altro tipo, ma rimangono fuori la fascinosa ’Peggy Guggenheim’ e ’White Knife’ con una ritmica e struttura fra i Talking Heads e il pop-elettronico inglese alla Human League.
Chiuso il contratto alla Polygram e ormai andato via Trossat, passano alla CGD dove trovano un direttore artistico intrigato dal loro progetto, Alfredo Cerruti (attività cazzeggiona parallela con gli Squallor), che purtroppo se ne andrà quasi subito. Prima, però, gli mette a disposizione durante le vacanze estive un 24 piste che viene installato nel loro chalet di legno, «casa che suonava», e che sfortunatamente brucerà poi fino al suolo cancellando molto della loro storia e archivi.
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L’album in arrivo non è esattamente quello che una etichetta si aspetta, dopo il promettente successo in tutta Europa di ’Many Kisses’: l’album “Clandestine Anticipations”, 1982, (la copertina di Mario Convertino un piccolo capolavoro post-moderno), «Il mio amore, il più bello» (sempre Cristina), è il più sperimentale di tutta la carriera, un album costruito sulle ritmiche sintetiche, per niente pop, non un singolo a pagarlo, solo sonorità acide, estreme, giusto ’Water’ ad avere una orecchiabilità tutta sua.
Ci lavorano sopra con un banco Solid State da 78 piste, nell’orario notturno in cui glielo mette a disposizione la CGD, pochissimi tecnici che sanno usarlo, i due musicisti Sol Nastase e Peter Maben entusiasti delle possibilità sonore, e viene terminato in olanda negli studi Hilversum.
Siamo ai tempi di Mister Fantasy e Paolo Giaccio, che li amava, decide di girare tre clip per il programma. È nverno, e dove si può registrare dei video per un album dedicato all’acqua? I Krisma pensano a Bali, alla Rai viene comunicato un più consono Bari (che tocca fà…grande Paolo), le spese extra e di viaggio a carico della CGD e del duo («Avevamo ricevuto un’eredità da una cara zia svizzera nostra fan, quale maniera migliore per spenderla?»). Poi, alla fine, non fu neanche Bali, problemi di permessi e si atterra alle Maldive.
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La piccola task-force – Convertino, Edo (fotografo top), Sergio Attardo e Piccio Raffanini, futuro regista di MrF – realizza, con più idee che mezzi, una video-trilogia spettacolare. Sul “Best” di brani ce ne sono tre, ’Water’, ’Miami’ e ’Melonarpo’, quest’ultima quasi un puro esercizio ritmico, assurdo che manchi ’Samora’, il terzo video.
Le altre due, ’Water’ in particolare, col suo grande riff, e la anfetaminica ’Miami’ sono invece molto interessanti, sorta di Kraftwerk in acido, e avranno un successo clamoroso in pista. Perché nel frattempo le discoteche più trendy, soprattutto a Londra e New York, hanno mollato gli ultimi rimasugli della Disco e sono virate sull’elettronico spinto, e questi ritmi, veloci e decontestualizzati, frenetici e astratti, funzionano, anche come base per intervenirci sopra con altri strumenti, altri suoni.
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Se ne accorgono quando il loro segretario Anthony Fawcett gli combina un viaggio a New York con presentazione diretta ad Ahmet Ertegun, il patron della Atlantic Records, col loro mega-catalogo di soul anni ’60, CSN&Y e Zeppelin, in quel momento in auge con gli Chic. La prima volta si vedono e lui fa il difficile: «Io sono il Signor No», e Cristina gli ribatte «Perché un no abbia valore, è necessario saper dire qualche sì». Il sì arriva con un assegno di 500K, stentano a crederci anche quando vedono il bonifico alla Chemical Bank. Ah, gli Americani!
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Rimarranno a New York alcuni anni, i loro remix pompati nelle migliori discoteche, il Paradise Garage, il Roxy (dove Africa Bambaataa, in veste di dj, spara i loro pezzi accompagnati da drum machine e scratching), l’all black New Berlin, col paradosso di avere sempre copertine bianche, per non svelare che quel suono, «amato dagli afro-americani» proviene da due bianchi europei, che però si mischiano senza difficoltà in mezzo alla folla di party e disco-goers della New York by night.
Nel frattempo Cerruti se ne è andato e con la nuova direttrice Caterina Caselli c’è palese imcomprensione, non ci crede e ci sono anche beghe e vendette per la loro distribuzione, e i due dischi finali ne soffriranno: “Fido (Nothing To Do With The Dog)”, inciso in collaborazione con Arto Lindsay e realizzato da Maurizio negli USA solo con la tastierina Casiotone MT-65 modificata viene scartato dalla CGD e pubblicato in Italia dalla piccola Franton. Il successivo “Iceberg”, 1986, (presente sul “Best” con tre pezzi meno rilevanti), uscirà per la Carosello.
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Fine corsa – anche se Maurizio avrà una lunga coda come dj, serate sonore molto avanguardistiche, in particolare al Cocoricò di Riccione, usando software sofisticati come il Rebirth per creare musica in tempo reale – ma solo della corsa musicale.
Perché i due compiono uno switch molto interessante e fra gli anni 80 e 90 lanciano un progetto ancora una volta avanti sui tempi: attraverso i contatti con Eutelsat si fanno costruire una parabola di cinque metri con rotore, con la quale catturano programmi da tutte le tv del mondo, dal Sudamerica al Giappone.
Per alcuni anni la krisma.tv sarà la tv satellitare più vista al mondo. È il prototipo di mondo-globale-attraverso-la-tv che diventerà la nostra programmazione quasi normale negli anni a seguire. La loro però ha ancora quel sapore pirata e underground, capace di intercettare anche i fuorionda, alcuni dei quali, ritrasmessi a Sat Sat e Blob sulla Rai creeranno anche begli incidenti politici.
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Rimane in retrospettiva un percorso anticipatore, pieno sempre di novità non solo musicali ma anche tecnologiche, come quel Krismino, un sequencer inventato da Maurizio e migliorato da Cristina con i sensori del frigorifero, per salire e scendere non di 4 gradi ma di tono, che gli ispettori doganali newyorkesi gli sequestreranno, vedendo cavi e schede e immaginando chissà cosa. Ma la storia delle applicazioni e modifiche alle varie tastiere e tecnologie del tempo da parte di questo inventore di suoni è lunga, e negli anni ha appassionato più di un addetto ai lavori.
«L’Italia non è un paese per ricercatori», chiosa al telefono dalla sua casa sulle Prealpi Cristina, affiancando involontariamente ai suoi rimpianti anche una considerazione di fondo molto attuale sullo stato della ricerca scientifica in Italia. Geniali lo siamo, ma spesso necessariamente in direzione ostinata e contraria rispetto alla mancanza di visione di coloro che governano i processi.
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Ma, diciamola tutta, almeno per i Krisma il tempo è stato gentiluomo, e una menzione d’onore nella musica italiana più singolare, creativa e innovativa non gliela leva nessuno. E molti baci a tutti, miscredenti compresi.