MARIA GIOVANNA MAGLIE, DAGOSPIA DEL 31 OTTOBRE 2017: ‘ALTRO CHE RUSSI, DIETRO ALLA VITTORIA DI TRUMP C’È BRAD PARSCALE’
IERI: TORNA PASCALE
1. UN PO' «IDRAULICO» UN PO' CASALEGGIO, L' UOMO DI DONALD PER LA CORSA 2020
Massimo Gaggi per il Corriere della Sera
BRAD PARSCALE
Dubbi che Trump, stufo dei vincoli imposti dal ruolo di presidente e di vivere da recluso nella Casa Bianca con una first lady imbronciata, mediti di non candidarsi per un secondo mandato?
The Donald li ha spazzati via l' altra sera lanciando la sua campagna per la rielezione quando ancora mancano quasi tre anni al voto. Ma a fare notizia, più che un anticipo senza precedenti e l' irritazione dei parlamentari repubblicani che vorrebbero vedere il presidente concentrato sulle elezioni congressuali di midterm del prossimo novembre e non sul voto del 2020, è la scelta del manager che guiderà quella campagna: Brad Parscale, il mago del web estraneo ai circoli di Washington che dal suo ufficio a San Antonio, nel Texas, nel 2016 ha costruito la strategia che ha reso la presenza di Trump su Internet molto più efficace di quella di Hillary Clinton.
Titolare di aziende informatiche che hanno lavorato con le imprese immobiliari del gruppo Trump a partire dal 2011, Brad ha scoperto la politica solo due anni fa quando il miliardario di New York gli ha chiesto di dargli una mano anche sui social media. Il doppio ruolo imprenditoriale e politico e la capacità di analizzare i flussi elettorali utilizzando gli stessi algoritmi sviluppati dalle aziende per mappare le preferenze dei consumatori ricordano in qualche modo la figura di Gianroberto Casaleggio.
BRAD PARSCALE DONALD TRUMP
Ma Brad ha un ruolo diverso: nessun impegno politico diretto, poche apparizioni in prima persona, nessun ruolo alla Casa Bianca. Mentre gli altri artefici della vittoria elettorale di Trump, da lui chiamati a responsabilità nel suo team presidenziale, si scannavano nei corridoi della West Wing di Pennsylvania Avenue, Parscale concedeva rare interviste nelle quali descriveva sé stesso come un idraulico.
Un termine che nessuno usa nei circoli del potere di Washington, visto che evoca gli «idraulici» di Nixon nello scandalo del Watergate. Ma Parscale, appunto, non è di Washington: voleva semplicemente fare il finto modesto presentandosi come l' uomo che, nella campagna di Trump, aveva sostituito i tubi che portano alla televisione, con quelli che conducono alle piattaforme digitali, da Facebook a Twitter, a Google-YouTube.
BRAD PARSCALE
Ma in tutto questo non c' è nulla di modesto visto che, come ha raccontato su Wired Antonio Garcia Martinez (un product manager «pentito» che in passato ha lavorato per due anni in Facebook dove studiava come utilizzare i dati degli utenti per massimizzare gli introiti pubblicitari), la campagna di Trump già nel 2016 è riuscita a sfruttare le piattaforme dei social media molto meglio di quella di Hillary Clinton, che ha pagato la pubblicità molto di più, ottenendo risultati peggiori. Questo perché l' algoritmo di Facebook (ma vale anche per altre reti sociali) premia, nelle aste per gli spazi pubblicitari, i messaggi giudicati più accattivanti e che, quindi, verranno visti di più.
Una ricostruzione, quella di Martinez, confermata in un tweet dallo stesso Parscale che si vanta di aver saputo sfruttare con abilità questa tecnologia commerciale. Nulla di oscuro in tutto ciò: nel mondo della pubblicità si sa che lo spot più divertente ha la precedenza e viene fatto pagare meno. Ma l' applicazione di questi meccanismi alla politica provoca una distorsione: l' aggressività dei tweet di Trump, i toni «bombastici» della sua campagna gli hanno garantito precedenza e sconti rispetto ai messaggi monotoni della Clinton. Una disparità in contrasto con le leggi che garantiscono ai candidati pari accesso ai canali pubblicitari, alle stesse tariffe.
john kelly hope hicks rob porter
2. TRUMP PERDE IL CAPO DELLA COMUNICAZIONE: HOPE HICKS LASCIA
Anna Guaita per il Messaggero
Donald Trump è sempre più solo. Anche Hope Hicks lascia la Casa Bianca, ultima in una lunga lista di collaboratori che si sono dimessi, spesso travolti da scandali e dall'inchiesta sul Russiagate. Ma l'uscita di Hope è un brutto colpo per il presidente, che in lei aveva una fidata e affezionata consigliera.
hope hicks
Appena 29enne, la ex modella era diventata direttrice dell'ufficio comunicazioni lo scorso agosto, subito dopo l'uscita di Anthony Scaramucci, che a sua volta era succeduto a Sean Spicer. Hope era indicata come una delle pochissime persone in grado di tranquillizzare Trump e portarlo a ragionare.
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La sua uscita ha colto di sorpresa il mondo di Washington, anche se la Casa Bianca insiste affermando che la giovane desiderava dimettersi «da vari mesi». Pare tuttavia che siano state le ultime settimane a stremarla. Non solo ha dovuto sottoporsi a ore e ore di interrogatorio da parte del procuratore speciale Robert Mueller, che gestisce l'inchiesta sul Russiagate, ma ha dovuto anche deporre davanti alle Commissioni del Senato e della Camera. E proprio due giorni fa, davanti ai deputati, ha ammesso di «aver detto delle bugie» in difesa di Trump.
L'IMBARAZZO
trump e hope hicks
Come capo della comunicazione, la sua ammissione è poco meno che catastrofica: le ha fatto perdere credibilità. Per di più la giovane aveva già un altro serio problema di autorevolezza: tre settimane fa il suo boy friend, Rob Porter, segretario dello staff presidenziale, si è dovuto dimettere quando è venuto a galla che aveva aggredito sia la prima che la seconda moglie. Trump aveva inizialmente difeso Porter, pare su insistenza proprio di Hope. Un errore morale e politico che ha danneggiato la già scarsa popolarità del presidente e probabilmente ha accelerato l'uscita della giovane.
L'abbandono di Hope è venuto in una giornata che era già stata zeppa di notizie sgradevoli per Trump. E' infatti trapelato che Mueller sospetta Trump di aver avuto personalmente contatti con i russi e sapesse che questi avrebbero divulgato via Wikileaks le email hackerate di Hillary Clinton. Il malumore che attanaglia Trump si è sfogato anche pubblicamente, in uno scambio offensivo via Twitter contro il ministro della Giustizia Jeff Sessions.
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Trump ha definito «vergognoso» che Sessions abbia scelto l'ispettore generale del dipartimento di Giustizia per indagare se ci siano stati abusi nell'inchiesta Fbi sul Russiagate. Trump voleva che Sessions nominasse una figura in posizione antagonista con Mueller. Sessions gli ha risposto che sta agendo «in modo appropriato», che intende comportarsi «con integrità e onore» e «nel rispetto della legge e della Costituzione».
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