Cesare Giuzzi e Pierpaolo Lio per www.corriere.it
OMAR CONFALONIERI
È un «violentatore seriale». Per l’accusa non ci sono dubbi. Per mesi gli investigatori hanno scavato nella sua vita. Hanno ricostruito la sua rete di contatti degli ultimi anni. Hanno individuato, rintracciato, contatto e ascoltato oltre 200 donne. Qualcun’altra s’è fatta avanti da sola dopo la notizia del suo arresto del novembre scorso. Un lavoro estenuante, che ha permesso ai carabinieri della compagnia di Corsico e del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, di contestare ad Omar Confalonieri cinque nuove violenze. In due casi è accusata anche la moglie Alessandra R. di 42 anni. Episodi che si aggiungono ai casi già emersi: nel 2007 (prima condanna), nel 2010 (fascicolo archiviato) e, appunto, a novembre del 2021 (condannato in primo grado in abbreviato a 6 anni e 4 mesi).
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Lo spritz e la violenza
È il 5 novembre scorso quando il 48enne, titolare della «Confalonieri real estate» con uffici nel salotto buono del Quadrilatero, finisce in manette. Ad accusarlo è una coppia di Settimo Milanese, comune dell’hinterland ovest di Milano. I loro ricordi riaffiorano a strappi, a distanza di ventiquattr’ore dall’aperitivo con cui sono adescati un sabato d’inizio ottobre. La scusa è l’offerta d’acquisto di un box. All’appuntamento, la donna si presenta con marito e figlia di pochi mesi. L’imprevisto non lo ferma. «Era su di giri, si comportava in modo strano», ricorderanno i coniugi.
OMAR CONFALONIERI
Sudato, con la camicia sbottonata, nervoso, Confalonieri sembra una scheggia impazzita: una sigaretta, una telefonata. È caricato a cocaina. Al momento di ordinare lo spritz, con il cameriere è specifico: «Loro hanno ordinato con Aperol, allora io con Campari». Quelle bevande le intercetterà al bancone del bar, in uno dei sui innumerevoli pit stop alla toilette. Versa di nascosto con una siringa dosi da cavallo di benzodiazepine (un potente psicofarmaco con effetti sedativi). «Questo è per la signora», dice consegnandole il bicchiere «giusto». Drogata la coppia, la accompagna a casa. Ha campo libero.
Il marito è stordito a letto, abbattuto da una dose massiccia. La bimba è lasciata incustodita a vagare per casa, mentre lui, nelle sei ore successive, abusa della donna annebbiata dal narcotico: la fa vestire con abiti che s’era portato da casa, la tocca. Le telecamere dell’impianto di sorveglianza di casa la mostrano inerme, con lui addosso, poi accasciata su una sedia, con la testa che fatica a reggersi. Fino a tarda sera, quando riuscirà a chiamare aiuto.
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Il precedente e la prima condanna
Quell’arresto per Confalonieri non è il primo. Nel 2008 era stato condannato dal tribunale di Monza a 3 anni e mezzo per un caso analogo. Tutto succede un anno prima. La vittima è una giovanissima collega di 18 anni. L’occasione è una cena di lavoro tra agenti immobiliari. La bevanda della ragazza, un bicchiere di mirto, è «corretta» a benzodiazepine. «Volevo solo renderla più disponibile», si difenderà lui. La giovane si sente male. Lui si offre di riaccompagnarla a casa. La fa entrare in auto e si allontana. La deviazione in un luogo appartato, all’aperto, è l’anticamera della violenza.
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La 18enne sarà poi rintracciata ore dopo dai genitori, in stato di semi incoscienza, con i vestiti in disordine e sporchi. A casa dell’agente immobiliare – che sarà poi riabilitato dal tribunale nel 2018 dopo aver scontato la pena e aver seguito un percorso rieducativo – gli investigatori trovano confezioni dei farmaco «Minias», «Cialis», «Lormetazepan» (tutti a base di benzodiazepine), stimolanti, sex toys. Nella sentenza di condanna è citato un altro caso: tre anni prima Confalonieri avrebbe narcotizzato il the freddo di un’altra donna. Lei l’accusa di averla drogata, lui nega con decisione.
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L’archiviazione di Bergamo
«Quando mi sono svegliata, per pochi secondi, ricordo di aver visto il suo viso: era in piedi accanto a me, intento a fissarmi». Solo qualche mese prima, a luglio del 2007, anche la procura di Bergamo accende i riflettori su Confalonieri. Ad accusarlo è un’amica, che l’agente immobiliare era andato a trovare, accompagnato dalla fidanzata dell’epoca. Per entrambe il buio inizia dopo aver assaggiato gelato e sigarette offerte da Confalonieri.
«Da quel momento avevo solo vaghi ricordi di quanto accaduto», fa mettere a verbale la vittima che ricordava solo che l’uomo l’aveva prima spogliata e poi le aveva fatto indossare vestiti e scarpe che lui s’era portato dietro. Il giorno dopo si risveglia ancora stordita. Raggiunge il posto di lavoro nonostante danneggi l’auto urtando contro il marciapiede. Le colleghe s’accorgono che non sta bene, la portano al pronto soccorso: le analisi le troveranno benzodiazepine e cocaina. Il fascicolo sarà però archiviato: non ci sono elementi «per sostenere l’accusa».
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La trappola del bignè
Tra i due casi finiti sul tavolo degli inquirenti, Omar Confalonieri avrebbe organizzato un altro agguato. È il giugno del 2007, e questa volta punta a un’altra conoscente. La contatta proponendole un «affare immobiliare». A casa della donna si presenta con pasticcini, mirto e una grossa borsa da palestra. Durante le prime fasi dell’incontro però si assenta per qualche attimo: si fa raggiungere da un «amico» in auto e si fa consegnare qualcosa, forse cocaina. Tornato dentro, mentre lei prepara il caffè, lui la raggiunge in cucina e poi all’improvviso «mi mette in bocca un bignè a sorpresa, costringendomi a mangiarlo».
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Lei perde lucidità: ricorda di essere stata rannicchiata su un tavolino, assonnata, con la testa fra le mani. Poi, di essersi accasciata sul letto, dove lui si presenta con in mano la borsa da palestra, da cui estrae un paio di calzoncini da ciclista con le bretelle. Niente più. Più tardi, chissà quando, sente il telefono squillare a ripetizione, percepisce le figlie incalzarla per svegliarsi e preparare la cena. Ma quando si tira su è sorpresa di trovarsi sul divano, senza biancheria intima, con un pigiama che non ricorda di aver mai indossato. «Ti ricordi qualcosa di ieri sera», le chiederà il giorno dopo Confalonieri al telefono, facendole credere di aver entrambi esagerato con il mirto nonostante dalla bottiglia rimasta sul tavolo sia praticamente ancora piena.
La vittima mette in guardia la moglie
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I primi giorni di luglio del 2012. Confalonieri «aggancia» una parente della moglie Alessandra R., la ragazza si trova sola a Milano perché i genitori sono all’estero in ferie. L’agente immobiliare la contatta al telefono. Lei è in un negozio, lui dicendo di avere un appuntamento nella zona di piazza Cinque giornate la raggiunge. Confalonieri è su di giri: «Ricordo che era molto sudato», metterà a verbale la vittima a metà novembre — dopo l’arresto del 48enne per il caso di Settimo Milanese — davanti ai carabinieri. «Come se avesse fatto la doccia, era come se fosse inzuppato. Era molto alterato e io avevo ritenuto che fosse per il caldo».
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Secondo gli inquirenti però a scatenare quello stato, raccontato anche dalle altre vittime di violenza, era l’abuso di cocaina. Confalonieri la raggiunge in negozio, poi esce insieme a lei e la accompagna a casa. Una volta nell’appartamento offre alla vittima un’arancina. Pochi istanti e lei crolla in uno stato di torpore. La vittima si risveglierà solo la mattina successiva. Indossa abiti diversi, si accorge che è accaduto qualcosa. Una collega di lavoro allarmata la va a cercare. Lei è ancora intontita e decide prima di andare a fare alcune analisi in un centro medico poi si presenta al soccorso violenza sessuale della clinica Mangiagalli. La ragazza è molto scossa e decide di raggiungere i genitori all’estero: «Per non rimanere sola».
A loro lentamente confida quanto accaduto e insieme decidono di chiamare Confalonieri al telefono. La giovane registra la telefonata in cui chiede conto all’uomo di quanto accaduto quel giorno: «In vivavoce con mio padre abbiamo chiamato Confalonieri. Lui continuava a scusarsi e diceva che eravamo entrambi molto ubriachi e che lui aveva preso anche degli ansiolitici e che per errore li aveva messi nel bicchiere dove poi avevo bevuto anche io». Poi la giovane contesta al 48enne di aver trovato nella cronologia del computer visite a siti porno. Lui non si scompone: «Credo di averli visti io». Lui insiste e le dice che probabilmente i suoi ricordi sono annebbiati dall’alcol. Eppure quel giorno la ragazza è convinta di non aver toccato alcol.
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Per uscire da quella situazione di disagio la ragazza decide di parlare con la moglie di Confalonieri, sua parente, «per metterla in guardia». La donna però lo difende a spada tratta e anzi la zittisce dicendo che il marito è già stato vittima di un errore giudiziario e che «era stato incastrato» da una ragazza. Il riferimento è al caso di Monza. A quel punto la giovane desiste: «Non avevo prova degli eventuali abusi». Dopo l’arresto di novembre 2021 però la giovane decide di presentarsi dai carabinieri e raccontare finalmente tutto.
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L’ex compagna di scuola
Tra le vittime c’è anche una ex compagna di scuola. Tutto avviene durante una rimpatriata organizzata nell’autunno 2013 proprio da Confalonieri che contatta gli ex compagni via Facebook. Quella sera, in pizzeria, lui insiste per sedersi accanto alla vittima. Alla fine della cena però, i ricordi della donna spariscono e rammenterà soltanto di essersi ritrovata tra le braccia del 48enne. Anche in questo caso, secondo gli inquirenti, l’agente immobiliare avrebbe usato benzodiazepine per drogarla. «Mi abbracciava in maniera particolarmente intensa, mi toccava», racconterà la vittima ai carabinieri di Corsico a dicembre 2021. La donna cerca di «divincolarsi» e ricorda che in quel momento Confalonieri era «particolarmente sudato, con le mani bagnate di sudore e con il respiro affannato».
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Alla fine riesce a sottrarsi alla presa del 48enne, sale in macchina e nonostante il suo stato di quasi incoscienza riesce a tornare a casa dove racconta tutto al marito. «Gli unici flash che mi sono venuti in mente riguardano la mia presenza in un parcheggio buio e isolato. Ricordo di essere entrata in macchina e di essermi messa alla guida sebbene fossi talmente confusa da non ricordare il tragitto». In questi anni, racconterà la donna agli investigatori, «ho pensato e ripensato a quanto mi è accaduto»: «Questa mia inconscia situazione mi ha portato a declinare successivi incontri con i miei ex compagni. Apprese le gravi notizie di stampa sull’arresto di Omar e sulla precedente condanna ho maturato consapevolezza di quanto accaduto».
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Gli abusi insieme alla moglie
Prima la cena tra amici, poi la comparsata sotto casa della coppia con la scusa di fare assaggiare un amaro artigianale. Confalonieri («molto agitato») e Alessandra («lei appariva calma») sono insistenti: la coppia di conoscenti devono assolutamente assaggiarlo. Con la scusa di non sporcare in giro, l’agente immobiliare si allontana in un angolo un po’ nascosto per aprire quella bottiglia tirata fuori da uno zainetto e riempire i bicchierini. La botta è quasi immediata: i due coniugi sono intontiti «in un modo che non mi era mai capitato prima», racconteranno a dicembre scorso ai carabinieri. Lei è ko. Confalonieri la convince a indossare un paio di scarpe col tacco, una gonna. Lei sta sempre peggio, però: gattona fino in bagno per vomitare.Nel ricordo successivo è in camera: «Avvertivo che c’era qualcosa che non andava, che ero in pericolo».
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La sonnolenza la imprigiona a letto, mentre lui prova a toccarla. Lei ha un improvviso sussulto, quasi involontario. Lui allora chiama la moglie Alessandra per farsi aiutare, per proseguire gli abusi. Quando la donna si risveglia, il marito è ancora in sonno e i due – messa via la bottiglia – li salutano come nulla fosse e vanno via. Qualche giorno dopo l’uomo chiederà spiegazioni a Confalonieri: lui indignato negherà qualsiasi accusa. Eppure, a confermare che qualcosa di strano era successo in quelle due ore di vuoti di memoria c’è anche lo strano addebito di Sky per un film porno, acquistato con il numero di utenza di Confalonieri.
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La minorenne
Tra i casi c’è anche quello di una ragazzina ancora 17enne, amica di famiglia. È il febbraio 2015 e Confalonieri invita a pranzo lei e il padre che conosce da tempo. «Era sudato e particolarmente agitato», racconterà la giovane ai carabinieri a dicembre 2021, quando dopo l’arresto di Confalonieri decide di raccontare agli inquirenti quanto era accaduto sei anni prima. L’agente immobiliare, secondo la ricostruzione della procura, droga lei e il padre con «una birra al limone» e con uno «spritz». Subito entrambi rimangono «intontiti». Con loro c’è anche la moglie di Confalonieri, è lei a intrattenere la ragazza mentre il padre va in camera da letto «a vedere una corsa ciclistica in televisione». In realtà crollerà subito in un sonno profondo.
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La donna mostra alla vittima delle foto di una vacanza ai caraibi mentre Confalonieri insiste perché la giovane indossi un «costume da topolino». La giovane resta in balia dell’uomo (e della moglie) per ore. Quando si risveglia si trova distesa sul divano senza scarpe e ricorda di avere subito dei palpeggiamenti. La ragazza si confiderà poi con un amico, ma senza elementi certi deciderà di non sporgere denuncia. Ricorda però che quel giorno Confalonieri le aveva offerto anche un bicchiere di whisky e una sigaretta «che si presentava bagnata», forse impregnata di narcotici o stupefacenti.
La tisana amara
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Nel lettone di casa Confalonieri, una ragazza 20enne si sveglia di soprassalto. È nuda. Per reazione, prova a coprirsi con il lenzuolo. L’agente immobiliare è chinato su di lei: le accarezza la caviglia. È uno dei pochi flashback che spezzeranno la nebbia chimica che circonda quella serata di autunno del 2015. Lei era stata invitata insieme alla madre, una conoscente di Confalonieri. Le tisane stranamente “amarognole”, però, le stendono entrambe. «Mi sentivo particolarmente stanca», ricorderà la madre, che crolla poco dopo. La giovane viene intanto accompagnata in un’altra stanza. Di quelle ore ha solo una manciata di «diapositive»: lui, «esuberante ed agitato», e la moglie Alessandra che le mostrano alcune foto, le suggeriscono di provare una gonna, la cambiano d’abito.
La vittima sta sempre peggio, vomita. Chiede di tornare a casa ma i due le rispondono di «aspettare il momento in cui mi sarei sentita meglio». La moglie di Confalonieri le porta un bicchiere d’acqua: è il buio definitivo. «Ho completamente perso coscienza», fino al (parziale) risveglio con lui che le tocca il piede. Quando il giorno dopo racconta tutto alla madre, le dice di chiedere spiegazioni a Confalonieri. La donna però desiste: seppur «anomalo», il comportamento del conoscente lo giudica «tipico di una persona apprensiva, mai avrei pensato che la mia stanchezza e lo stato di malessere di mia figlia potessero essere riconducibili alla somministrazione di sostanze narcotiche».
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La donna che si è salvata
C’è anche chi è riuscito a scampare il pericolo. Nel corso dell’anno passato per mesi, due donne, madre e figlia, sono tempestate di richieste d’incontro da Confalonieri e moglie. Ma gli inviti cadono nel vuoto. La coppia offre allora alla ragazza di badare a loro figlio. È durante queste occasioni che Confalonieri prova a lusingarla: «Sei bellissima». Le scatta delle foto. Anche alla madre propone un lavoro. La chiama di notte, le chiede con insistenza di raggiungerlo a casa per modificare il curriculum, chiarendo che «mia moglie è via». La donna, insospettita, declina l’invito.