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    SE VI CHIEDONO "TANTA VOGLIA DI METTERSI IN GIOCO" POTETE ESSERE CERTI CHE C'È LA FREGATURA - RIMBALZANO SUI SOCIAL LE OFFERTE INDECENTI FATTE AI GIOVANI: LAVORI SENZA RETRIBUZIONE O A 600-700 EURO: NON SOLO PER CAMERIERI, MA ANCHE PROPOSTE DA CENTRI SOCIALI, NEGOZI DI CALZATURE, STUDI DI GRAFICA - NEI PROSSIMI TRE MESI POTREBBERO SERVIRE 1,3 MILIONI DI LAVORATORI: PERCHE' GLI IMPRENDITORI NON PAGANO IN MODO DECENTE? 


     
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    Giuseppe Bottero per "La Stampa"

     

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    Cercano un social manager, un designer grafico e un pubblicitario. «Giovani, anche alla prima esperienza, ma con tanta voglia di mettersi in gioco». Non male. Peccato che «l'attività», alle dipendenze di un sito specializzato, «dovrà svolgersi a titolo gratuito».

     

    Nell'Italia che riparte, quella in cui le imprese fanno fatica a tenere il ritmo perché mancano tecnici e specializzati e un concorsone mastodontico non trova abbastanza candidati, capita di imbattersi in offerte del genere.

     

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    Proposte che somigliano a sberleffi, e rimbalzano tra un profilo Twitter e l'altro come a dire, visto? Mettersi in gioco, a queste condizioni, è impossibile. Non è esattamente così.

     

    Unioncamere ha calcolato che nei prossimi tre mesi potrebbero servire 1,3 milioni di lavoratori, ben più di quanti fossero richiesti nello stesso periodo del 2019, quando il Coronavirus e il lockdown erano solo uno scenario degno di qualche romanzo apocalittico.

     

    Ieri i dati Eurostat hanno certificato che, nel primo trimestre del 2021, il tasso di posti di lavoro vacanti nell' Eurozona è stato del 2,1%, rispetto all'1,9% del trimestre precedente e all' 1,8% del primo trimestre del 2020.

     

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    Il sistema che riaccende i motori ha fame di forze fresche, e paiono difficili da intercettare. A volte, le paghe sono troppo basse; altre, si punta a profili iper-specializzati. C'è un dato di Veneto Lavoro, riferito a maggio e riportato da Linkiesta: su 21.250 nuovi posti, la quasi totalità (21.008) erano a termine per la ripresa del turismo.

     

    È un impiego che un laureato dovrebbe accettare? Secondo Silvia Merler, capo della ricerca dell'Algebris Policy & Research Forum, i «camerieri pluri-laureati a 600 euro al mese ci sono, il problema è che sono solo la punta dell'iceberg».

     

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    In Italia, dice, c'è un sistema che funziona a fatica. «Nel nostro Paese i salari sono tra i più bassi d'Europa, e sono stagnanti da più di vent'anni» conferma Andrea Garnero Economista Ocse, attualmente in distacco presso il Joint Research Center della Commissione europea. La situazione pare essersi incancrenita con la pandemia.

     

    Per quale motivo un educatore dovrebbe dire sì ai 600 euro al mese proposti da un centro sociale di Massa Carrara? Ancora: a che serve uno stage per 700 euro in un negozio di calzature? Basta scorrere i siti di offerte per scoprire che, tra tantissimi altri, pagano 600 euro anche un'azienda di formazione informatica a Napoli e uno studio di grafica a Bellizzi, in provincia di Salerno.

     

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    Ieri, sui social, è comparsa una proposta di lavoro nell'hinterland torinese. Chiedono laurea magistrale a pieni voti e disponibilità a trasferte in Italia e all'estero, in cambio di un contratto semestrale da 600 euro al mese. C'è un problema. «Non solo una piccola bottega, ma anche multinazionali della consulenza qui pagano meno rispetto alla Gran Bretagna. Le ragioni sono dibattute» sottolinea Garnero.

     

    giovani e lavoro giovani e lavoro

    «Salvo alcuni casi, i contratti collettivi nazionali non permettono salari da 5-600 euro al mese a tempo pieno. C'è qualcosa che non va: sono esplosi i contratti pirata, che stanno sul margine tra ciò che è legale e ciò che non lo è, fatti con l'obiettivo esplicito di sottopagare il lavoratore».

     

    E poi c'è una zona grigia di «part-time che non lo sono, lavoro nero e un'abitudine generale: si chiede poco e si dà poco. Investendo di più potremmo garantire servizi migliori».

     

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    Già. Secondo l'ultima fotografia Istat i contratti temporanei, tra i 25-34-enni, sono oltre 30%. E per tre lavoratori a tempo determinato su quattro non si tratta di una scelta ma dell'unica possibilità. Secondo Merler «studiare, letteralmente, non paga».

     

    I sussidi, che il dibattito cita spesso, contano solo fino a un certo punto nel frenare i nuovi ingressi. «Non c'è uno spiazzamento di mercato o un effetto disincentivante, non mi sembra proprio» dice il presidente dell'Inps Pasquale Tridico.

     

    «Fino ai 25 anni non si ha diritto al reddito di cittadinanza, se si hanno carriere e discontinue non c'è neanche l'assegno di disoccupazione - spiega Garnero -. Di sicuro, la pandemia ha fatto aumentare i Neet. Nel 2020 per molti non è stato possibile neanche seguire corsi, specializzazioni, percorsi all'estero».

     

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    La formazione, un punto debole, potrebbe flettere ancora. E innescare un circolo rischioso. Le stime di Federmeccanica dicono che il 56% delle aziende sono in difficoltà con il reperimento dei candidati.

     

    «Si deve attivare un circuito virtuoso con investimenti ben mirati nell'istruzione e politiche attive efficaci - osserva il direttore generale Stefano Franchi - Bisogna fare presto e fare bene». Per qualcuno, potrebbe essere già tardi.

     

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    Secondo la Corte dei Conti, in Italia, nell'ultimo decennio, la quota dei giovani con una laurea è aumentata costantemente ma resta comunque inferiore rispetto agli altri Paesi Ocse.

     

    Il fenomeno, scrivono i magistrati contabili in una relazione spietata, è «riconducibile sia alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che la laurea non offre, come in area Ocse, possibilità d'impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore».

     

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    È complesso anche formare gli specialisti così richiesti. La rinuncia a proseguire i cicli scolastici, spiega la Corte, «oltre che a fattori culturali e sociali» è dovuta «al fatto che la spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie, vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti».

     

    Spesso, ragiona Merler, chi lascia il Paese lo fa per «assumere mansioni ad alta qualificazione». Il risultato è paradossale. C'è un allarme per i posti «di base», ma «rispetto all'occupazione che svolgono, siamo lo Stato con una delle più alte percentuali di lavoratori sotto-qualificati».

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