letta calenda
1 - CALENDA IL CENTRO SONO IO
Alessandro Di Matteo per “la Stampa”
La discussione col Pd è aperta, adesso è iniziato davvero quel dialogo che ieri Carlo Calenda aveva definito «possibile» nell'intervista alla Stampa. Un confronto non facile, che subito rischia di attorcigliarsi sulla questione del candidato premier, che per Calenda non può che essere Mario Draghi e non Enrico Letta, come invece vorrebbe lo statuto Pd.
nicola fratoianni enrico letta
Senza contare i veti - ricambiati - del leader di Azione a «chi non ha votato la fiducia a Draghi», categoria nella quale rientra anche Nicola Fratoianni, oltre che M5S. Ma il dato è che nonostante le schermaglie e le asprezze i due si sono parlati ieri, un colloquio che in teoria sarebbe per ora dovuto restare riservato. L'obiettivo, ovviamente, è di trovare un assetto in grado di sbarrare la strada alla destra alle elezioni di fine settembre, evitare di regalare a Salvini e Meloni la quasi totalità dei collegi uninominali, quelli dove vince solo chi arriva primo con un voto in più.
carlo calenda emma bonino
Su questo lavora molto anche Emma Bonino, che da mesi ha stretto un accordo con Calenda e che in queste ore ha parlato a sua volta al telefono con Dario Franceschini. E che, soprattutto, detiene il simbolo che permetterebbe di evitare una raccolta di firme in corsa per poter presentare le liste. Insieme, Bonino e Calenda (cioè Azione e Più Europa) presentano alla stampa i punti del «patto repubblicano» che offrono «a tutti i cittadini e alle forze politiche che hanno votato la fiducia a Draghi».
Appello che trova orecchie attente soprattutto in quei mondi delusi dalla svolta a destra di Forza Italia. Aderisce subito Mariastella Gelmini, si guarda con attenzione a Mara Carfagna, che dopo la dura nota della scorsa settimana sta valutando cosa fare ma che molti danno ormai decisa a lasciare a sua volta Fi. Più complicato il dialogo con Giovanni Toti, mentre sembra proprio non decollare il rapporto con Matteo Renzi.
letta calenda
L'obiettivo principale di Calenda sembra l'elettorato moderato di centrodestra: «Forza Italia è entrata a pieno titolo nell'area populista, sovranista, anti-europea e anti atlantica». Per intercettare quel voto forse una corsa solitaria sarebbe più efficace. Ma la legge elettorale ha le sue regole e con quella attuale è molto complicato andare per conto proprio.
Ieri, oltre a Letta, il leader di Azione ha visto anche il leader Iv, ma senza che ci siano stati passi avanti.
EMMA BONINO
Tanto che Renzi, secondo quanto racconta chi ci ha parlato, è sempre più determinato a preparare le liste, per essere comunque pronto a correre anche da solo se da Azione non arrivassero aperture e se nemmeno il Pd offrisse una forma di alleanza: ma, è il ragionamento di Renzi, poi spiegheranno loro questa scelta in caso di sconfitta.
In Tv Renzi si limita a dire: «Quello che farà Calenda lo dirà lui. Gli ho detto, se c'è un progetto serio per il Paese sono disponibilissimo a dare una mano». Quando gli si fa notare la freddezza di Calenda, Ettore Rosato, presidente di Iv, commenta così: «Per noi quello che conta sono i contenuti, quelli che ha espresso la linea-Draghi. Se ci si ritrova sui contenuti, in politica molto è già fatto. Poi, se servirà noi siamo pronti a correre da soli o disponibili».
ANGELO BONELLI
Al Tg1 Calenda assicura di non porre «veti, tranne per M5S con cui non mi sono mai alleato, e i sovranisti che hanno fatto cadere Draghi insieme a M5S». Ma il rapporto è complicato anche con molti altri satelliti della galassia centrista.
E poi, appunto, c'è la bordata a Fratoianni e Bonelli: «Non so se Bonelli e Fratoianni nel frattempo vogliano i termovalorizzatori, ma so che sono quelli che stanno dicendo che l'agenda Conte era meglio dell'agenda Draghi. Ma questi sono fatti che riguardano il Pd non noi». Perché proprio i termovalorizzatori sono tra i punti fondamentali del «patto repubblicano» proposto da Calenda e Bonino. Così come la chiarezza su europeismo e atlantismo e il sostegno all'Ucraina «anche con l'invio di materiale bellico».
enrico letta andrea orlando
Calenda e Bonino aprono poi al salario minimo «nel solco della direttiva europea», come appunto aveva detto anche Draghi, ma il reddito di cittadinanza è da riformare e l'intervento diretto dello Stato nella gestione delle aziende deve essere limitato al minimo, «con gestione privatistica e per il minor tempo possibile», cioè il contrario di quanto teorizza per esempio Andrea Orlando. Senza contare che quando un cronista cita il nome di Luigi Di Maio, come possibile interlocutore, Calenda risponde così: «Non so di chi si stia parlando, non so di chi si parla, non mi risulta».
Ma, appunto, lo snodo di tutto è il confronto con il Pd. Dice la Bonino: «Da 24 ore è finalmente iniziata un'interlocuzione col Pd, che in questi anni ha sempre preferito altri interlocutori». E Calenda su questo tende la mano: «Letta è una persona seria e siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare». Certo, insiste, per palazzo Chigi lui vede solo il nome di Draghi, ma di questo - dice il Pd - si potrà discutere dopo.
carlo calenda.
2 - LETTA: "LAVORIAMO TUTTI PER ALLEARCI CON AZIONE IL LEADER? ORA È PRESTO"
Carlo Bertini per “la Stampa”
Se Carlo Calenda apre all'alleanza con i dem, ma alza il tiro sulla questione della premiership («deve essere indicato Draghi»), Enrico Letta raccoglie subito la mano tesa, ma prova a stoppare la querelle. «Non solleviamo ora questo tema», è la linea del segretario, diramata urbi et orbi, dopo che il capo dei sindaci progressisti, Matteo Ricci, aveva ribattuto alle parole di Calenda uscite ieri su questo giornale su Draghi premier, attizzando il fuoco su un tema sensibilissimo con il tweet «il candidato premier del Pd è Enrico Letta».
draghi
«Molto bene l'apertura del dialogo - è invece il commento di Letta con i membri della sua segreteria - ma va evitata la polemica sulla premiership, non possiamo dare l'idea al Paese che neanche siamo partiti e già discutiamo di posti di potere». Considerando pure, è lo sfogo più privato del segretario, che «battere la destra è già un obiettivo da far tremare le vene ai polsi, figuriamoci se penso ora a palazzo Chigi».
Come dire, niente distrazioni, la questione va derubricata. Ecco dunque l'accento sui punti condivisi del programma di Azione: dall'europeismo alla posizione chiara sulla guerra in Ucraina, dalle critiche al blairismo ai ritocchi al reddito di cittadinanza. Ed ecco anche la risposta su Draghi premier di Enrico Borghi, braccio destro del segretario in Parlamento, nonché membro del Copasir: «Noi non siamo la destra che litiga su Palazzo Chigi prima ancora di fare le liste. Poi nessuno può avere dubbi su ciò che pensano Letta e il Pd sul profilo e la caratura di Mario Draghi. Ma il futuro premier non è tema in agenda ora».
carlo calenda
Indicare infatti in caso di vittoria Draghi premier, come chiedono i liberal e moderati di centrosinistra, oppure Letta premier - come chiede la sinistra dentro e fuori il Pd - è tema divisivo che è meglio seppellire fino a nuovo ordine. Lenire, sopire, smussare, questo il compito che si è dato il leader dem, che parla con Luigi Di Maio e prova ad arruolare nella «larga coalizione» anche il leader di Azione. «Poiché uniti nei collegi, possiamo giocarcela, altrimenti è dura», sospira uno dei dirigenti alle prese con i numeri, visto l'ultimo sondaggio di giornata. Tanto che le porte sono aperte pure a Matteo Renzi.
mario draghi sergio mattarella
Se al Nazareno circolano veleni sull'ex segretario che consiglia di puntare su Bonaccini («un bacio della morte...», sogghignano), Letta invece non chiude al suo antico rivale, ma «l'unica chance che ha di entrare in coalizione è con la lista Calenda», dicono i suoi.
Ma a furia di evocare l'agenda Draghi, il Pd si ritrova con la sinistra in imbarazzo, (meglio un'agenda social and green», dice Arturo Scotto di Sel) e il centro moderato della coalizione convinto che si vinca evocando Draghi futuro premier: come va ripetendo Bruno Tabacci, il primo a lanciare questa tesi in un'intervista a La Stampa.
carlo calenda
Dietro le schermaglie sui distinguo, uno dei nodi che invece andranno sciolti presto, dovrà essere il numero di candidature nei collegi uninominali da lasciare ad Azione, che può fare la differenza in molti luoghi. Ai compagni di Articolo 1, ad esempio, sarebbero destinati sei collegi, tre sicuri e tre contendibili, racconta radio-lista, ovvero le voci di corridoio dei partiti.
Detto questo, non sarà una passeggiata facile per la Direzione convocata oggi da Enrico Letta, perché oltre a sancire con un voto del parlamentino dem il divorzio da Conte, a meno di un mese dalla presentazione delle liste dei candidati, le cose da decidere di corsa sono tante: visto che i sindaci saranno un pezzo forte di questa campagna elettorale, chi si vorrà candidare si deve dimettere entro il 28 luglio.
Letta oggi dirà che non saranno candidati i sindaci di capoluoghi di provincia, ma gli altri potranno, in ossequio al principio di «prossimità con le esigenze dei territori». Poi si devono valutare le deroghe ai parlamentari con più di 15 anni di mandato. Dopo si parlerà di programma: «Ambiente sviluppo, lavoro e giustizia sociale, e diritti civili», sono i capisaldi che citerà Letta, «assieme all'europeismo radicale nella cornice euroatlantica».