Dario Salvatori per Dagospia
maurizio vandelli equipe 84
Maurizio Vandelli piange il suo batterista, Alfio Cantarella, morto il 30 marzo a 82 anni. “Ormai unico rimasto di quei quattro ragazzi di Modena che amavano tanto la musica inglese e americana - dice Vandelli - la notizia della sua scomparsa mi è arrivata proprio il 30 marzo, il giorno del mio compleanno.”
Insieme dal 1963, l’Equipe 84, fu la prima formazione a fare del merchandising.
Perché Equipe 84?
“Perché ci piace –L’ Equipe- un giornale famoso che non abbiamo mai letto.”
E’ vero che 84 è la sommatoria della vostra età
“No, quasi…”
E’ vero che avete il bassista più alto del mondo e il batterista più basso del mondo?
“Questo si. Victor è alto 1,96 e suona il basso, Alfio è alto 1,51 e suona la batteria”
E’ vero che siete proprietari del – Club 84- il night più famoso di Roma?
“No, magari!”
E’ vero che siete sponsorizzati dallo Stock 84?
“Ci sarebbe piaciuto, ma quando ci hanno visto hanno chiamato subito la sicurezza”.
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Tipica intervista beat.
Maurizio Vandelli non ama parlare del passato, nel suo caso glorioso, ama rimanere su pezzo, preferisce fidelizzare gli amici e stupirli suoi sui gusti musicali, sempre avanti. Informatissimo, recita nomi che sfuggono anche agli addetti ai lavori.
Allora Maurizio, chi ti piace in questo momento?
“Achille Lauro.”
Possiamo cambiare discorso?
“Ok, mi piace non rimanere indietro, rispetto a certi miei colleghi, ascolto emittenti notturne. Mi placo solo quando sento di aver fatto una scoperta.”
Per la verità lo facevi anche quasi sessant’anni fa. Quando di notte ti sintonizzavi su Radio Luxembourg e con il tuo Geloso registravi quello che potevi e il giorno dopo lo proponevi agli altri del gruppo.
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“Proprio così. Se ci penso ero un pazzo. Ascoltavo gli Stones, Beach Boys, Sonny & Cher, Barry Mc Guire, tutti coverizzati ad orecchio. Con sistemi arcaici già allora.”
In queste ultimi settimane si è parlato molto dei -Due Lucio-, Dalla e Battisti. Per te due grandi amici, due fratelli anche se in queste ricordanze fra libri, televisione, addirittura dibattiti, il tuo nome è stato ricordato raramente.
“Vero. Dalla arrivò terzo al Festival di Sanremo del 1971 con -4 marzo 1943-. Un botto. Noi la interpretammo in modo lirico ma non teatrale. E questo non lo sottolineò nessuno. Comunque successo per Lucio. Meritato. Al Sanremo del 1966 non arrivammo nemmeno in finale noi con “Un giorno tu mi cercherai” e lui con “Paff… bum”.
Con Battisti il rapporto fu stretto, soprattutto disco graficamente.
“Pietruccio dei Dik Dik era amico stretto di Battisti, fino all’ultimo. I primi ad incidere brani di Lucio furono i Ribelli e i Dik Dik, noi però portammo due canzoni al n.1 “29 settembre” e “Nel cuore, nell’anima”, che Lucio non aveva ancora inciso”
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“29 settembre” chiuse l’epoca beat, si guardava altrove, al modo di incidere dei Beatles, alla psichedelica, ad usare strumenti inediti, tu eri già in prima linea.
“Stava cambiando tutto. Vedendo i gruppi inglesi e americani che rimanevano in sala per un anno, cercammo di fare lo stesso e -29 settembre- ne costituisce l’esempio. Divenne una data importante. Quando arrivò Berlusconi, tutti notarono che era nato proprio quel giorno. Quando Lucio pubblicò il suo ultimo disco nel 1994, -Hegel-, fece in modo di farlo uscire il 29 settembre. Data simbolica? Superstizione? Chissà”
Comunque l’amicizia con Battisti era solida?
“In quegli anni certamente si. Ma non perché piazzavamo al n.1 le sue canzoni, cosa che a lui non era ancora successo. Nel caso di –Nel cuore, nel anima-, che stava per finire ai Dik Dik, intervenne Mogol. Ma l’amicizia c’era, eccome, era l’unico romano del gruppo. Semplice, comunicativo, simpatico.
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Almeno in quegli anni. Comunque nel caso di –Nel cuore, nell’anima-, fui io a scrivere l’arrangiamento, poi si decise di coinvolgere l’Orchestra della Scala di Milano. Quando si posizionarono tutti i musicisti, il primo violino mi si avvicinò e mi disse che l’orchestra della Scala non poteva essere diretta da me. Gli dimostrai che avevo scritto io l’arrangiamento, nota per nota. Mi rispose che non poteva essere un musicista non diplomato a dirigerla. Allora chiamarono Detto Mariano, l’arrangiatore del Clan Celentano.”
Battisti che rapporto aveva con le sue canzoni, quelle non ancora interpretate da lui?
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“Fino al 1968, quando portò in gara al Cantagiro –Balla Linda-, si sentiva esclusivamente autore. Mi accorsi che scalpitava. Nel brano –Viaggio di un poeta-, scritto da me, i Dik Dik non suonarono. In studio eravamo io, Lucio , Ellade Bandini alla batteria e alla fine arrivò la voce di Lallo dei Dik Dik”
Ad un certo punto l’immagine di Lucio cambiò: capelli afro, baffi, foulard. Anche lui psichedelico?
“Per niente. I capelli erano naturali, i baffi furono momentanei, i foulard li veniva a prendere, a gratis, nella nostra boutique, “Il cammino mistico”. Del resto ai Beatles avevamo copiato la Rolls con cui andavamo in giro, la boutique e forse anche il misticismo, ma un po’ alla modenese.”
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