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    “SEI STATA MOLESTATA? TI CI DEVI ABITUARE” – BUFERA SU UNA PRESIDE DI UNA SCUOLA DI ASTI DOPO CHE UN’ALUNNA HA RACCONTATO DI ESSERE STATA PALPEGGIATA DURANTE LA GITA SCOLASTICA A BERLINO: NELL’OSTELLO, UN UOMO UBRIACO HA AFFERRATO CON FORZA IL LATO B DELLA STUDENTESSA CHE È IMMEDIATAMENTE SCAPPATA, RACCONTANDO TUTTO AI PROF – UNA VOLTA IN ITALIA SPERAVA DI RICEVERE LA SOLIDARIETÀ DELLA PRESIDE CHE, INVECE, HA SMINUITO IL FATTO E…


     
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    Estratto dell’articolo di Laura Secci per "La Stampa"

     

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    […] Anna, 18 anni […] «Sono stata molestata in gita e la preside ha sminuito l'accaduto – racconta tutto d'un fiato scivolando sul bordo della sedia – Mi hanno tolto la dignità due volte. Prima l'uomo che mi ha palpato, poi la scuola che mi ha detto che devo farci l'abitudine. Io non voglio farci l'abitudine».

     

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    È febbraio. Anna è all'estero con il resto della classe di un liceo astigiano. L'ostello dove passano le ultime notti prima del rientro a casa è un melting pot di viaggiatori adulti di mezza età con una comune inclinazione al bere.

    «Niente famiglie. Solo adulti, maschi, alcuni ubriachi – ricorda– L'ultima sera, sono fuori dalla hall con le mie amiche quando sento una mano palparmi con forza il sedere. Mi giro di scatto, lo guardo e urlo "Ma cosa fai?" in italiano. Lui, ridendo, si allontana lentamente. Quella risata mi rimbomba ancora in testa. Come i suoi occhi divertiti».

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     Poi la corsa dal professore, l'amica racconta l'accaduto, scatta la segnalazione alla guardia di sicurezza. «Tremavo. Ma il mio insegnante mi ha tranquillizzato. E per tutta la notte, lui e gli altri docenti, hanno vigilato a turno davanti alla porta della stanza. Il giorno dopo siamo partiti. Ho capito che non potevo bloccare tutta la classe lì per sporgere denuncia – alza gli occhi come a cercare conferme – Sì. Forse ho sbagliato. Ci ho pensato. Ma neanche io volevo stare in quel posto. Sentivo solo il bisogno di tornare a casa il prima possibile […] non riuscivo più a dormire e ho raccontato tutto ai miei genitori. Erano furiosi e hanno chiesto subito un appuntamento con la preside. Non c'era». L'incontro avviene pochi giorni dopo, ma senza di loro.

     

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    […] «Ma non ci sono i miei genitori», l'obiezione, mentre entra nella stanza con la convinzione di chi vorrebbe trovarsi altrove. «Sei maggiorenne, sei responsabile delle tue azioni» la risposta. Il dialogo ad Anna è parso più un monologo. «Perché racconti questo adesso, una settimana dopo? Ci abbiamo messo mesi a organizzare questa gita. Tu con questo a cosa vuoi arrivare? Non è successo chissà cosa». Frasi che seppelliscono quel po'di coraggio raggranellato alla veloce. «Io volevo solo parlarne. Non ho un'idea precisa». Il silenzio è sospeso in attesa di una risposta. Arriva ma non è quella sperata. «Ti ci devi abituare a queste cose».

     

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    Queste le parole, per chiudere la questione, raccontate dalla ragazza. […] «In questo liceo mi hanno insegnato che le molestie sono gravi. Quindi mi aspettavo di sentirmi dire che un uomo che mi tocca senza consenso è da condannare e basta».

     

    La preside, contattata per un commento, nega con fermezza. «La scuola disconosce il fatto che ci sia stata violenza. Al massimo avrà avuto un apprezzamento per la gonna corta. Ma poi cosa avremmo dovuto fare noi? Ho ascoltato la ragazza, le ho detto che è importante non allontanarsi per non finire in situazione spiacevoli. Poi è successo a Berlino. Se nell'ostello c'è qualche deficiente alticcio come prima cosa ti allontani.

    Le ho anche detto che se voleva sporgere denuncia poteva farlo. È maggiorenne.

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    Ho solo aggiunto che secondo me in casi come questo è sterile». Sulla risposta riferita dalla ragazza: «Ti ci devi abituare» si riversa in un fiume di parole. «Mai pronunciato una frase simile. Possiamo averle detto che la vita è anche questa. Se mia figlia mi raccontasse di essere stata palpeggiata da un ubriaco le risponderei: ma sei scappata subito, tesoro? Perché, diciamoci la verità, se uno ti mette la mano sul sedere qual è la prima cosa che fai? Denunciare? No. È scappare». […]

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