Irene Famà per "la Stampa"
alex loris 18
Il desiderio di possesso ha un suono feroce. Il tonfo della mano che Giuseppe Pompa sbatte sul tavolo e fa sobbalzare chi ascolta. Gli insulti gridati in faccia a moglie e figli. Le minacce scandite con una voce che si incrina per lo sforzo, biascica per la rabbia: «Tu finisci male», «Sei una schifosa», «Ti spacco la testa», «Sei una donna di merda».
Il desiderio di possesso, in questa storia, ha il volto di quell' uomo, impeccabile sul lavoro ma padrone e violento a casa. Il suono crudele della sua voce, che i figli Alex e Loris hanno registrato con il cellulare per mesi e mesi durante le liti che nel loro appartamento a Collegno, alle porte di Torino, scoppiavano quotidianamente.
«Non c' erano giorni buoni. C' erano giorni che andavano male e altri che andavano malissimo». Loris, ventitré anni, ieri ha testimoniato in tribunale. Sul banco degli imputati suo fratello Alex, 19 anni, che il 30 aprile 2020 ha ucciso il padre a coltellate per difendere mamma Maria dall' ennesima aggressione. «Ora è semplice chiedere perché non ci siamo rivolti ai carabinieri. Ma bisogna immedesimarsi. Se quella fosse stata vostra madre? Se a minacciarvi, con il volto sfigurato dalla cattiveria, fosse stato vostro padre?».
alex e loris
Loris racconta «l' inferno».
Ripercorre anni di «minacce, insulti» via via diventati «più frequenti, più violenti». Di «botte». Di una «gelosia ossessiva e morbosa» verso una donna a cui era vietato anche scrivere su WhatsApp, andare alle riunioni di lavoro, guidare la macchina, avere un bancomat. «Mio padre voleva che fosse sola e dipendente da lui». Alex ha ucciso il papà.
Del delitto Loris ricorda poco: «Ero pietrificato». Ma ricorda bene quanto capitato poco prima. La mamma che torna dal lavoro in un supermercato, il padre che l' aspetta sul balcone, controlla il percorso, inizia a sbraitare non appena lei arriva sul pianerottolo. Era andato a spiarla, come faceva sempre, e aveva visto un collega che le appoggiava la mano sulla spalla. Non era una data qualunque. Il 1° maggio per Giuseppe e Maria sarebbe stato l' anniversario di matrimonio.
«Non c' era nulla da festeggiare. Mamma quella sera aveva detto con fermezza che voleva separarsi».
alex e loris
La lite, Alex e Loris l' hanno registrata. C' è il possesso: «Quello è venuto da te, non mi pigliare in giro». E la disperazione: «Ti devi mettere in testa che lavoro dove ci sono anche degli uomini. Cosa ho fatto di male?». Sono novemila i file che l' avvocato difensore Claudio Strata ha presentato ai giudici. Alcuni sono stati sentiti in aula.
Alex si copre le orecchie, Loris dice: «Questa è stata la mia vita». Duecentoventicinque file del 2019. Quattordici del 2020. «Perché così pochi quell' anno?», chiede il pubblico ministero Alessandro Aghemo. «Con il lockdown non era semplice, se ci avesse scoperti ci avrebbe uccisi». Di nuovo il pm: «Perché avete registrato?». «Abbiamo iniziato nel 2018. Mio padre voleva che all' esterno sembrassimo la famiglia del Mulino Bianco. Abbiamo pensato che così, se ci avesse ammazzati, se avesse fatto la strage che minacciava, sarebbero rimaste le prove di chi era davvero». C' erano sere in cui «ho dato a mamma un abbraccio più lungo del solito pensando che fosse l' ultimo».
ALEX 18
Sere in cui «dormivo con una bottiglietta vicino al letto.
Quando sentivo mio padre alzarsi, la schiacciavo per fargli capire che ero sveglio. Pensavo che così avrei protetto mamma. Quando in televisione sentiva le notizie sui femminicidi, papà diceva che quegli uomini avevano fatto bene, che quelle donne se l' erano meritata». Il pm domanda: «Se la situazione era così pericolosa, perché non avete chiamato i carabinieri?». Loris risponde: «Avevamo paura. Papà diceva che dal carcere si esce in fretta e sono certo che ci sarebbe venuto a cercare. Ci avrebbe ammazzati». Il pm commenta: «Però è morto lui».
È vero, la giustizia deve giudicare un figlio che ha ucciso un padre, ma questa tragedia non si può riassumere così. Non solo, almeno. E Loris, che ha deciso di cambiare cognome, prova a spiegarlo: «Pompa è il cognome di mio padre che ci ha rovinato la vita da vivo e anche da morto». Per lui, il volto di Giuseppe era il volto della violenza: «So che padre non dovrò essere e non sarò mai».
ALEX 18