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    SELFIE-MADE MEN - LA PRIMA CABINA PER FOTOTESSERE IN ITALIA È STATA INSTALLATA ESATTAMENTE 60 ANNI A ROMA - MARINO NIOLA: "È L'ORIGINE DEL SELFIE. LA FOTO-CABINA DI FATTO HA CREATO UN NUOVO BISOGNO, QUELLO DELL'AUTORITRATTO LOW COST. CHE DIVENTA UN ACCELERATORE DI MODERNITÀ E DI SOCIALITÀ, MA ANCHE DI NARCISISMO E DI INDIVIDUALISMO" - "CERTO, FRA QUELLE QUATTRO FOTINE E I MILIONI DI SCATTI CHE SATURANO LA RETE, C'È UN ABISSO. EPPURE, QUESTO TSUNAMI DI PIXEL È PARTITO PROPRIO DA QUELLE CABINETTE…"


     
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    Marino Niola per “il Venerdì di Repubblica”

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    «All'artificialità ingessata di tanti ritratti preferisco le piccole foto delle carte d'identità. A quei volti puoi sempre fare una domanda». Lo diceva Henri Cartier-Bresson, il più grande fotografo della storia. Oggi quei volti non si contano più. Visto che nell'era del selfie crescono al ritmo di centinaia di milioni al giorno.

     

    Trasformando le domande di Cartier-Bresson in altrettante risposte. Che ci raccontano una storia cominciata giusto sessant' anni fa, nel novembre 1962, quando a Roma, nella Galleria Colonna, intitolata ora ad Alberto Sordi, la società Dedem installa la prima cabina italiana per fototessere. Ed è subito boom. Per mesi si formano file interminabili di persone ansiose di entrare nella scatola magica.

     

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    Che in soli tre minuti, per sole cento lire, stampa quattro fotine. È l'inizio del faccia a faccia con la propria immagine da cui avrà origine il selfie. In questo senso, la macchina per fototessera rappresenta il grande tornante di un percorso iniziato nel 1920 a New York, quando cinque fotografi della Byron Company - Joseph Byron, Ben Falk, Pirie MacDonald, Colonel Marceau e Pop Core - si fotografano sul tetto del Marceau Studio nella Fifth Avenue. La macchina è pesantissima, tanto che devono tenerla in due. Byron con la destra e Falk con la sinistra. E per raggiungere la distanza necessaria sono costretti a estroflettere le braccia in avanti come due clown.

     

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    La cabina fotografica di fatto ha creato un nuovo bisogno, quello dell'autoritratto low cost. Che diventa un acceleratore di modernità e di socialità, ma anche di narcisismo e di individualismo. In quel segmento di storia che sta fra i 60 e l'era della telefonia mobile, la macchina esercita una autentica attrazione "fotale". Quando se ne trova una, non si riesce a resistere alla tentazione di farsi uno scatto.

     

    Da soli, in coppia, in gruppo, in gita, con gli amici. In molti tentano di entrare nei Guinness zippandosi come sardine davanti all'obiettivo. «Andavamo sul seggiolino girevole per fare le facce o vedere se stavamo bene col cappello, per avere una foto da regalare alla fidanzatina. Volevamo far colpo prima di tutto su noi stessi», confessa l'autore Mario Chiodetti sul sito www.varesenoi.it.

     

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    COME ERAVAMO

    L'obiettivo Dedem ha immortalato le facce di tutti gli italiani, e spesso non solo le facce, visto che, una volta chiuse le tendine, molte cabine si trasformavano in set erotici abusivi dove immortalare i propri gioielli indiscreti. In realtà quelle fototessere hanno fissato su carta quella fame di vita, quell'ansia di novità, quell'euforia da Il sorpasso che segnano gli anni del miracolo economico.

     

    E via via, il ribellismo militante dei Settanta, l'edonismo reaganiano degli Ottanta e il giustizialismo rancoroso dei Novanta. Dal bianco e nero al colore, dall'analogico al digitale, dai primordi della tecnologia all'avvento degli smartphone. Insomma, la mutazione antropologica del nostro Paese in una interminabile striscia di istantanee. Che documentano look, posture, gesti, atteggiamenti, sentimenti. Mostrandoci come eravamo e come siamo diventati.

     

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    La differenza è che allora vivevamo con timidezza il rapporto con l'obiettivo. E la lotta tra l'attimo fuggente e l'eternità, che è la mission impossible della fotografia, ci vedeva immancabilmente perdenti. Perché il countdown finiva sempre per coglierci impreparati, quasi inebetiti, e lo scatto arrivava a tradimento. L'esatto opposto della naturalezza innaturale e della fotogenia di massa dei nativi digitali.

     

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     Che adesso celebra il suo trionfo con il selfie, capace di catturare, trasfigurare e condividere ogni istante della nostra vita. Visibile e condivisibile in tempo reale. È una nuova egemonia dell'immagine, che diventa ideologia, liturgia, mitologia, diplomazia, strategia. Ecco perché politici e personaggi dello star-system si autoscattano spesso e volentieri. Come tanti ragazzi a una festa di compleanno.

     

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    O turisti sullo sfondo del Colosseo e del Vesuvio. O come gli adolescenti che di recente ho visto alla Pinacoteca milanese di Brera selfeggiarsi commossi davanti al Bacio di Francesco Hayez. Che non fosse una semplice moda, ma l'avvento di un culto dell'io, di una teologia laica del noi, è stato chiaro fin dal 2013, in occasione della commemorazione funebre di Nelson Mandela.

     

    Quando Barack Obama, David Cameron, allora premier del Regno Unito, e la prima ministra danese Helle Thorning-Schmidt si sono fatti un selfie fuori protocollo e in barba alla solennità della cerimonia.

     

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    HOLLYWOOD INSEGNA

    Ma il vero botto lo ha fatto il mondo del cinema la notte degli Oscar 2014, quando l'attrice Ellen DeGeneres ha chiamato a raccolta per un selfie i divi seduti in prima fila. E ha messo il suo cellulare nelle mani di Bradley Cooper che ha preso d'infilata Julia Roberts, Meryl Streep, Kevin Spacey, Brad Pitt, Angelina Jolie, Jennifer Lawrence, Channing Tatum, Jared Leto, Lupita e Peter Jr. Nyong' o. L'istantanea hollywoodiana, postata su Twitter, ha inaugurato l'era della self generation.

     

    joe biden si fa un selfie joe biden si fa un selfie

    Come dimostra il singolare presepe di Modern Nativity, un'azienda californiana. Dove San Giuseppe in versione hipster e la Madonna in leggings e top si selfeggiano col bambinello.

    Mentre i Re Magi portano i doni in confezioni Amazon cavalcando monopattini da rider. Non si sottrae nemmeno papa Bergoglio spesso protagonista di selfie come quello del 25 settembre 2021 con i ragazzi dell'Earth Day.

    SELFIE DI PAPA FRANCESCO CON UN GRUPPO DI RAGAZZI SELFIE DI PAPA FRANCESCO CON UN GRUPPO DI RAGAZZI

     

    Mentre Un Selfie con il Papa è diventato addirittura un format tv. Eppure, ancora oggi la vecchia cabina conserva il suo fascino. Molti la usano per immortalare i momenti che contano davvero, salvandoli dall'inflazione di immagini che il web scarica su di noi. Un po' di tempo fa ha fatto il giro della rete la domanda di matrimonio di Kevin, che con la scusa di una foto ricordo ha convinto la fidanzata Molly a sedersi sullo sgabellino girevole e a sorpresa le ha infilato l'anello al dito. Inutile dire che il fatidico sì di Molly, postato su YouTube, ha superato i due milioni di clic.

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    Forse perché quel fotogramma conserva l'aura dell'istante irripetibile. L'esatto opposto della serialità e della reversibilità degli scatti che ci spariamo a scuola, in cucina, al ristorante, in metro, in ufficio, in macchina, in autostrada, a letto, perfino in bagno. E purtroppo anche nell'ora della morte.

     

    Ogni giorno al mondo vengono postate su WhatsApp 6,9 miliardi di immagini. Mentre 1,3 miliardi sono condivise su Instagram. Entro il 2030 si prevede che su Google Images le foto saranno 382 miliardi. E il 92 per cento viene scattato con lo smartphone. Che ormai è un ibrido fra elettronico e umano, fra la fotocamera e il prolungamento anatomico degli occhi.Insomma, la nostra vita è tutta un selfie. Non è più una sequenza di momenti ed eventi, situazioni e occasioni, ricorrenze e ricordanze. Ma si è riconvertita in un flusso continuo di fotogrammi che possiamo scomporre e ricomporre. Colorare, scontornare, ritoccare, fotoshoppare, "filtrare", condividere, viralizzare.

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    Certo, fra quelle quattro fotine stinte e smunte che uscivano come una linguaccia dalle macchinette di stazione e i milioni di scatti che saturano la rete, c'è un abisso. Eppure, questo tsunami di pixel è partito proprio da quelle cabinette. Che per la prima volta ci hanno fatto sentire dei selfie made men.

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