Post di Selvaggia Lucarelli su Facebook
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Mi sono imbattuta nell’editoriale sul nuovo numero di “Grazia” del direttore Silvia Grilli. “Non si può tornare indietro”, si intitola. Credevo parlasse delle ciabatte flatform protagoniste, irreversibilmente, della moda primavera-estate 2018, e invece no.
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Parlava di immigrati. Di Pamela. Di Macerata. Non che la direttrice di “Grazia” non possa decidere di dire la sua su argomenti che vadano al di là delle stampe floreali, anzi. Il problema è come lo ha fatto. Quello che ha detto. Un editoriale che perfino Salvini si rifiuterebbe di firmare. Dunque.
Secondo la Grilli abbiamo un gigantesco problema in tema di immigrazione.
Scrive, tanto per cominciare: “C’è un problema gigantesco e sottovalutato nell’immigrazione. L’arrivo di giovani uomini nel fiore degli anni che giungono qui senza donne e con un retaggio culturale misogino e violento nei confronti delle femmine. Ne ho già scritto dopo Colonia e Rimini, ora ne parlo dopo lo scempio sul corpo di Pamela”.
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Commenterei intanto questo meraviglioso incipit. Tanto per cominciare, gentile Grilli, quel “giungono qui senza donne” cosa dovrebbe raccontarci? Non è che gli italiani o i russi o gli spagnoli invece migrino necessariamente con moglie e figli.
Non è che i ragazzi italiani vadano a fare l’Erasmus in giro per l’Europa portandosi dietro la madre o la fidanzata. Non è che spostarsi da un paese all’altro senza una presenza femminile accanto trasformi il migrante in uno stupratore. Inoltre, mi perdoni, ma nella storia passata e recente ci sono fior di stupratori con mogli e figli. Anche in quella degli immigrati eh. O degli italiani. Perfino il carabiniere accusato di aver stuprato l’americana a Firenze aveva mogli e figli a casa, ha dedicato un editoriale anche a lui?
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Riguardo il retaggio culturale misogino e violento, beh, abbia pazienza gentile Grilli. Dia una letta a quello che scrive l’italiano evoluto sotto le immagini delle donne che hanno sfilato a Macerata. Provi a ricordare a cosa è sottoposta da anni Laura Boldrini. Oltre allo stupro di Rimini, elenchi pure gli stupri degli italiani, che nel paese sono la percentuale più alta.
Gli italiani sono stupratori di donne, di studentesse, di disabili, di figli, di bambini e pensi un po’, di tante straniere. Le ricordo lo stupro di gruppo dei 12 adolescenti italiani dai danni di una 15enne in Campania, ma se vuole le rammento anche quelli avvenuti a Catania, a Varese, a Busto Arsizio e così via. Noi sì che siamo quelli evoluti. Quelli che non umiliano, non maltrattano, non uccidono le donne.
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Ma andiamo avanti. Scrive: “Pamela era nuda, fatta a pezzi, lavata con la candeggina e le erano state tolte parti dei genitali. Questo ultimo particolare macabro mi ha fatto pensare alle mutilazioni femminili: le escissioni dei genitali delle bambine che vengono praticate in molti paesi africani e mediorientali per soggiogare e ridurre la sessualità delle donne”.
Quindi, gentile Grilli, il mostro di Firenze- quello che tagliava seni e pube alle vittime- veniva dall’Angola? Lo abbiamo cercato a lungo a Scandicci e dintorni e invece, pensate un po’, toccava rastrellare l’Etiopia.
Ma soprattutto, se a lei (come a molti) la storiella del dettaglio macabro fa gioco per sottolineare la ferocia dell’uomo nero che le donne non si limita ad accoltellarle come il femminicida bianco medio, ma le fa pure a pezzi, le ricordo che siamo il paese della mafia, siamo il paese in cui bambini sono stati sciolti nell’acido, i nemici dati in pasto ai maiali dopo essere stati sezionati con seghe e motoseghe, siamo il paese di Lea Garofalo sciolta nell’acido se la ricorda, gentile Grilli?
Si ricorda del Canaro, di Stevanin, dei bravi ragazzi del Circeo, dei tanti bravi italiani che le vittime le hanno torturate, stuprate, seviziate, fatte a pezzi? Pensi, c’era perfino chi le saponificava e ci faceva impasti per le torte. Ed era una donna, italianissima. Se vogliamo metterla sul piano dell’efferatezza vinciamo noi, mi dia retta. E le consiglio di andare a ripetizione da Carlo Lucarelli.
selvaggia lucarelli
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Ma andiamo avanti, perché il meglio deve venire. Sempre dal suo editoriale: “Io credo che uno dei grandi problemi dell’immigrazione sia lo scontro tra un mondo che considera le donne degli esseri inferiori da umiliare e una società come la nostra che deve difendere dignità e libertà…le mamme di Macerata non mandano più le loro figlie a portare il cane a causa dei giovani neri che non lavorano, spacciano e costituiscono un rischio per queste ragazze. Non si può tornare indietro sui diritti e la libertà”.
E qui viene il bello. Gentile Grilli, gli spacciatori sono brutti e cattivi, certo. Tutti però, non solo i neri. E però le do una notizia: la droga che vendono gliela danno gli italiani. Siamo noi (ndrangheta e compagnia bella) i principali importatori di droga e siamo noi, i bravi italiani bianchi. Quelli che secondo lei rappresentano “la civiltà”. Quelli che ai pusher neri o bianchi che siano mettono in mano la droga.
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E siamo noi che dai pusher neri la compriamo. Noi che la consumiamo. Faccia attenzione a parlare di scontro di civiltà, mi dia retta. Il civile mondo della moda che lei frequenta e racconta sul suo giornale, non è certo immacolato.
E se parliamo di droga, il dorato mondo della moda si serve da pusher pure a Milano, a Roma, a Parigi, a New York. Di colore, probabilmente. Delinquenti come quelli che stanno a Macerata, pure se la droga sul naso di uno stilista o del buyer o della modella è più elegante, ne convengo. Che poi da queste parti la donna sia amata e rispettata, mi creda, è un’altra barzelletta.
Pensi ai danni che sempre il suo mondo ha fatto per decenni proponendo modelle più buone per un ossario che per una passerella. Pensi a quanto è stata maltrattata l’immagine della donna in questo paese. Pensi a quante donne in posizioni di comando esistono in Italia. Pensi ai nostri stipendi, alla questione molestie, ai femminicidi, all’hating sul web rivolto soprattutto contro le donne, pensi a quanto la cultura maschilista sia ancora radicata nel nostro paese.
Infine, gentile Grilli, se parliamo di stili di vita e scontri tra civiltà troppo lontane, le do ragione.
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Ho girato mezzo mondo e ho dato un’occhiata alla sua pagina instagram, un tripudio di suoi outfit a svariati zeri, di outfit a svariati zero indosso alla sua bellissima figlia che avrà forse tre anni con tag sulle foto alle case di moda da Armani a Dolce e Gabbana, ai brand di gioielli, perfino alla Bakery della cupcake in mano alla bambina, foto di feste e party e colazioni e vip, nell’Upper West Side, e sarò onesta: io, italiana, mi sento più vicina a certe civiltà dall’altra parte del mondo, che al suo stile di vita. Sono pochi i direttori donna in questo paese così aperto alle donne. Cerchiamo di fare bene, anziché contribuire ad alimentare odio, pregiudizi e paure.
Saluti.
P.s.
Eppure fu lei, anni fa, a raccontare quanti pregiudizi, quanto razzismo da parte degli italiani girando con una burqa: http://archivio.panorama.it/italia/L-inchiesta-per-due-giorni-ho-visto-il-mondo-attraverso-il-burqa