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    ALTRO CHE SMART WORKING, IL LAVORO DEL FUTURO È TUTTO NEL METAVERSO! - SEMPRE PIÙ AZIENDE DI SILICON VALLEY SI STANNO ATTREZZANDO PER DIGITALIZZARE IL LAVORO DI DOMANI, UTILIZZANDO LA REALTÀ AUMENTATA PER CREARE "UFFICI DIGITALI" - LUBA MANOLOVA, DIRETTORE DELLA DIVISIONE MICROSOFT 365: "QUESTO SPAZIO È UTILE PER TRASMETTERE ANCHE IN DIGITALE LA CULTURA AZIENDALE FACENDO INCONTRARE I NEOASSUNTI CON I TOP MANAGER, COINVOLGENDOLI COME SE FOSSERO LÌ…"


     
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    Raffaele D'Ettorre per “il Messaggero”

     

    Niente cavi né mouse nell'ufficio del futuro, dove tutti indosseranno smart glasses e le riunioni si terranno nel metaverso, tra ologrammi e sfilate di avatar. Parola della Silicon Valley che, da quando la pandemia ci ha spinto a superare il concetto di ufficio fisico, prova a ripensare gli spazi lavorativi in funzione dello smart working, che in Italia continuerà fino alla nuova scadenza del 30 giugno.

     

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    E mentre la Camera discute per sostituire l'attuale legge che disciplina il lavoro da remoto, i colossi dell'hi-tech si stanno già attrezzando per digitalizzare l'ufficio di domani. La prima scommessa è quella dell'interconnessione, con Apple che apre l'era del Controllo Universale consentendoci di usare tastiera e mouse di un Mac per controllare da remoto un altro Mac o addirittura un iPad, dando così il via a un ecosistema wireless che dovrebbe pensionare per sempre bluetooth e cavi.

     

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    Ma il vero mantra nei corridoi della Valley oggi è solo uno: realtà aumentata. E quindi, inevitabilmente, metaverso. «L'ufficio del futuro sarà phygital, avrà cioè elementi digitali inseriti in un contesto fisico - spiega Luba Manolova, direttore della divisione Microsoft 365 - Grazie ai visori per la realtà mista, le nostre interazioni virtuali saranno sempre più personali e coinvolgenti».

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    LA PARTECIPAZIONE

     Si parte creando un avatar, un nostro alter ego digitale che presto potremo sfoggiare nei meeting virtuali. Una tecnologia che Meta e Apple stanno già sperimentando (rispettivamente sulle piattaforme Horizon Workrooms e Reality) e che a metà anno dovremmo vedere in anteprima su Mesh, il metaverso targato Microsoft.

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    Già prima della pandemia l'azienda di Redmond aveva collaborato con la multinazionale irlandese Accenture nella costruzione di un metaverso interamente dedicato al processo di onboarding, cioè l'inserimento dei nuovi dipendenti all'interno dell'azienda. «Questo spazio si è rivelato utilissimo per trasmettere anche in digitale la cultura aziendale - dice Manolova - facendo incontrare i neoassunti, o meglio i loro avatar, con i top manager, coinvolgendoli come se fossero fisicamente lì».

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    GLI ESEMPI

    Si parte dalla creazione di un digital twin degli spazi fisici, cioè una loro riproduzione virtuale: ce l'hanno già il Politecnico di Milano e la Luiss di Roma, dove tutte le aule sono digitalizzate e un sistema di telecamere gestite da intelligenza artificiale inquadra il professore mentre parla con gli studenti e interagisce con i contenuti multimediali. Per seguire bastano un paio di smart glasses ma è solo un passo intermedio, dato che «presto toccherà agli ologrammi», afferma Manolova.

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    Un trend confermato anche da Michele Dalmazzoni, direttore della Divisione Collaboration Sud Europa per Cisco, che spiega come il futuro per la sua azienda sia già realtà: da diversi mesi infatti è disponibile l'accesso anticipato a Webex Hologram, la versione olografica del software per videoconferenze della multinazionale californiana. «Chi si collega - spiega Dalmazzoni - non solo viene visto come un ologramma ma può anche manipolare oggetti tridimensionali».

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    FORMULE MISTE

    L'obiettivo finale è sfumare i confini tra ufficio virtuale e fisico: tante aziende stanno adottando formule miste per garantire una certa percentuale di occupazione delle sedi e «la sfida adesso - dice Manolova - è far sentire le persone a casa parte attiva dell'ambiente lavorativo». Un'impresa però particolarmente complessa in un Paese che, secondo i principali attori del mercato hi-tech, ancora vive la digitalizzazione con diffidenza.

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    «L'Italia ha poche grandi città e una sola grande provincia - chiosa Dalmazzoni - Si fatica a far passare il concetto che investire in tecnologia in questa fase delicata significa attrarre nuovi talenti, specie tra le nuove generazioni che hanno già abbracciato il lavoro da remoto come stile di vita». Siamo di fronte a un cambio di paradigma che l'hi-tech reputa «necessario e inevitabile» anche per rimettere la componente umana al centro dell'esperienza lavorativa.

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    Molte aziende infatti si stanno appoggiando alla telemetria sia per monitorare episodi di burnout tra i dipendenti, sia per valutare il loro rendimento lavorativo da remoto. E forse allora la vera sfida in epoca di smart working, dove già da tempo si parla di diritto alla disconnessione, sarà evitare che la tecnologia crei un futuro in cui staccarsi dal lavoro diventi fisicamente e virtualmente impossibile.

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