1 - ACQUISTI ANCORA IN QUARANTENA A MAGGIO IL CROLLO È DEL 30%
Lodovica Bulian per “il Giornale”
sangalli
La caduta è verticale. La riapertura non è stata una ripresa. Gli effetti di tre mesi di pandemia sono uno tsunami sui consumi. Solo a maggio, il mese della ripartenza, avverte Confcommercio, sono scesi del 29,4 per cento. Con la chiusura totale ad aprile era arrivato a -47 per cento. L'Ufficio studi dell'associazione nel rapporto sulla congiuntura di giugno ricorda che «sulla velocità della ripartenza e sul suo consolidamento si gioca il futuro del Paese. Non bisogna trascurare i pericoli connessi all'avvio di un possibile corto circuito depressivo».
Gualtieri Conte
Il disagio sociale è esploso ad aprile, di pari passo con il deterioramento delle condizioni del mondo del lavoro dipendente e autonomo. Compromessa la fiducia delle famiglie, con ricadute sul consumo tali da frenare ogni ipotesi di recupero di rilievo. Il confronto degli ultimi tre mesi con quelli del 2019 consegna una contrazione del 36,4% dei consumi, un gap che si riuscirà a recuperare «solo in parte nei prossimi mesi».
Si è quasi azzerata la domanda di servizi, soprattutto per quelli legati alla fruizione del tempo libero (-92%), per alberghi, bar e ristoranti (-66%) e abbigliamento (-55%). «Si stima per giugno una crescita congiunturale del Pil del 4,7%, dato che porterebbe ad una decrescita del 17,2% rispetto allo stesso mese del 2019. Nel complesso del secondo trimestre, la riduzione sarebbe del 17,4% congiunturale e del 21,9% su base annua. Queste cifre rendono ben chiara l'entità della montagna che il Paese deve scalare».
carlo sangalli 2
Una montagna dove la salita è più ripida se le famiglie «hanno meno reddito e molte imprese rischiano la chiusura. C'è pochissimo tempo, bisogna passare subito dagli annunci alla concretezza dei risultati. A partire dalla liquidità, che molte imprese non hanno ancora visto, fino ad un piano di rilancio dell'immagine dell'Italia nel mondo», avverte il presidente Carlo Sangalli. La possibile riduzione dell'Iva ipotizzata dal premier Conte «è un importante segnale di fiducia che abbiamo sempre auspicato», dice Sangalli.
«Che non sia, però, una misura eccessivamente provvisoria. Consumatori e imprese hanno bisogno di certezze per programmare», aggiunge. Sulla proposta contenuta nel Piano Colao di incentivare il rientro di contanti dall'estero, Conte invece chiude: «Il problema è che se consentissi domani di riportare contanti in Italia», significherebbe «sanare tutto quello che c'è dietro. Il problema è quello del condono. Un'operazione del genere la gente la fa se non deve dare spiegazioni, se qualsiasi attività pregressa viene sanata. Lì si crea una forte ingiustizia».
conte gualtieri
Il premier piuttosto pensa a «un piano cashless, che è un mio cavallo di battaglia. L'ho detto al Mef: c'è stata l'emergenza ma ora dobbiamo realizzarlo quanto prima». Arranca l'industria. Che riaccende i motori, ma fatica a riprendere i giri. In aprile la produzione industriale è scesa del 19,1%, e nonostante il recupero atteso in maggio e giugno, il secondo trimestre registrerà un calo del 20%. Confermate le fosche previsioni di un crollo del Pil stimato a circa -9%.
I dati «dicono che, nonostante la graduale fine del lockdown dal 3 maggio e la possibilità di riapertura dell'attività, la risalita non è completa», sono le notizie che arrivano dal Centro studi di Confindustria. Risalita che «è apprezzabile, ma parziale, nell'industria (45,4 a maggio), che aveva registrato un tonfo ed era già in difficoltà prima del Covid. Molto meno nei servizi che restano in forte difficoltà (28,9) dopo il tracollo subito». Il problema ora «è la domanda che resta bassa, per vari beni e servizi, frenando le imprese che hanno riaperto e facendo accumulare scorte».Gli ordini sono ridotti ed è difficile programmare investimenti.
stime sui consumi interni
2 - PER FAR RIPARTIRE I CONSUMI SERVONO ALMENO 40 MILIARDI
Sandro Iacometti per “Libero quotidiano”
Fareste spese pazze se i prezzi fossero più bassi di qualche euro? È tutto qui il busillis su cui si stanno arrovellando gli espertoni economici di Giuseppe Conte. Già, perché delle due l'una: o si trovano 40/50 miliardi per un taglio shock dell'Iva oppure il governo si dovrà accontentare di una limatina che rischia di avere impatti impercettibili sulle tariffe di beni e servizi. La prima ipotesi, di cui si è favoleggiato subito dopo la proposta lanciata a mezza bocca dal premier al termine degli Stati generali, è uscita dall'orizzonte con la rapidità di un ghepardo.
IGNAZIO VISCO
«Cifre considerevoli, operazione complessa», ha fatto sapere il viceministro dell'Economia, Antonio Misiani. «Costa tantissimo», ha detto il titolare del dicastero Roberto Gualtieri. E alla fine ha messo le mani avanti pure lo stesso Conte, spiegando che si sta valutando solo «una lieve e temporanea riduzione». Quanto lieve e quanto temporanea non è dato sapere. Ma i numeri sul tavolo si conoscono. Basta guardare le clausole di salvaguardia per capire di che entità stiamo parlando.
antonio misiani
Il costo della sterilizzazione di 5 punti di aumento delle due principali aliquote Iva (dal 22 al 25% e dal 10 al 12%) previsto per il 2021 vale poco meno di 20 miliardi. Quindi circa 4 miliardi l'anno per ogni singolo punto di ogni singola aliquota. Vale la pena? L'esempio che continua a ronzare nella testa di tutti è quello della Germania, che solo qualche settimana fa ha portato le aliquote dal 19 al 16% e dal 7 al 5% spendendo appunto 20 miliardi, anche se solo per sei mesi di riduzione (le differenze di gettito complessivo incidono sulle coperture necessarie). stanziamenti esigui Se lo ha fatto la Merkel posso farlo anche io, deve aver pensato il premier.
i consumi a marzo
Sottovalutando, però, il fatto che la manovra varata dai tedeschi (di 15 pagine, non di dieci tomi come le nostre) è complessivamente di 130 miliardi, mentre da noi la Cig si è già mangiata metà degli esigui stanziamenti del decreto rilancio (55 miliardi) ed è pronta a prosciugare anche l'ulteriore scostamento di bilancio da 10 miliardi allo studio del governo. Certo, intervenire a sostegno dei consumi è fondamentale.
Confcommercio ieri ha segnalato che a maggio, malgrado la fase due e la riapertura delle attività, si è registrato un crollo del 30% degli acquisti e che il pil nel secondo trimestre potrebbe scivolare addirittura del 22% rispetto allo scorso anno. Ma siamo sicuri che una manovrina sull'Iva servirà allo scopo? Per abbassare di 10 punti l'aliquota massima o di 5 quella massima e quella agevolata, che è il minimo sindacale per ottenere un qualche risultato tangibile, servono più di 40 miliardi. Altro debito? Aspettiamo i soldi della Ue?
roberto gualtieri
Nessuno lo sa, neanche Conte. Che ieri dopo il pressing di Matteo Salvini, che ha accolto la proposta con molto più entusiasmo della stessa maggioranza e ha sfidato il premier ad andare fino in fondo, ha velocemente ripiegato su una versione pasticciata (e molto più economica) del taglio, farfugliando di riduzioni selettive solo per alcuni settori in difficoltà e di piano cashless per incentivare l'uso dei pagamenti digitali. bufala grillina Insomma, la grande sforbiciata alle tasse si è già trasformata in una bufala dal sapore grillino che consentirà di spendere un altro po' di soldi senza ottenere nulla in cambio. D'altra parte, Conte non ha molte alternative.
conte salvini
A poche ore dalla sortita durante la conferenza stampa di Villa Pamphilj sembra che i Cinquestelle siano l'unico alleato disponibile su piazza. Il Pd, che al contrario non ha mai disdegnato l'ipotesi di aumentare la tassazione indiretta per finanziare le manovre di bilancio, ha reagito con grande freddezza. Pure i renziani non impazziscono all'idea. Ed è inutile aspettarsi aiuti da Bruxelles, che da anni ci invita a spostare il peso fiscale dalle persone alle cose per favorire un riequilibrio del sistema tributario.
Un assaggio della stroncatura che il progetto subirà a livello europeo è arrivato ieri mattina dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, secondo cui per intervenire sul fisco serve «una visione più ampia, non si può procedere imposta per imposta». Tesi che, a dire il vero, è venuta in mente non solo a più di un'economista, ma anche ai tanti che si aspettavano dagli Stati generali qualcosa di più che un mini-taglio selettivo e temporaneo dell'Iva.
giuseppe conte rocco casalino emmanuel macron
Dietro la trovata di Conte c'è sicuramente anche il tentativo di spaccare il fronte imprenditoriale, creando uno spartiacque tra le aziende, che del taglio dell'Iva se ne fanno poco o niente, e i commercianti, che pensano di poter ricavare un po' di ossigeno dall'alleggerimento tributario sugli acquisti. Ma è bastata una giornata di polemiche per far capire al premier che si tratta di una strada che non porta da nessuna parte.
La verità, ha confessato Conte dopo aver scaricato la paternità della proposta sulle categorie che hanno sfilato agli Stati generali, «è che nessuno ha una ricetta pronta, siamo in una condizione di incertezza e dobbiamo mantenerci flessibili». Flessibili o immobili? Questione di punti di vista. Ma Visco un'idea se l'è fatta. «L'incertezza è grande», ha concordato il governatore, «ma questo non vuol dire che bisogna stare fermi».