Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
VLADIMIR PUTIN E IL GAS
Anche la voce del padrone può nascondere qualche debolezza. Soprattutto quando urla più forte. Vladimir Putin ha agito per primo, facendo ricorso al taglio del gas nei confronti di Polonia e Bulgaria, due Stati confinanti e sempre più schierati con l'Occidente. La chiusura dei rubinetti, dovuta al rifiuto del pagamento in rubli come richiesto dal Cremlino, potrebbe estendersi ben presto al resto dell'Europa, così dipendente dall'energia fornita da Mosca.
GASDOTTI RUSSI
E per questo è stata accolta con il consueto giubilo in Russia, giudicata come una prova di forza del presidente russo, fedele alla sua immagine ormai consolidata di nuovo zar in missione contro l'intero Occidente, considerato una causa persa, una entità con la quale al momento non vale la pena conservare alcuna forma di rapporto.
Tanto vale infliggersi da solo questa prima e parziale mutilazione, senza aspettare che l'Unione europea si decida per la mossa uguale e contraria, ovvero la rinuncia alle forniture russe, che sarebbero l'arma totale. Perché senza i soldi incamerati con gas e petrolio e le riserve aurifere e monetarie all'estero bloccate dalle sanzioni, l'autonomia dello Stato russo per pagare i propri dipendenti, tra i quali i soldati impegnati nell'Operazione militare speciale, viene stimata intorno ai 2-3 mesi.
vladimir putin
Ma è proprio questo dettaglio che rivela la debolezza nascosta dietro la decisione annunciata ieri da Gazprom. La scelta di richiedere il pagamento in rubli ai Paesi europei non è una impuntatura, ma una necessità. La Russia ha bisogno di moneta corrente. Le sanzioni stanno avendo l'effetto della goccia cinese, scavano ogni giorno di più.
Mentre il resto del mondo è impegnato in analisi militari per cercare di capire quale sarà il futuro prossimo, il messaggio che viene veicolato in modo quasi ossessivo dal Cremlino e dei suoi organi di informazione riguarda invece l'economia. Tranquilli, sta andando tutto bene, stiamo vincendo anche la battaglia del grano. Non è così. Persino il ministero delle Finanze è stato costretto ad ammettere che le cose vanno male. Prima della guerra, stimava una crescita annuale del 3 per cento. Adesso, è invece attesa una contrazione del Pil fino al 12,4 per cento.
le vie del gas russo
Peggio della crisi subprime del 2008 (-7,8%) e quasi al livello della grande crisi del 1992, (-14,5%), un trauma che ancora perseguita il popolo russo. Putin ha imposto alla Banca di Russia di aiutare l'economia contenendo il rialzo dei prezzi. Ma anche lui sa di non poter stampare moneta oltre un certo limite, pena l'ulteriore impennata dell'inflazione. Il pagamento in rubli dall'estero sarebbe l'unico modo di immettere denaro sul mercato senza alterare il fragilissimo equilibrio sul quale si regge oggi l'economia del Paese. Nonostante le apparenze, nel braccio di ferro in corso con l'Europa, la leva più forte non è in mano al Cremlino.