Elisabetta Reguitti per Il Fatto Quotidiano - Estratti
Michela, l’unica figlia di Massimo Noli e Paola Alberti è stata ammazzata dal marito.
“Chi tace pur sapendo è colpevole”; Massimo e Paola hanno poche certezze, un solo pensiero: diffondere e far passare la loro proposta di legge di iniziativa popolare affinché l’omissione di conoscenza, diventi reato.
michela noli
Michela aveva 30 anni, 7 mesi, 20 giorni e 7 ore di vita quando è stata accoltellata dal marito Mattia Di Teodoro, che si è poi suicidato. Erano le 21.40 di domenica 15 maggio 2016. “Gli amici e i genitori dell’omicida sapevano quello che quell’uomo aveva in mente di fare, ma hanno tutti taciuto non dando importanza ai messaggi. Vogliamo una legge dove l’omissione di conoscenza diventi reato” afferma il padre della vittima.
La conversazione con Massimo e Paola prosegue riprendendo le immagini della vita prima di quell’ultima domenica di maggio.
Michela era assistente di terra all’aeroporto di Firenze, si stava preparando per un concorso per migliorare la sua posizione lavorativa. Aveva conosciuto Mattia in un locale “un tipo tranquillo, un pacioccone” lo descrive Massimo.
(…) Tutto sembrava procedere, poi accade che, “i primi giorni di aprile del 2016 Michela decide di trasferirsi da noi. Lui, di fatto, l’aveva cacciata di casa. Lei però sembrava tranquilla; come se dentro di lei avesse già risolto la questione. Noi, al contrario, temevamo stesse soffrendo per quella separazione; si era limitata a dire “non lo riconosco più”.
i genitori di michela noli
Massimo racconta come solo successivamente attraverso i verbali dell’omicidio-suicidio quei due genitori abbiano scoperto come il marito della figlia soffrisse di bipolarismo. Ma non solo: aveva manifestato le proprie intenzioni di ammazzare Michela - che diceva averlo lasciato - anche a un amico di infanzia che lo aveva addirittura consigliato, via Whatsapp, di desistere dalla duplice intenzione omicida.
“Il solo fatto che qualcuno fosse al corrente di quelle intenzioni e che non avesse però avvisato nessuno - afferma Massimo - ci ha fatto pensare a quanto poco sarebbe forse bastato fare per evitare questa tragedia: sarebbe stata sufficiente una telefonata o un messaggio dicendo di stare attenta e lei certamente non sarebbe scesa quella sera a prendere la valigia che le aveva portato nel fatidico, ultimo appuntamento”.
Massimo interrompe il suo racconto, spiega perché hanno scelto di rivolgersi al Fatto Quotidiano. “Il nostro desiderio più grande sarebbe che questa proposta di legge sul non tacere venisse portata avanti da qualcuno. Non ne chiediamo la paternità ma che qualcuno ci creda. Si parla tanto di inasprire le pene, meno di prevenzione. Inasprire le pene dopo un omicidio-suicidio che senso ha? Prevenire, come? Non tacere, potrebbe evitare altre vicende come la nostra”.
michela noli
Massimo e Paola nel testo di proposta di legge - Art.577bis c.p. Omissione di denuncia degli atti preparatori al reato di omicidio o della minaccia di omicidio - pongono al centro il concetto che chiunque “venga a conoscenza di atti preparatori del reato di omicidio di un soggetto nei confronti di una terza persona, che facciano ritenere che l’agente abbia in via definitiva approntato il piano criminoso, o della minaccia da parte di un soggetto di commettere un omicidio, conoscenza con qualunque strumento (…) debba darne immediato avviso all’autorità preposta o alla persona in pericolo(…)”. La proposta - in caso di omissione di denuncia - include peraltro sia una pena detentiva che pecuniaria.
(…)