Aldo Grasso per il Corriere della Sera
amadeus fiorello
Ci mancava solo questa, la lotta della Cultura Alta contro la Cultura Pop. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini si è espresso contro la presenza dei figuranti in sala durante il Festival di Sanremo. Quindi, niente pubblico, niente Sanremo. Ma i figuranti sono pubblico? Si apre qui una bella discussione teorica.
Giorni fa si era espresso in proposito il direttore di Rai1 Stefano Coletta: «Sanremo è il "continuum" fisiologico di tutto l' intrattenimento che siamo stati capaci di realizzare quest' anno nonostante la pandemia. Sarà un programma televisivo, seriale ma condensato in cinque serate, fatto all' interno dell' Ariston invece che negli studi di Roma o di Milano, con protocolli di sicurezza utilizzati per tutte le altre trasmissioni».
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Difficile dargli torto. Ci sono molte trasmissioni, da «Amici» a «X Factor» che hanno figuranti in studio. Motivo per cui temiamo che Franceschini abbia dato ascolto alle molte lamentele che si sono elevate dal «mondo della cultura», teatranti e musicisti, da Moni Ovadia ad Ascanio Celestini, da Carlo Fontana a Michele Mariotti. Il direttore del Teatro di Genova, Davide Livermore, è sceso sul piede di guerra: «Assisteremo a Sanremo con il pubblico in sala? Allora noi apriremo i teatri e sul palco ci sarà il nostro festival: primo concorrente Shakespeare».
fiorello amadeus
Shakespeare contro le canzonette, come si fa a essere insensibili? Anche Emma Dante ha fatto sentire la sua indignazione: «Se si decide di fare Sanremo con il pubblico, si riaprono i teatri e i cinema. È pacifico». Le ha fatto eco l' attrice Manuela Kustermann: «Se il Festival di Sanremo apre al pubblico mobilitiamoci, scendiamo in piazza. Ci sentiamo mortificati, dimenticati. Si parla di turismo, mai di cultura, mai di teatro. È vergognoso che da mesi il ministro Franceschini sia latitante, non dica nulla, non si esponga». Si è esposto.
Il 16 gennaio scorso, con molto coraggio e pagando di tasca propria i tamponi, Andrée Ruth Shammah ha aperto il Teatro Franco Parenti per celebrare i 50 anni della nascita del Salone Pier Lombardo. Come ha potuto? «Semplice - ha detto la regista - la norma permette, rispettate le regole del distanziamento nei luoghi chiusi, di fare registrazioni televisive. Così ho potuto scritturare gli spettatori che erano presenti in sala come comparse». E il ministro Franceschini non ha detto nulla?
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Naturalmente il desiderio di tutti è che i teatri riaprano, che i cinema riaprano, che l' attività culturale riprenda a pieno ritmo (purtroppo, anche in assenza di una politica culturale), ma rivendicare le proprie aspirazioni penalizzando il Festival è solo dare retta alle sirene del populismo, un modo di pensare che nulla a che fare con la cultura.
Si può tranquillamente fare a meno di Sanremo (ora ci sono cose ben più gravi di cui occuparsi) ma il Festival è pur sempre un «luogo della memoria», secondo la bella definizione di Mario Isnenghi, una sorta di grande album di famiglia su cui si fonda la nostra identità, la nostra «emotional community».
EMMA DANTE
Con simili indignazioni, per dirla tutta, la battaglia vera non è fra cultura pop e cultura alta ma fra cultura di massa e quello che Dwight Macdonald chiamava Midcult, «la foglia di fico della cultura», la cultura sovvenzionata.
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