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    SI ALLARGA L’INCHIESTA SULLE ONG ACCUSATE DI FAVORIRE L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA - NELL'ATTIVITÀ DI “IUVENTA”, LA NAVE DELLA ORGANIZZAZIONE “JUGEND RETTET”, CI SONO DEI MISTERI, COME QUELLO DELL'INCONTRO IN MARE CON LA NAVE FANTASMA “SHADA” ...


     
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    1 - MIGRANTI, L'INCHIESTA SI ALLARGA AD ALTRE ONG

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    Cristiana Mangani per “il Messaggero”

     

    C'è una parte dell'inchiesta sulla ong Jugend Rettet che è coperta da diversi omissis. Riguarda barchini in vetroresina misteriosi che fanno la scorta ai trafficanti di esseri umani e che provvedono a recuperare mezzi e motori. A descriverli è un cittadino nigeriano Jeuray Awale, soccorso il 10 giugno scorso da Sea Watch 2, al largo delle coste libiche.

     

    «Quando navigavamo - ha dichiarato al poliziotto che lo ha identificato nell'hotspot - siamo stati affiancati da una barca in vetroresina di colore bianco e nero, con una persona a bordo che aveva i capelli rasta lunghi e indosso un cappello di paglia. Era un arabo e ci ha indicato la direzione da seguire per raggiungere l'imbarcazione che poi ci avrebbe soccorso.

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    A un certo punto ci ha superato a forte velocità, ma è andato verso il largo, per poi tornare indietro e intercettarci quando ci siamo trovati in forte difficoltà». L'episodio viene segnalato anche dall'agente dello Sco imbarcato sotto copertura sulla motonave Von Hestia di Save the children. «Sono barchini - ha raccontato - che effettuano un servizio di staffetta e scorta ai gommoni dei migranti. Stazionano nelle zone dove avvengono i soccorsi e dove sono presenti le navi delle ong».

     

    LE COMPLICITÀ

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    I misteriosi personaggi con il cappello di paglia sono forse pescatori o anche miliziani, sono comunque legati agli scafisti, ma la loro presenza conferma che più di un'organizzazione non governativa teneva rapporti con i trafficanti. Sono loro, infatti, che fanno da tramite, e prendono accordi per i salvataggi.

     

    Per l'investigatore undercover, «nel momento in cui sono certi della presenza di unità che possano garantire il recupero dei migranti, in molti casi motonavi riconducibili alle ong, gli scafisti si adoperano per recuperare sia il motore fuoribordo che la benzina. Sono probabilmente favoreggiatori operanti in zona rescue». Di queste presenze, finora, nessuno dei componenti delle navi umanitarie ha pensato di parlarne con la polizia. Anzi, in più occasioni, l'equipaggio di Iuventa, la nave sequestrata dalla procura di Trapani, si è anche rifiutata di consegnare foto e video che potevano servire per identificare qualcuno di loro.

     

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    Una condotta che non è piaciuta e che è stata considerata sospetta anche da uno dei medici che operava con il gruppo, attraverso l'organizzazione collegata Raimbow for Africa. Stefano Spinelli ha scelto di uscire dalle operazioni di soccorso perché gestite male e contro le autorità.

     

    Nel decreto firmato dal gip Emanuele Cersosimo, le sue dichiarazioni hanno ampio spazio. C'è una ragione - dice parlando con un collega di Medici senza frontiere e riferendosi a Iuventa - per cui l'Imrcc (Italian maritime rescue coordination centre) «ha un atteggiamento contrario verso l'operato delle navi piccole, e dipende dal fatto che queste imbarcazioni fanno solo da taxista». Si limiterebbero, infatti - è chiarito nel provvedimento - «a effettuare trasbordi su altri assetti, dopo aver fatto la spola verso le coste libiche».

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    Più volte, poi, la motonave tedesca ha chiamato la Von Hestia comunicando i dettagli della sua posizione. E lo ha fatto - è ancora il contenuto del decreto - effettuando un soccorso parallelo a quanto disposto dal Centro nazionale, che ha il compito di coordinare gli interventi. Lo avrebbe fatto, però - hanno dichiarato - «solo a titolo di cortesia».

     

    Nell'attività di Iuventa ci sono altri misteri, come quello dell'incontro in mare con la nave fantasma Shada (forse una petroliera francese). L'elemento è giudicato importante dal punto di vista investigativo, perché si tratta di una imbarcazione che un tempo batteva bandiera boliviana, e che «attualmente è priva di bandiera, dopo essere stata radiata da quello Stato». Il rendez vous tra i due sarebbe avvenuto nelle vicinanze di Lampedusa. In quella circostanza Shada è stata controllata dalla Marina militare e sono stati identificati i cinque membri dell'equipaggio, tutti provenienti da Paesi di lingua araba.

     

    POLEMICHE SUI SOCIAL

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    Nel frattempo, dopo il sequestro di Iuventa, sui social infuria la guerra tra sostenitori e detrattori della Jugend Rettet, la ong proprietaria dell'imbarcazione. «Faremo ricorso al tribunale del Riesame di Trapani contro il sequestro», annuncia l'avvocato Leonardo Marino nominato difensore dal legale rappresentante dell'associazione umanitaria, Katrin Schmidt.

     

    L'imbarcazione, fermata nel mare di Lampedusa su ordine del gip, partirà entro stasera per Trapani, dove sarà a disposizione dell'autorità giudiziaria. I magistrati procedono a carico di ignoti per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Per i pm, almeno in tre occasioni l'equipaggio della Iuventa si sarebbe spinto a ridosso delle coste libiche per prendere a bordo profughi che non versavano in situazioni di pericolo. L'equipaggio, sentito dagli inquirenti, intanto è stato trasferito, con scorta della Guardia costiera, in case private dell'isola solitamente destinate all'affitto ai turisti.

    I SOCCORSI DELLA IUVENTA INTERCETTANO LA NAVE DEI MIGRANTI I SOCCORSI DELLA IUVENTA INTERCETTANO LA NAVE DEI MIGRANTI

     

    L'ong tedesca, insieme a Msf, Sos Mediterranee e Sea-Watch, non ha firmato il codice di condotta per i soccorsi in mare predisposto dal Viminale. A sottoscrivere le regole del ministero dell'Interno sono state, invece, Moas, Save the children, Proactiva Open Arms e ieri si è aggiunta anche Sea-Eye. «Mi dispiace che alcune ong abbiano scelto di non firmare - ha dichiarato il Commissario europeo Migrazione e Affari interni Dimitris Avramopoulos - Dobbiamo lavorare tutti assieme per smantellare il modello di business dei trafficanti ed evitare le morti dei migranti. Per questo chiedo di nuovo a tutte le organizzazioni di aderire all'iniziativa».

     

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    2 - «IO, POLIZIOTTO INFILTRATO A BORDO COSÌ HO FILMATO TRAFFICANTI E ONG»

    Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”

     

    Era un addetto alla sicurezza, imbarcato sulla Vos Hestia , la nave di «Save the children» per conto di una società privata. Nessuno immaginava che in realtà fosse un agente sotto copertura, poliziotto dello Sco, il servizio centrale operativo impegnato da quasi un anno nell' indagine sull' attività delle Ong per il salvataggio dei migranti al largo della Libia.

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    È rimasto a bordo per quaranta giorni, «l' esperienza più impegnativa, ma anche più emozionante della mia carriera». E adesso rivendica con soddisfazione di essere riuscito a «documentare con foto e video i contatti tra l' equipaggio della Iuventa e i trafficanti». Ma anche «di aver restituito al suo papà, nigeriano che da tempo vive in Italia, una bimba di 15 mesi imbarcata su un gommone con la mamma che invece non è riuscita a terminare il viaggio».

     

    La scelta di agire in missione segreta viene presa nel maggio scorso. Il pool investigativo guidato dal vicequestore Maria Pia Marinelli, che lavora da oltre sette mesi per verificare la fondatezza delle denunce presentate da alcuni volontari di «Save the children» per conto della procura di Trapani, ha raccolto numerosi indizi sui possibili legami tra volontari e organizzazioni criminali.

     

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    Nel mirino c' è Jugend Rettet, definita dalle altre organizzazioni «temeraria» proprio perché entra in acque libiche e carica migranti che poi trasferisce su altre navi. Ma servono prove concrete, bisogna documentare gli incontri con gli scafisti, i possibili accordi.

     

    Il direttore dello Sco Alessandro Giuliano sa bene che l' unica strada è quella della «copertura», proprio come accade nelle indagini sui trafficanti di droga o di armi. Consulta il prefetto Vittorio Rizzi, direttore dell' Anticrimine. Ottiene subito il via libera.

    Tra gli agenti impegnati nelle verifiche, c' è Luca B., 45 anni che ha le caratteristiche giuste. È esperto di sub, tanto da avere il brevetto Divemaster oltre a una serie di abilitazioni per il soccorso medico in mare, la patente nautica. Ma è soprattutto un agente esperto.

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    Quando gli propongono l' incarico non ha dubbi: «Felice di accettare». Il 19 maggio si imbarca. Viene alloggiato in una cabina con altre tre persone, sa che deve «stare continuamente all' erta per non essere scoperto».

     

    La nave partecipa a numerose incursioni di fronte alle acque libiche. Effettua tre operazioni di soccorso, lui aiuta gli operatori, salva i migranti, collabora quando c' è necessità di trasferire le persone da una imbarcazione all' altra. Tiene i contatti con Roma inviando messaggi via WhatsApp. Li aggiorna su quanto accade a bordo, sulla posizione delle navi delle altre Ong.

     

    migranti morti su un gommone vicino alle coste libiche 9 migranti morti su un gommone vicino alle coste libiche 9

    «Devo stare attento, perché si insospettiscono se faccio foto o filmati», comunica ai suoi capi. «Non abbiamo mai perso la sua posizione - conferma Marinelli - perché avevamo comunque il supporto della Guardia Costiera che ci teneva informati degli spostamenti e di eventuali emergenze». Riesce a scendere dalla nave tre volte. Incontra i colleghi in luoghi segreti, consegna aggiornamenti e informazioni utili all' inchiesta. Ma ancora non basta, bisogna continuare per dimostrare che quanto raccontato nelle denunce sia vero.

    Il 18 giugno arriva la svolta.

     

    migranti morti su un gommone vicino alle coste libiche 5 migranti morti su un gommone vicino alle coste libiche 5

    Sono gli ultimi due soccorsi, quelli decisivi. «All' alba la Vos Hestia e la Iuventa si incrociano in alto mare. Pochi minuti dopo si avvicina un barchino dei trafficanti. Rimane a pochi metri da Iuventa, gli uomini parlano con i volontari. Arriva un' altro barchino che scorta un gommone carico di migranti». L' infiltrato scatta foto, gira video, documenta minuto dopo minuto l' incontro che segna la svolta per l' indagine.

    Tre ore dopo c' è un altro contatto e anche questa volta riesce a filmare ogni passaggio.

    «Ho tutto, comprese le immagini dei barchini restituiti ai trafficanti e riportati in Libia», comunica ai suoi capi.

     

    La missione è compiuta, ma bisogna attendere ancora qualche giorno. Portare a termine l' incarico così come previsto dal contratto proprio per non destare sospetti. A fine giugno l' agente torna a casa.

     

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    Racconta quanto ha visto, «anche quell' emozione di aver salvato tante vite». Ma il ricordo più bello lo dedica a Rejoyce, la bimba di 15 mesi che il 5 giugno hanno salvato mentre era su un gommone con altri 125 migranti. «La mamma era caduta in acqua, l' abbiamo issata a bordo, le ho fatto il massaggio cardiaco, ma purtroppo non c' è stato nulla da fare». In tasca la donna ha alcuni bigliettini con un numero di telefono italiano. L' infiltrato li comunica ai colleghi della mobile di Trapani quando, tre giorni dopo, arrivano in porto.

    L'utenza appartiene a un nigeriano che da tempo vive in Italia e lavora come bracciante a Salerno.

     

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    L' uomo viene subito trasferito in Sicilia. Conferma che quella donna morta è sua moglie. Racconta che la stava aspettando insieme con la figlioletta. Si decide di effettuare l' esame del Dna a entrambi per avere la certezza che non menta. Il risultato è arrivato ieri e non lascia dubbi: è sua figlia. Per l' infiltrato «la missione è davvero compiuta». Ma lui è pronto a ripartire. Ai suoi capi l' ha detto con chiarezza: «Per me è stata un' esperienza bellissima. Impegnativa ma esaltante, perché ti porta a contatto con queste persone che soffrono, ti fa capire che a volte per salvarli hai soltanto pochi secondi».

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