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Niccolò Carratelli per "La Stampa"
TAMPONE COVID CORONAVIRUS DRIVE IN
Si fa presto a dire "tamponi rapidi dai medici di famiglia". Ma attuare il piano, pensato dal governo per decongestionare Asl e drive-in, non è così semplice. Nella riunione di ieri tra la Conferenza Stato-Regioni e i sindacati di categoria, per definire i protocolli operativi e di sicurezza, non si è arrivati a un accordo. Massima disponibilità da parte dei dottori, ma la maggior parte degli studi medici non ha i requisiti. «Si ragiona sulla collaborazione con i Comuni, per allestire locali o tende in grado di accogliere medici e pazienti - spiega Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale - entro mercoledì (domani, ndr) si definiranno i dettagli».
Se è difficile prevedere quanti, tra i quasi 50 mila medici di famiglia, potranno rendersi disponibili su base volontaria, di certo quelli che già oggi hanno studi adeguati per potere effettuare il test sono pochi. «La nostra stima è un 15-20% - spiega Claudio Cricelli, presidente della Società di medicina generale - perché servono particolari condizioni logistiche: ingressi e uscite separati dagli altri pazienti, stanze dedicate». C'è chi si è portato avanti, come la Regione Lazio, che ha fatto un bando specifico a cui per ora hanno risposto poco più di 300 medici su 4mila. Dovranno sottoscrivere un profilo di sicurezza e riceveranno i kit per i tamponi dal sistema sanitario regionale.
«Si partirà nei prossimi giorni - assicura Pierluigi Bartoletti, segretario della Federazione dei medici di famiglia di Roma - chi non ha gli spazi potrà farli all'aperto o magari in parrocchia. In casi particolari potremo anche eseguire tamponi a domicilio». Unica soluzione possibile per Loris Pagano, che ha uno studio in centro a Roma, «ma sono 45 mq, due stanze e un solo ingresso. Faccio, però, molte visite a casa dei pazienti e avere il test a disposizione sarebbe molto utile per una diagnosi differenziale rispetto alla normale influenza».
La media dei positivi tra i pazienti è, al momento, di 9 su 100. «Per ora ne arrivano 7-8 al giorno con sintomi influenzali sospetti, ma aumenteranno», spiega Pierangelo Lora, uno degli 11 medici dello studio di medicina associata di Desenzano del Garda, Brescia. «La nostra è una realtà molto grande, abbiamo una struttura di 700 mq, varie stanze, una zona di accoglienza e triage, tre infermiere - racconta - faremo anche i tamponi, ma devono darci un protocollo con le procedure e le risorse per pagare il lavoro supplementare al nostro personale».
Uno dei nodi da sciogliere è proprio il riconoscimento economico per ogni tampone eseguito e trasmesso alla Asl. Anche perché il servizio sarà gratuito per i cittadini, che invece dovranno pagare di tasca loro se andranno a chiedere il test rapido in farmacia. È l'altra strada da percorrere per incrementare il numero dei tamponi, inaugurata in due farmacie comunali in Trentino, dove hanno avviato la sperimentazione, ma con qualche problema nel reclutamento di infermieri in grado di eseguire i test.
«Non ce ne sono abbastanza, abbiamo chiesto al ministero una deroga - spiega il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti - con un corso di formazione per il personale fatto dall'azienda sanitaria». Una questione che verosimilmente si porrà anche a livello nazionale.
In Piemonte, invece, il tampone si può prenotare dal farmacista, che poi invia a casa del paziente un infermiere. Il servizio costa poco più di 40 euro: «In un giorno io ho ricevuto 15 prenotazioni tra tamponi e test sierologici», racconta Marco Cossolo, che ha una farmacia a Carignano, Torino, ed è presidente di Federfarma, federazione che riunisce oltre 18mila farmacisti. «Chi, come noi, ha già una cabina diagnostica, per misurare la pressione o fare analisi potrà attrezzarsi per fare i tamponi in sede, garantendo ingressi e percorsi separati».
Ma chi non ha spazi interni adeguati sarà tagliato fuori? «Si useranno gazebo da montare all'esterno, con personale dedicato, come fanno già alcuni laboratori privati», suggerisce Cossolo, che ribadisce la richiesta al ministero di definire in fretta un protocollo attuativo. E anche l'entità del corrispettivo economico da riconoscere alle farmacie: «Quando i termini saranno più chiari credo che almeno la metà delle nostre farmacie aderirà al piano».
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