DAGOREPORT
Da alcuni brani celebri di Lucio Dalla, come ad esempio ‘'4 marzo 1943'', emerge un marcato tratto autobiografico. Nella canzone, il cui testo venne scritto alle Isole Tremiti dal cantante e da Paola Pallottino, si canta di una ragazza di sedici anni che rimane incinta di un soldato alleato, che in seguito muore in guerra; un padre biologico, come si evince dalle parole autobiografiche: "Dice che era un bell'uomo e veniva veniva dal mare parlava un'altra lingua però sapeva amare".
Il vero titolo di ‘'4 marzo 1943'', si sa, era "Gesù bambino", ma venne cambiato per consentire la partecipazione di Lucio Dalla al pio Festival di Sanremo del 1971. Dalla cantò il brano con l'Equipe 84 e tagliò il traguardo finale del terzo posto. Oltre al titolo, la canzone subì altre censure relativamente ad alcuni versi ritenuti inadeguati.
RON LUCIO DALLA GIANNI MORANDINello stesso testo, il figlio della sedicenne spiega che la mamma voleva dargli il nome di "nostro Signore"; per questo anche in età adulta veniva chiamato dalla gente del porto Gesù bambino. Lucio Dalla spesso nelle sue canzoni aveva parlato del mare. Infatti il suo legame viscerale con le Isole Tremiti, dove ha una villa bellissima e un sala di registrazione, è notorio.
Bene, a questo punto vale la pena rivelare le voci che, dal giorno dell'improvvisa scomparsa, si rincorrono in terra di puglia, isole Tremiti, sulla vera identità del padre di Lucio Dalla. Costui, secondo altri eredi del cantante bolognese - al momento ignoti - dovrebbe essere un sacerdote "giornalista e poeta".
Da qui l'amore del cantautore per il mare e per le splendide Diomedee, isole vicine a Manfredonia, città pugliese in provincia di Foggia, dove nacque Jole Melotti, madre di Lucio Dalla. Il condizionale è d'obbligo, visto che al momento non esiste alcuna prova scientifica di quanto si dice in giro.
2 - «HO SCRITTO 4 MARZO 1943 POI CI DIVISE QUEL BRANO CHE LUI REGALÒ A ROSALINO»
Paolo Di Stefano per il "Corriere della Sera"
Bisogna andare a trovarla nel suo vecchio studio che trabocca di giornali, riviste, fogli, monografie, cataloghi d' arte. Paola Pallottino non sembra aver perso lo spirito di quarant' anni fa, quando scrisse le parole di «4/3/43». Quel che è cambiato è che intanto è diventata un' autorità nella storia dell' arte, insegnante universitaria e massima esperta di illustrazione. Dice subito che domenica, per il funerale del suo amico Lucetto, come lo chiama, non ci sarà, perché nessuno sembra essersi ricordato di lei per un posto prenotato in Duomo: «Troppe autorità importanti da sistemare...».
Non si capisce se è offesa davvero o se le scappa da ridere. Eppure Dalla le deve la metà di un capolavoro e l' inizio della sua fama: il testo cioè di quella che in origine si chiamava «Gesubambino». «Dice ch' era un bell' uomo...». Si deve partire da lontano. Nel ' 62, Paola Pallottino, figlia dell' etruscologo Massimo, è poco più che ventenne sposata con l' urbanista Stefano Pompei, che ha un incarico di lavoro in Tunisia: «Essendo tanto ignorantella, pensavo di andare in mezzo ai leoni, invece mi ritrovo in una provinciaccia francese, dove mi dedico ad approfondire i miei eroi Jacques Brel e Georges Brassens. Ascoltando poi "Carlo Martello" di De André mi sono detta: oh cavolo, si può fare anche qualcosa che non sia "Papaveri e papere" e mi sono messa a scrivere.
LUCIO DALLA PAVAROTTI VALENTINO ROSSIAl ritorno in Italia, degli amici mi dicono: perché non ti rivolgi a Lucio Dalla?». Cominciarono a collaborare e vengono fuori: «Orfeo bianco», «Il bambino di fumo», «Un uomo come me», «Anna bell' Anna», la semisconosciuta «Convento di pianura». «Gesubambino» nasce da una solidarietà: «Io avevo un padre famoso e lui invece poverino era un orfanello di papà: mi sembrava ingiusto e mi misi a scrivere un testo sull' assenza del padre, poi però scrivi scrivi è venuta fuori una canzone sulla madre. Tutto qua».
Come andò il lavoro a quattro mani?
«Solo dopo ho scoperto che il paroliere di solito si siede accanto al musicista e lavora su una musica già pronta, mettendo e togliendo sillabe per far quadrare il testo. Lucio invece ha sempre scritto la musica sui miei brani. Ed è stato un genio, perché io sono una maniaca della metrica e lui l' ha rispettata. Il secondo colpo di genio sono stati i violini, che rendevano ancora più commovente la ballata».
Che tipo era allora Dalla?
«Sa, Lucietto aveva un tratto stregonesco, ti guardava, trovava subito il tuo lato debole e se voleva, perfido come poteva essere, affondava il coltello. Era un carattere difficile, con la madre che si ritrovava, una balena bianca...».
Poi «Gesubambino» cambiò titolo per il Festival del ' 71
«La Rai minacciava di far saltare tutto. Ci furono telefonate convulse, all' Ariston erano nel panico. Senza pensarci tanto Lucio decise di mettere la sua data di nascita, anche se l' unica cosa autobiografica era la morte del padre».
Cambiò anche qualche verso: «i ladri e le puttane» in «la gente del porto», e «giocava alla Madonna» divenne «giocava a far la donna». La canzone purgata arrivò terza ma vinse il premio del miglior testo con una giuria presieduta da Mario Soldati. La crisi con Dalla venne subito dopo: «Pensai che dopo un successo al Festival un cantante spesso sparisce. E allora gli cucii addosso un nuovo testo, "Il gigante e la bambina".
Quando lo regalò a Rosalino feci urli e strepiti, litigammo selvaggiamente». Fine della collaborazione, non dell' amicizia: «Ma no, con Lucietto siamo sempre rimasti amici... Era straordinario, la duttilità, l' avidità di conoscere, la curiosità quasi infantile... Ora è diventato per Bologna una specie di papa Wojtyla».
LUCIO DALLA CON GABRIELLA FERRI3 - CENSURA A "4 MARZO ‘43"
Da http://www.musicaememoria.com/la_rai_e_le_canzoni.htm#4 marzo 1943
La canzone che ha segnato una svolta nella carriera di Lucio Dalla, e la sua ripartenza, è un altro notissimo esempio di pezzo che ha avuto guai con la censura. Questa volta era censura preventiva, perché il brano era iscritto al Festival di Sanremo del 1971.
Era una composizione importante per Lucio Dalla, che l'aveva scritta in collaborazione con Paola Pallottino (una giovane pubblicitaria, poi professoressa di filosofia), che passava così ad una nuova fase della sua carriera, dopo gli inizi come clarinettista jazz, quasi amatoriale, e poi l'ingresso nel mondo della spettacolo come cantante fuori dagli schemi, se non "buffo", con i pezzi come Paff Bum (peraltro presentato al Festival di Sanremo del 1966 assieme agli Yardbirds di Clapton e Jeff Beck), con le comparsate nei film "musicarelli" dell'epoca (come Little Rita nel Far West, con Rita Pavone), con una immagine di simpatico e bizzarro "orsetto" della canzone italiana (ma anche la presenza occasionale in qualche film epocale, come "Sovversivi" dei fratelli Taviani, dove interpretava un estremista di sinistra ante litteram, l'azione del film, del 1967, era ambientata infatti nel 1964).
LUCIO DALLA ALLO STADIO PER IL BOLOGNAIl 4 marzo 1943 era proprio la vera data di nascita di Lucio Dalla, ma la canzone non era autobiografica, raccontava invece con grande poesia uno squarcio di storia italiana.
Solo che il testo originale nell'epilogo della storia diceva: "e anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino" una breve trattativa e il verso divenne: "e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino".
Qualcuno notò che la gente del porto non era necessariamente brutta gente, e un prete scrisse a un giornale per notare che anche lui giocava a carte e beveva vino, e non gli risultava di fare peccato, ma la canzone solo così poté andare a Sanremo, classificarsi al 3° posto e raccogliere il successo che sappiamo, non solo italiano, ma internazionale (in particolare in Brasile, dove ne fecero versioni Chico Buarque de Hollanda e Maria Bethania, con il titolo di Minha Història).