L. De Cic. per "il Messaggero"
raggi lombardi
Nessuna delle due si candiderà. Ma entrambe si stanno muovendo a fari spenti. Perché la leadership del M5S romano è una poltrona chiave. Per governare le truppe dei militanti stellati, ma anche, soprattutto, per gestire la partita delle elezioni regionali, in calendario tra poco più di un anno. Sul voto il Movimento laziale è spaccato in due: da una parte Virginia Raggi, che respinge l'abbraccio col Pd a livello nazionale, in chiave anti-Conte, e quindi figuriamoci se potrebbe tollerare un accordo nella sua regione; dall'altra l'arci-nemica Roberta Lombardi, che invece è la madrina del patto rosso-giallo alla Pisana, siglato a marzo con Zingaretti, e che si è accomodata nella giunta dem con i galloni di assessora alla Transizione ecologica.
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IL REBUS
Lo scontro cova sottotraccia da settimane. Raggi e Lombardi hanno un profilo nazionale, non si esporranno mai direttamente, ma sanno che avere una persona fidata al comando del M5S di Roma è cruciale. Il pallino è nelle mani di Conte. Dopo avere strutturato i vertici nazionali del Movimento, distribuendo incarichi tra vicepresidenze e comitati (Lombardi guida quello degli enti locali), l'ex premier deve designare i responsabili delle province. Una novità assoluta per il non-partito.
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Di fatto, saranno i segretari locali. Si chiameranno «delegati» o «coordinatori». Per Roma il nome non c'è. Fino alla settimana scorsa sembrava in pole il deputato Francesco Silvestri, vicino a Raggi ma in buoni rapporti con Lombardi. Avrebbe potuto mettere d'accordo le truppe di entrambi i fronti. Ma è appena stato nominato da Conte nel comitato per i rapporti territoriali del Movimento e avrà probabilmente la delega sul Centro Italia.
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Da grillino della prima ora, non vuole doppi incarichi. Quindi il nodo non è sciolto. Tra i 5 Stelle romani, c'è chi avanza il nome del consigliere Paolo Ferrara, raggiano ma ex lombardiano. Oppure Giuliano Pacetti, capogruppo M5S nell'era Raggi, che ha mancato la rielezione. I suoi rapporti con la sindaca però si sono molto raffreddati, dopo una litigata sulla ricandidatura di Virginia che gli uscieri del Comune ancora ricordano. Il nome, alla fine, lo farà Conte.
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