Leonardo Pini per www.lastampa.it
robert sarver
Se c’è una cosa su cui l’Nba ha dimostrato di non transigere negli ultimi anni sono i comportamenti di ogni impiegato dell’organizzazione, proprietari inclusi. Le sanzioni contro chi viola i protocolli di condotta sono molto severe, questo perché gli standard di comportamento verso i dipendenti e i personaggi pubblici sono elevati. Nella giornata del 13 settembre l’Nba ha preso la sua decisione contro Robert Sarver, proprietario dei Phoenix Suns e delle Phoenix Mercury, squadra di Wnba (Women’s National Basketball Association).
robert sarver
È dal novembre 2021 che l’indagine interna al mondo della pallacanestro americana va avanti, dopo che il sito Espn, aveva pubblicato gli insights relativi al comportamento del magnate del settore immobiliare sul posto di lavoro. L’indagine si è concentrata su tutti i diciotto anni del regno di Sarver ai Suns, ascoltando 320 ex ed attuali dipendenti e aver letto 80.000 pagine di documenti tra messaggi, e-mail e video. Il responso è stato: 1 anno di squalifica e una multa da 10 milioni di dollari.
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«Perchè Draymond Green (giocatore dei Golden State Warriors n.d.r) può dire la parola negro e io no?» chiese nel 2016 Sarver a un suo impiegato afroamericano, Earl Watson. «Perchè è scorretto» rispose Watson. «E perchè? Negro, negro, negro, negro» fu la chiusa di Sarver. Queste sono solo alcune delle cose riportate da Espn nel suo articolo che ha dato il via allo scandalo. Non solo però. All’interno del dossier contro di lui è stato accusato anche di aver avuto comportamenti inequivocabili, con chiari riferimenti sessuali, nei confronti delle donne che lavorano per i Suns.
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Gesti che seguivano le parole che quotidianamente Sarver rivolgeva alle sue impiegate: dal giudizio sull’aspetto fisico, a battute molto esplicite fino ad arrivare a criticare l’orientamento sessuale di qualche sua sottoposta. Nell’indagine condotta dalla Nba viene sottolineato anche che il proprietario di Phoenix non curasse da anni l’ufficio risorse umane, centrale in qualsiasi posto di lavoro statunitense. Chi veniva messo a disagio dal proprietario o da un collega non godeva del supporto necessario per continuare a lavorare in serenità.
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Inizialmente il plenipotenziario dei Suns aveva negato il rapporto di Espn, salvo poi collaborare pienamente con gli investigatori. Compresa nella sua condanna ci sono anche l’inibizione dal palazzetto sportivo e dai centri di allenamento, così come l’obbligo di frequentazione di un corso su come ci si comporta correttamente in ufficio.
Dopo l’esito delle indagini ha parlato anche il commissioner della Nba, Adam Silver: «Le frasi e i comportamenti descritti nell’indagine indipendente condotta dalla lega sono preoccupanti e rappresentano una delusione. Crediamo che sia il risultato giusto, considerando tutto quello che è venuto fuori dall’investigazione che ha tenuto conto di tutti i 18 anni in cui Sarver è stato proprietario e considerando lo standard che l’Nba desidera mantenere sul posto di lavoro». Nel suo discorso il presidente della Nba si è scusato anche con tutte le persone colpite da quei comportamenti.
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A novembre, dopo che la notizia divenne di pubblico dominio, il capitano dei Phoenix Suns, Chris Paul, decise di non commentare. Chris Paul che è stato nel corso della sua decennale carriera Nba testimone del primo caso di proprietario squalificato, quella volta a vita, dalla lega. Chris Paul era un giocatore dei Los Angeles Clippers quando nel 2014 Donald Sterling venne accusato di razzismo. Lo scandalo nacque dopo che in un audio, rilasciato da TMZ, Sterling riprendeva la sua amante per essersi scattata una foto con il leggendario playmaker Magic Johnson.
«Mi da molto fastidio che tu voglia fare la telecronista e che tu ti voglia associare a persone di colore. Puoi dormire insieme a loro, portarli a casa quando non ci sono, il poco che ti chiedo e di non portarli alle partite della mia squadra». Tutto questo in una comunità sportiva dove gli afroamericani sono una percentuale predominante. La reazione della comunità cestistica americana fu perentoria.
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I giocatori decisero di non indossare nulla che accostasse i giocatori alla società, mentre Sterling venne squalificato a vita e costretto a vendere la squadra poco tempo dopo a Steve Ballmer, attuale proprietario e ex Ceo di Microsoft. Anche quando a Sterling venne data l’occasione di scusarsi, la sua decisione fu quella di criticare il personaggio Magic Johnson e la sua lunga battaglia contro l’HIV.