paolo genovese set di perfetti sconosciuti perfetti sconosciuti giuseppe battiston alba rohrwacher perfetti sconosciuti' intervista a paolo genovese, marco giallini e kasia smitniak t
«Ero ancora nel frullatore di emozioni dei David vinti quando mi chiamano dall' America: vieni che ti premiano. Mi piazzano sull' aereo per New York ed eccomi a stringere la mano a Robert De Niro sorridente: "Congratulations"».
Paolo Genovese racconta del premio ricevuto al Tribeca Festival per la sceneggiatura di Perfetti sconosciuti. Prodotto Medusa e Lotus, il film (tornato in sala il 21) viaggia oltre i 16 milioni di incassi e se ne progetta il remake in Francia, Spagna e Stati Uniti.
Cosa ha conquistato gli Usa di "Perfetti sconosciuti"?
«L'essenza del film è trasversale. Quasi ogni abitante del pianeta ha un segreto e un telefonino. In sala qui a New York le risate e le emozioni del pubblico erano le stesse che in Italia».
Un commento su tutti?
«Un americano mi ha detto: è la prima volta che vengo al Tribeca. Pensavo a film noiosi e intellettuali, lei mi ha fatto pensare e divertire».
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Ai David lei ha detto: "Non sono abituato ai premi, faccio commedie".
«Il film in America è indicato come "dramedy". È il termine che più si avvicina alla nostra commedia all' italiana, in cui dramma e risate erano insieme».
La prima idea di questo film?
«Volevo raccontare le vite segrete degli italiani. Il punto di vista l' ho trovato un anno dopo in questo oggetto che rivela l' animo umano, il cellulare».
Quali segreti sono rimasti fuori dal film?
«Segreti economici, di salute. In alternativa all' omosessualità avevamo pensato alla differenza di idee politiche, al razzismo. Che succede quando il diverso entra nella tua vita? Scopri che un tuo amico è iscritto al partito neonazista, o ha cambiato religione? Dentro uno smartphone ci sono infinite possibilità».
Nel film ci sono i suoi segreti?
«Diciamo che ci sono le esperienze, dirette e non, di noi quattro sceneggiatori. La storia che mi ha fatto scattare il clic è stata quella di un mio amico avvocato che ha avuto un incidente col motorino. La moglie ha raccolto il cellulare per terra e mentre andavano in ospedale si sono lasciati.
Una coppia che ci sembrava perfetta nascondeva un mondo: non solo tradimenti, c' erano pure quelli, ma tante altre cose».
Mai avuto tentazione di controllare il telefonino di chi le sta vicino?
«No, per rispetto della privacy ma anche per un inconscio timore. De Sica diceva che i cinema sono pieni e le chiese vuote perché la gente si confessa al cinema. Perfetti sconosciuti è un film da analisi, quasi liberatorio. Tutti, qualche segreto, lo abbiamo».
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È un film cinico.
«Sì. Alla mia generazione viene rimproverato di esserlo meno delle generazioni precedenti. Immaturi, ad esempio, non lo era. Il punto di vista cambia sempre».
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Ha detto che ai David avrebbe voluto più premi per "Non essere cattivo".
«Sì. Non un premio alla memoria, ma perché il film lo meritava. E mi dispiace che per l' emozione non ho ricordato sul palco Claudio Caligari. Era l' ultima occasione per celebrare un autore e la sua poetica. Soprattutto per noi romani è stato un maestro. Se chiamano maestro me rido, per lui era un termine appropriato».
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Sul palco dei David ha ricordato Giulio Regeni.
«È giusto usare la vetrina del cinema per temi importanti. Purtroppo l' adesivo giallo che indossavamo in tv non si vedeva. Temendo che passasse inosservato ho voluto dare voce a questo slogan: verità per Giulio Regeni, che significa anche verità per la democrazia, per tutti noi».