Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport
silvio baldini
L’avevano dato per disperso. “Silvio Baldini? Mai più visto”. Avvistato qua e là tra osterie locali e incursioni solitarie all’alba per i sentieri delle sue Apuane. Gli stessi dove Michelangelo, altro furioso notevole, si arrampicava a scegliere e fare all’amore con il marmo giusto per le sue statue. Terra di smodati e di anarchici la sua, tra Massa e Carrara: nell’area antistante il cimitero, il monumento a Gaetano Bresci, l’anarchico che s’era messo in testa di uccidere a pistolettate re Umberto I. E lo uccise davvero.
L’avevano dato per impazzito. “Silvio Baldini? Fa discorsi strani”. Sentiva le voci di dentro. Solo che, a differenza di Eduardo, lui non aveva spettatori, non aveva un palcoscenico. Doveva cercare altrove la sua catarsi. Labile il confine tra un teatro e un manicomio, quando senti le voci e nessuno ti applaude. Non si limitava a sentirle, Silvio, obbediva ciecamente. Una di queste voci gli disse un giorno che per lavarsi l’anima doveva ricominciare una nuova vita. “Ho accettato di allenare la Carrarese in serie C a una sola condizione. Ho preteso di non essere pagato. Zero. Neanche un rimborso spese. Sapevo che dovevo espiare…”.
SILVIO BALDINI 44
Silvio Baldini diventa un mister nell’ambiente: perché un grande allenatore, riconosciuto come tale dai colleghi più celebri (l’amico Conte, Lippi, Spalletti e Mancini. Lele Adani, suo ex calciatore al Brescia, ne parla come un messia) sceglie prima di sparire e poi, quando torna, lo fa per allenare gratis una squadra di serie C? Uscito di senno? Uscito da tutto?
“Sono sparito da un mondo di falsi e ipocriti in cui non mi riconoscevo più. Il calcio era solo stress che mi mangiava. Non riuscivo più a controllarlo. Cosa ho fatto in quei sei anni? Niente. Salivo per le montagne con il mio bastone, i miei cani. D’inverno me ne andavo a cacciare pernici con i pastori siciliani. Una grande amarezza dentro, ma anche una strana serenità. Sei anni di vuoto, così sembravano, e invece sono stati gli anni della mia rinascita. Poi, ho ripreso ad allenare…”.
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LA MONTAGNA: Lui lo chiama “il mio nuovo inizio”. Come tutti i pazzi naif, Silvio si lascia martellare il cuore da passioni primordiali. Sanguina a tempo pieno. Baldini è nudo anche quando si veste per la montagna. Soprattutto, quando si veste per la montagna. Tutto lo confessa. Il corpo inquieto, gli occhi forastici ma capaci di lacrime e dolcezze inaudite. Gli improvvisi silenzi. “Ho un bisogno disperato di emozioni. A un certo punto della mia vita volevo tornare a sognare…”. Il suo furibondo cranio non la smette di agitarsi, di mescolare tutto ma, alla fine, la sintesi fredda e lucida è sempre la stessa: testimoniare se stesso, la sua carne viva in un mondo sempre più fasullo che confonde i battiti del polso con quelli del Rolex.
SILVIO BALDINI
Lo incontro la prima volta tre anni fa. Un sequestro di persona più che un incontro. “Sei venuto qui per raccontarmi? Vuoi conoscermi davvero, capire dove nasce la mia ispirazione? Devi venire sulla montagna con me”. Ci carica sul suo pick up, me e Lele Adani, e si va su a picco, quasi a mille metri, tra boschi di castagni e di abeti, dirupi e strapiombi, sentieri di roccia, che nemmeno i muli. E quando penso, spaventato: qui il folle si deve fermare per forza, oltre non può andare, lui va. Si chiama Monte Pasquilio. Ci venivano a piedi Ungaretti e Montale a cercare silenzio e ispirazione.
silvio baldini
“Qua ci vengo all’alba con i cani. Non si può cacciare, ma a me non me frega niente di sparare. I cani hanno le emozioni e io le ascolto. Non ho bisogno di altro, di nessuno… Lo vedi quel vecchio lassù, solo soletto? Di sicuro stava parlando con la morte e noi lo abbiamo infastidito.
Sai qual è il mio vero rammarico? Mia moglie Paola. Mi ha dato la sua vita. Come hai fatto a innamorarti di uno come me che ogni tanto sparisce, le chiedo. “Mi sono innamorata dei tuoi difetti”, mi fa lei. Questo è un peso troppo grande per me…”, ci disse portandoci alla fontana dove suo padre Valentino e i cavatori di marmo mettevano la testa sotto l’acqua gelida per smaltire le sbornie. “Vengo qui da solo…Di notte, è ancora più bello.”.
silvio baldini
Si commuove facile Silvio, anima lirica e barbarica. Un cuore enorme in petto e un punteruolo acuminato in tasca. “Lo porto sempre con me per eventuali cattivi incontri…”, Che la vita, nel delicato e feroce mondo di Silvio, è la stessa di quando era bambino, una foresta di emozioni forti, di fate e di lupi. Foresta era anche il nome del suo calciatore prediletto alla Carrarese. Quello che sarebbe andato alla guerra per lui.
IL CALCIO IN CULO. L’immagine che lo consegna per sempre al catalogo dei fuori di testa. Parma-Catania del 2007. Molla in mondovisione un calcio in culo al collega Di Carlo (“Mi aveva offeso con parole e gesti sprezzanti…”). Silvio Baldini è raccontato dai giornali radical chic come qualcosa tra un irascibile villano un disturbato mentale. “Non si era mai vista una cosa simile, neppure nei campetti del terzo mondo…”.
silvio baldini
Nell’atto di stendere il loro edificante lenzuolino le belle animucce non si preoccupano di esagerare. Ancora più riprovevole, il villanzone, “perché allena la squadra di una città, il Catania, dove hanno da poco ammazzato un poliziotto allo stadio…”. Tante cose di Silvio Baldini non si erano e non si saranno mai viste prima e dopo, incluso il fatto che andrà ad allenare gratis per quasi tre anni in serie C. Quando, per gli stessi scolaretti dell’eticamente corretto il mascalzone diventa un eroe.
Quel calcio in culo, in realtà. Lo ha dato a se stesso. Un calcio di non ritorno. Definitivo, o quasi. Il suo Catania andava a gonfie vele, conquista una semifinale di coppa Italia, l’unica della sua storia, ma Silvio ha il destino segnato. Agli occhi del mondo, ma soprattutto ai suoi. Quella pedata è un sintomo, racconta un malessere. Che arriva da lontano.
silvio baldini
PALERMO, 18 ANNI PRIMA. Doveva espiare. Ma espiare che cosa? Il calcio in culo a un collega? “No, quello fu in realtà un incidente emotivo che significò molto non per me ma per la gente che mi giudicava. Dovevo, invece, espiare la scelta di Palermo”. Quattro anni prima della pedata in mondovisione. “A Empoli stavo bene. Mi volevano fare un contratto di 100 milioni per 5 anni. Mi cercavano anche Fiorentina e Napoli. Arriva Zamparini e mi offre un triennale a 2 miliardi l’anno per allenare il Palermo in serie B. Penso ai tre figli, mia moglie spinge, e accetto. Un madornale errore.
silvio baldini
La scelta dei soldi. Tradisco me stesso. Finisce tutto. Zamparini, ricco a palate, si sente onnipotente, metteva bocca sulla formazione. Voleva suggerirmi chi doveva giocare. Dopo una sconfitta, a caldo, mi provoca e io lo insulto di brutto. “Il presidente non mi deve rompere il cazzo, il campionato lo vinciamo e basta!…”. Mi esonera. Eravamo terzi, ma la mia storia di allenatore finisce lì. Zamparini mi ha fatto molto soffrire. Non sono uno nato per arricchirmi, non sono nato per subire persone arroganti… Ho capito che dovevo mettermi da parte.
silvio baldini scatenato dopo il pareggio con la triestina
Come campavo? Me la cavavo con i risparmi e i 2.400 euro di pensione. I soldi sono il diavolo. Avevo ceduto l’anima. Anche scopare se è per questo mi piace, ma non ho mai tradito mia moglie”. Questa me la dice due giorni fa, diciotto anni dopo, mentre sta a pranzo nella terrazza di un ristorante a Mondello con l’adorata Paola, quasi 40 anni insieme, a respirare la brezza marina.
silvio baldini
PALERMO, 18 ANNI DOPO. Il Palermo a dicembre è quinto nel girone C di serie C. “Mi chiama Renzo Castagnini, il direttore sportivo: Abbiamo fatto una figura meschina nell’ultima partita, cambiamo allenatore, ti va di fare una chiacchiera? Il 24 dicembre, la vigilia di Natale, firmo per il Palermo. Rinnovo automatico di un anno in caso di promozione. Firmavo e non ci credevo. Negli anni in cui non allenavo e passavo l’inverno in Sicilia mi fermavo spesso al santuario di Santa Rosalia. Sentivo una voce che mi parlava: Tornerai a Palermo…”. Suggestioni, fantasie, allucinazioni, mi dicevo.
silvio baldini
Con il senno di poi, mi dico oggi che quella scelta estrema di non allenare fu un’illuminazione non un black out. Ho aspettato tanto per riavere indietro quello che mi hanno tolto. 18 anni non sono stati più un calvario, ma una goduria. Nel momento in cui pensi che tutto sia finito, tutto si riaccende e riparte. Bellissimo!…. La predizione di Santa Rosalia si è avverata e ora sono curioso di vedere come andrà a finire. Il destino ti porta, ti mette li , ma poi devi essere tu a vincere le battaglie…”.
Intanto si prende la serie B, poi si vedrà. “Come mi sono presentato ai ragazzi? Mi lascio guidare solo dal mio istinto. Ho chiesto solo emozioni da loro. “Dobbiamo cercare noi stessi”, gli ho detto il primo giorno. “Se cerchiamo noi stessi. i risultati arriveranno di conseguenza”. Empatico, ma radicale. Era una squadra, ma non era un gruppo. “Da oggi io sono il vostro unico riferimento, da oggi dentro qua conta solo una voce, la mia. Se il presidente vuole parlare deve alzare la mano e chiedere il permesso”.
L’OSTERIA.
silvio baldini
Non lo riconosco lì per lì, fuori dalla stazione di Massa in un mezzogiorno molto più che fuoco. Nel deserto, vedo una macchia rossa, corpulenta. Potrebbe essere un bounty killer, Riconosco appena gli occhi forastici sotto una testa strana, uno scalpo innaturale con una tintura troppo compatta per essere vera. Devo averlo vista sulla testa di Cipollino Boldi in qualche suo film. Lo abbraccio, con il timore d’abbracciare la persona sbagliata.
Accenno a un treno faticoso, il ritardo…. Lui m’interrompe spiccio. “Il disagio è una bella cosa, aiuta… Viaggio triboloso, viaggio godurioso dicono dalle mie parti“. Ora lo riconosco. Silvio Baldini, è lui. La testa è diversa fuori, ma uguale dentro. “Il mio amico barbiere mi ha fatto il cachet dopo la promozione in B. Mi voleva fare le meches bionde, ma mi sono rifiutato”.
silvio baldini
Questa volta è l’osteria. Da Giuston e Puppinora, la sua osteria dalle parti di Massa. Non è un’osteria, ma l’estensione della sua anima. La montagna non bastava. “Non puoi sapere chi è davvero Silvio Baldini se non passi due ore con me dalla Puppinora”. Vino dei loro vigneti, un bianco Candia del Colli Apuani, ravioli da sballo, baccalà marinato, due acciughine fritte con pomodoro e cipolla.
Al nostro tavolo, Mauro, suo fido scudiero da sei anni (“ho lavorato con Lippi, Mazzone, Ranieri, Giacomini. Ventura, Maifredi, GB Fabbri, ma quello che mi ha insegnato Silvio non me l’ha insegnato nessuno”) e l’amico Nicolo Colonnata, maestro di arti marziali e collaboratore. “Mental coach” dei giocatori si definisce, di fatto ne sparecchia e apparecchia le menti per accogliere senza troppi danni gli eclatanti show del guru.
silvio baldini
Questa storia della follia di Baldini. Rischia di diventare un cliché mondano di giornali pigri. “Follia? Mi accorgo quando le persone mi vogliono palleggiare. Tu non sei venuto qui per palleggiarmi. Tu sei qui per raccontarmi. E non m’importa come mi racconti, m’importa che sei qui per questo.
Mi accorgo quando vogliono mettere in gioco questa follia per togliermi tutti i meriti di allenatore. E allora faccio il volgare, parlo male, dico parolacce. Così, lo so, faccio soffrire mia moglie, la mia famiglia, ma non ci posso fare nulla.
Ci sono delle persone che mi stanno sui coglioni e vengono anche in questa osteria. Se so che ci sono, io non vengo. Invidiosi, meschini. Sono conigli. Non ti dicono niente davanti. Se potessero, mi farebbero del male. Nel calcio è così, ti fanno passare per folle, non scrivono che da gennaio il Palermo ha fatto più gol di tutti, tra serie A, B e C, che ha segnato 24 volte su 25. Sono in malafede o incompetenti.
silvio baldini
Non scrivono che delle ultime 12 partite ne abbiamo vinte 10 e pareggiate 2. Che ne abbiamo vinte 7 fuori casa di seguito. Io ero sicuro già prima dei playoff che saremmo saliti. Qualcosa era esploso nella mente dei miei. Insieme alla condizione fisica straordinaria. A un certo punto ci hanno messo la fede. Penso a uno come Luperini. Doveva andar via da Palermo. Uno che muore ma non si ferma. Insieme a Kanté è stato il giocatore che ha recuperato più palloni nel calcio professionistico…”.
La sua vanità confessa?
I barboncini da salotto televisivo che se lo mettono come distintivo nell’asola del gilet hanno grotteschi soprassalti quando il barbaro, lo stesso che aveva preso a calci in culo un collega, se ne esce con lo scellerato esempio: “…. Qua a Palermo non è come a Milano, se hai moglie e figli e vuoi scoparti una ragazzina fanno bene a tagliarti i coglioni…”.
SILVIO BALDINI 1
Lo dice davvero. Giuro. Ci sono le prove. Ma si può? Lui può. Enorme? Sì. Riprovevole? Di più. Ovvio. Ma Silvio Baldini è sempre lui, inutile girarci intorno, sempre lì a dichiararsi con brutale e leale onestà. Io sono questo, tu chi sei? È lo stesso che come immagine di whatsapp alterna un coltello alla scritta “La famiglia è sacra”. “L’arma? Il coltello siciliano con cui scuoiamo i cinghiali”. Barbaro, atavico, crudele? Tutto questo. Ma è uno che non si nasconde. Mai. E ha pagato per questo. E pagherà.
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Non è mai facile stargli dietro. La sua urgenza di verità. Quando ti racconta della figlia Valentina, disabile totale, o del padre Valentino che ha lavorato una vita nelle cave di marmo (“Era anche il mio destino”) e da bambino accompagnava un cieco nei boschi durante la guerra e il cieco lo portava nei laghi gelati per sfuggire ai tedeschi , “…e il mio babbo si addormentava con i piedi ghiacciati pensando alla mamma che non aveva più”. O quando sfonda uno spogliatoio alla lettera per un pareggio che puzza di sconfitta (una trasferta del Palermo a Potenza).
LA VALENTINA
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Sua figlia. “Il mio angelo… io se penso a Valentina non posso mai perdere. Come faccio a perdere? Sono imbattibile. Gli mangio il cuore al nemico. Più il mondo che ha intorno è vacuo più lui testimonia la sua identità estrema. Ha portato le foto di Valentina ai giocatori quando erano in difficoltà. A Carrara l’aveva portata di persona. “Doveva campare 6 mesi Valentina, oggi ha 35 anni. Disabile al cento per cento. Non parla. Non può stare in piedi. E sai una cosa? Io l’ho sentito che sarebbe nata così. Ho sempre saputo cos’è il male….”.
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Racconta la storia di Rosy, la sua fidanzata brasiliana di quarant’anni prima. “L’avevo conosciuta in un night. Rimane incinta. Dovevo sposarla. Tutto già combinato. Tre giorni prima sento una voce dentro che mi dice: non farlo. Stavo in bisca. Alle tre di notte arriva un amico con mia mamma: la Rosy è all’ospedale s’è tagliata le vene. Rosy abortisce a Napoli e torna in Brasile. Sparisce. Conosco Paola, dieci mesi dopo decido di sposarla. Alla vigilia del matrimonio, mi chiama Rosy. “Spero che tu possa soffrire quello che ho sofferto io”, mi maledice. Mia moglie rimane incinta. Le ecografie sono tutte regolari, ma io le dico. “C’è qualcosa che non va per il verso giusto…me lo sento”.
Nel mondo di Silvio Baldini se c’è la colpa ci sarà anche il castigo. Non si scappa. “È la legge del contrappasso, me lo diceva sempre mia nonna”. Nel bene e nel male. La storia del Palermo conferma. “Io so che la mia coscienza deve sempre rendere conto degli atti che compio”.
PITAGORA.
silvio baldini
Silvio Baldini ha una passione vera per Pitagora. “Mi ispira. Mi ha insegnato che la matematica non è una scienza astratta. Come puoi esercitare il controllo dello spazio nel tempo. Il campo di calcio è un disegno geometrico, la palla è un punto che tocca la superficie. Come fai a contenere la palla? Non puoi fare cerchi o quadrati interi, devi fare dei mezzo quadrati, cioè un raddoppio”. I numeri. “Fondamentali, ma non sono nulla se non sono combinati alle emozioni. Lunedì avrò il mio primo incontro con gli sceicchi del Manchester City che hanno comprato il Palermo. Che dici, mi faranno parlare di Pitagora?”.
silvio baldini scatenato dopo il pareggio con la triestina
GLI SCEICCHI.
Preoccupato dall’avvento dei nuovi proprietari? “Per niente, io sono quello che sono, non mi nascondo. Vorrei solo che non mi facciano perdere tempo. Se pensano che io sia la persona giusta e sono pronti a supportarmi, bene, sono sicuro che arriveremo in A, altrimenti ciao, arrivederci”.
L’incontro, lunedì a Palermo, è con Ferran Soriano, l’amministratore delegato del Manchester City. “Un gigante. Sembrava un giocatore di basket. Parla italiano benissimo. Com’è andata? Benissimo. Una persona gradevole. Mi sono sentito libero di raccontarmi per quello che sono. Mi ha fatto i complimenti e mi ha chiesto: “Ma che hai fatto in quei sei anni in cui non hai allenato?”. Gli ho detto la verità, dei pastori siciliani, di Santa Rosalia. Ha capito chi sono, che la mia forza è la mia libertà”.
silvio baldini
Una giornata da luna park per l’uomo finalmente libero di essere folle. Lasciato Soriano sono finito nell’aereo privato di Alberto Galassi, amministratore delegato del gruppo Ferretti, sai, barche di lusso… Un pezzo grosso nel consiglio di amministrazione del Manchester City, direzione Bologna. Una persona deliziosa, molto alla mano. Dopo un minuto in aereo sapeva tutto di me. “Sai, io non ho vergogna, non mi nascondo”, gli ho detto”. Un solo rammarico. Non ha parlato di Pitagora.