Francesco Borgonovo per la Verità
walter siti
Nelle librerie è da poco uscito un piccolo gioiello.
Si intitola Bontà (Einaudi) e lo firma Walter Siti. È un romanzo, ma alla forza della narrazione unisce quella del saggio, perché ci offre un quadro perfetto dei nostri tempi.
Oggi, infatti, della parola bontà si fa largo abuso, soprattutto in politica. Un' appropriazione indebita cui sarebbe ora di porre fine.
Perché ha deciso di scrivere della bontà?
«Perché a 71 anni sono entrato in una fase di bilanci anche riguardo alla mia scrittura, e volevo liquidare un po' di cose che mi hanno accompagnato negli anni. Una delle cose con cui volevo fare i conti era la cattiveria, perché spesso i miei libri sono stati accusati di cattivismo, di cinismo. Così ho deciso di scrivere una riflessione sulla cattiveria, sulle sue origini. E sul tema opposto, cioè la bontà, che è molto misteriosa: ne sento il fascino, ma faccio molta fatica a definirla. C' è una cosa che ho molto a cuore, riguardo a questo libro».
roberto saviano contro matteo salvini 6
Ovvero?
«L' ambiguità. Una delle cose preziose che la letteratura offre è proprio questa. Ho intitolato Bontà un libro sulla cattiveria. L' ambiguità, in letteratura, si ottiene solo tramite la profondità del linguaggio. E, purtroppo, credo che oggi il linguaggio della letteratura italiana sia un po' plastificato, abbia perso spessore. Se perdi l' ambiguità, anche le migliori intenzioni deperiscono».
Lei si sente un cattivo?
walter siti cover
«Come persona no. Come scrittore mi riesce meglio parlare del male che del bene, non so come mai. C' è qualcosa, come una specie di rancore rimasto latente nella mia vita, per cui le figure di quelli che distruggono mi affascinano di più di coloro che costruiscono».
Beh, sembra che sia un atteggiamento diffuso, al giorno d' oggi
«In realtà a me sembra di no.
Mi sembra invece che molti scrittori, di recente, si sforzino di fare una letteratura costruttiva. Io spesso vengo rimproverato perché nei miei romanzi non si vede una luce in fondo al tunnel, mentre in giro c' è molta letteratura impegnata a trovare sempre e comunque un esito positivo».
Ad esempio?
«Tutta la letteratura sui migranti. Anche se le storie possono finire male, c' è sempre l' idea che la vita sia una cosa preziosa, che se uno vuole fortemente una cosa alla fine la ottiene Insomma, c' è un esito positivo anche nelle vicende drammatiche. Un altro esempio sono i libri che parlano della malattia, di questa specie di forza interiore per cui si può vincere sempre Nel discorso mainstream mi sembra che ci sia molto bisogno di un messaggio positivo».
MIMMO LUCANO
Visto che ha citato i migranti, andiamo al sodo. Quando se ne parla, oggi, si tende sempre a fare divisioni fra buoni e cattivi, a dire che l' accoglienza è una questione di bontà
«Faccio una premessa, a scanso di equivoci. Non vorrei che il mio fosse interpretato come un libro contro il buonismo. Io non so che cosa sia il buonismo, e in ogni caso mi sembra sempre meglio del cattivismo. Però non credo che la bontà sia una qualità molto utile in politica. Non credo nella bontà collettiva, di gruppo.
Penso che la bontà si debba conquistare individualmente, volta per volta. La bontà è una spinta molto privata, personale. E non sono sicuro che la bontà sia sempre giusta né che faccia sempre il bene. Trovo che in politica siano più utili la responsabilità, l' equilibro, la giustizia».
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Eppure «bontà» è una parola di cui la politica sta facendo larghissimo uso, negli ultimi tempi.
«E secondo me non è giusto.
A darmi fastidio è l' uso retorico della bontà. Intendiamoci: lo fa molto la sinistra, ma anche a destra ci sono le signore alto borghesi che fanno beneficenza per lavarsi la coscienza... Ogni volta che la bontà viene esibita ho un po' di sospetto. Continuo a pensare che la bontà debba essere brusca, segreta, qualcosa che ti nasce dall' interno e ti mette perfino un po' in difficoltà. Che ti spinge a fare cose che rendono più difficile la vita. Mi infastidisco quando sembra che la bontà sia un discorso facile da fare, quando sembra ovvio che i buoni debbano fare certe cose.
L' uso ideologico e politico della bontà è sterile. Da una parte ci sono quelli che dicono: "Matteo Salvini ci odia allora siamo nel giusto". Dall' altra Salvini che ha gioco facile a scagliarsi contro gli intellettuali perbenisti. Le due accuse si rimpallano e non si va da nessuna parte».
Su Salvini però qualcuno insiste particolarmente, penso a Roberto Saviano, all' appello di Sandro Veronesi agli intellettuali per farli salire sulle navi delle Ong
«Quanto a salire sulla nave, se uno ha il coraggio di farlo tanto di cappello. Io non potrei perché soffro di mal di mare e non sono più giovane. Io non sono d' accordo quando si esagera a presentare il nemico.
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Quando si dice che Salvini è l' anticristo, il ministro della malavita. O che la vicenda di Mimmo Lucano è come l' assassinio di Matteotti. È un tipo di esagerazione che non giova alla causa. Sono cose di cui è talmente facile dimostrare la falsità che mettono chi le dice in una posizione falsa. Per un intellettuale mettersi in una posizione retorica significa mettersi in una posizione falsa, non giova. Così come non giova ai leader politici assumere pose da conducator».
Veniamo all' ambiente editoriale. Vi ha trovato molta cattiveria?
«No. Però credo che la letteratura, se fatta bene, ti costringa a fare un passo indietro, a mettere come una lastra tra te e le cose che descrivi. Ti richiede una lucidità che può passare per cinismo. Un po' di cattiveria, insomma, te la richiede. È un esercizio che ti costringe a essere più cinico rispetto a quando non scrivi».
Per questo l' hanno accusata di cattivismo?
WALTER SITI
«In realtà le accuse di cattivismo sono arrivate per altri motivi. Molti omosessuali mi hanno accusato di essere omofobo, perché in alcuni miei libri ho dato una visione dell' omosessualità molto schiacciata sull' ossessione. Mi dicevano che non tutti gli omosessuali sono così, ed è vero. A me, però, riesce più facile raccontare l' ossessione. Mi è sempre parso che il tema del desiderio che diventa ossessione non fosse soltanto mio, privato. Mi sembrava che tutta la società dei consumi - e del narcisismo - ci portasse in quella direzione».
Beh, nella società del narcisismo ci siamo ancora, anche se siamo usciti dagli anni Ottanta. Che cosa è cambiato da allora secondo lei?
«Che i desideri sono marciti. E i desideri che marciscono producono odio. Oggi in giro ci sono tante persone che, nell' adolescenza, sono state nutrite di desideri facilmente soddisfatti. Sono nate nella cultura del consumismo e del narcisismo, e poi di colpo si sono trovate in un mondo che li privava di beni reali. Si sono trovati in una crisi reale, ma anche dell' immaginario. Hanno cominciato a pensare che il progresso non fosse infinito, si sono trovati davanti a qualcosa che non sapevano come affrontare. Oggi non c' è più il cinismo di chi conquista, ma l' odio e il rancore di chi vorrebbe ma non può».
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